1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Scrittori non si diventa, scrittori si nasce. Sono nato e cresciuto sui colli bergamaschi a pochi passi dalla romantica Città Alta, all'interno delle Mura Veneziane che abbracciano il centro storico. In un certo senso abitare all'interno delle mura ha influenzato non di poco il mio carattere già abbastanza chiuso per via di una timidezza domata solo in età adulta. I muri proteggono, ma allo stesso tempo nascondono. Io spesso mi sono chiuso in camera mia e mi sono nascosto agli amici. Ora non più fortunatamente.
È stato scrivendo che ho trovato il modo di dire al mondo che esisto anch'io, dietro a queste mura ci sono anch'io, non importa se vi interessa oppure no ma ho l'esigenza di dirvi quello che sento. L'avvento dei social ha contribuito non poco a darmi questa spinta, prima attraverso pseudonimi e poi a chiare lettere, nome e cognome in bella vista, uno schiaffo alla mia timidezza: Enrico Burini scrittore e poeta. Era quello che volevo dire da una vita perché sentivo di essere nato con quell'esigenza.
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Ho sempre scritto di notte o comunque al buio. Inizialmente per non farmi vedere da nessuno per il timore che poi mi chiedessero di poter leggere ciò che scrivevo e poi crescendo per trovare la giusta concentrazione; e poi è di notte che tutti lasciano vagare i pensieri nell'aria e noi sensibili, noi scrittori, siamo lì pronti a catturarli e a metterli nero su bianco. Chi scrive impara a essere un cacciatore di sensazioni.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Non so se Oscar Wilde lo si possa ancora definire contemporaneo ma le sue opere lo saranno per sempre perché capaci di raccontare in modo elegante, ironico e anche pungente un mondo ancora così poco conosciuto alla massa.
Margaret Mazzantini è invece l'autrice che mi ha fatto innamorare della scrittura. “Venuto al mondo”, “Nessuno si salva da solo” ma su tutti “Splendore” e “Non ti muovere” sono dei veri capolavori per chi ama le parole usate sempre con una tale precisione da non trovare un sinonimo in grado di creare la stessa magia. Una capacità descrittiva eccezionale.
Sia Oscar Wilde sia Margaret Mazzantini sono nati a Dublino e prima o poi vorrò visitare questa capitale per respirare un po' di quella stessa aria...
4. Perché è nata la sua opera?
Scrivere mi ha sempre aiutato a superare momenti difficili. Di solito erano sufficienti una poesia, un testo, un piccolo racconto perchè dare un volto a quelle che mia sorella chiama perle forse con troppa generosità. La morte di mia madre è stato il dolore più grande della mia vita. Lei non è stata solo mia madre, lei è stata tutto. La mia migliore amica, la mia vicina di casa, la mia confidente, la mia complice anche in tanti errori in cui siamo caduti e poi rialzati sempre insieme e spesso all'insaputa di tutti. Scoprire la sua malattia, il cancro al seno, è stato devastante per entrambi ma la sua voglia di vivere l'ha portata a combattere con le unghie e con i denti. Io sono sempre stato al suo fianco e nel mio romanzo, “Fai il morto”, c'è una piccola parte di questo ultimo viaggio drammatico che abbiamo fatto ma c'è tutto il grande amore che ho provato per lei.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Come dicevo prima sono cresciuto all'interno delle mura di Città Alta, sui colli bergamaschi, in un piccolo borgo composto da tre case abitate da famiglie benestanti che si potevano permettere delle donne di servizio cosa rara negli anni ‘80. Io sono cresciuto con queste donne molto scaltre, gran lavoratrici, portatrici sane di pettegolezzi e dicerie di ogni genere, donne di una volta, donne solide, donne bergamasche. Sì, il contesto sociale ha influito in modo pazzesco sulla mia formazione letteraria ma anche caratteriale.
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Scrivere è l'esigenza di raccontare la realtà che abbiamo paura anche di sognare. Personalmente amo portare il lettore in un mondo credibilissimo senza fargli mai capire quanto ci sia di vero in ciò che sta leggendo. Mi diverte un mondo scrivere in questo modo...
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Se uno scrittore dovesse scrivere senza mettere sé stesso, risulterebbe poco credibile e il lettore si annoierebbe dopo poche righe... Nel mio romanzo c'è molto di me.
8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?
Sicuramente l'ultima sorella di mio padre è stata importantissima riuscendo a spronarmi al punto da risultare spesso una vera e propria spina nel fianco ma è grazie a lei se sono riuscito a chiudere questo romanzo.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Alla persona che amo ed è stato emozionantissimo spiarne le reazioni di pagina in pagina. In totale lo hanno letto le undici persone a me più vicine, le più importanti, quelle che sapevo avrebbero dato un giudizio anche negativo senza remore di alcun tipo. Fortunatamente non è stato così. Il giudizio più negativo per ora resta il mio.
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Amo leggere ebook e da anni leggo quasi esclusivamente questo formato per poi acquistare la versione cartacea qualora si trattasse di un libro capace di entrarmi nel cuore.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
L'audiolibro è una rivoluzione meravigliosa che avvicinerà alla lettura quelle persone che oggi preferiscono ascoltare, una capacità da non sottovalutare in un mondo dove chi ha qualcosa da dire spesso non viene nemmeno preso in considerazione.