1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Scrivere crea l'emozione della sopravvivenza esistenziale, del ricordo, dell'immaginazione, del costruire, in definitiva del vivere.
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Rispondo con una frase di Giorgio Saviano: "...che sa che uno scrittore inventa anche i fatti che vive".
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Ha significato dare corpo a quella parte della mia personalità che ambiva alla realizzazione onirica del vivere. Scrivere storie e inventare personaggi aiuta a creare forse specie nel genere noir e nella fantascienza (vedi film o libri come Andromeda di Michael Crichton su virus letali le cui trame si intrecciano con la nota e triste vicenda del Covid-19), realtà parallele che affiancano e si intersecano con il comune vivere del nostro quotidiano.
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
Il titolo è stato per lungo tempo "Dalla parte delle vittime" (nel romanzo i protagonisti sono tutti in qualche modo vittima di qualcuno o di qualcosa) e nell'ultimo mese è stato scelto "la prima vittima" perché rendeva meglio il significato intrinseco della storia. Scelta in definitiva non difficile.
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Uno solo? Forse impossibile. Ma credo “Il deserto dei tartari' di Buzzati sarebbe per me quasi obbligato. Ma Philiph Roth o Hemingway come scrittori sarebbero fantastici da avere con sé.
6. Ebook o cartaceo?
Cartaceo tutta la vita. Sentire il profumo della carta o toccare il libro, non c'è storia. In definitiva possederlo. Poi sottolineare a matita un piacere, un must.
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Ho cominciato a scrivere a poco più di venti anni, e non credo mai di aver intrapreso questa carriera. Un sogno direi.
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
L'idea nasceva dal creare un noir nostrano con qualche parte tecnica alla Patricia Cornwell che non appariva nel nostro panorama giallistico. Un aneddoto su tutti è la scena del sogno in ospedale che fa il commissario verso la fine del romanzo. Beh, quella scena l'ho vissuta io nella realtà quasi totalmente così come descritta. E ancora una scommessa con alcuni amici che non credevano che lo completassi.
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Sarebbe ripetitivo e scontato dire - è come partorire un figlio -. Ma in fondo credo sia così. È faticoso e affascinante, ed alla fine stremati ci si sente soddisfatti. Come diceva Lalla Romano: "Scrivere è impegno, fatica, tensione, è un viaggio avanti e indietro nella memoria lungo uno, due, tre o più anni".
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Una mia amica e mio figlio Fabrizio.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Ha la sua utilità per i non vedenti, rifà con fascino il verso ai romanzi radiofonici degli anni passati. Ma ritorno al contatto con la carta ed anche un audiolibro non concilia il sonno come leggere un'ultima pagina.