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26 Nov
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Intervista all'autore - Giorgio Lamprecht

1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Ho studiato molti anni fa a Viterbo dove ho preso il diploma di geometra. Dopo a 20 anni per lavoro sono arrivato a Carrara. Oggi vivo a Massa.
Avendo avuto modo sempre di scrivere per lavoro, un giorno non so dove, ho deciso che potevo scrivere per diletto. Erano circa 20 anni fa e forse più. Da sempre mi considero uno che scrive, non uno scrittore, che spera molto che quanto appare nelle vetrine, serva a sollevare lo spirito di chi per ventura ha trovato un mio libro.
 
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Non esiste un momento preferenziale. Quando capita e la mente come la mano, si trovano d'accordo per l'adunanza delle parole che sarebbe lo scrivere.
 
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Non esiste una preferenza, c'è qualcuno, ma a dire la verità non gli dò peso.
 
4. Perché è nata la sua opera?
In verità stando sempre al computer, un giorno mi scappò fuori un invito ad un concorso letterario di nuovi scrittori cui partecipai. Da lì misi lo sguardo sull'abisso della letteratura (?) e dopo aver posto lo sguardo su molti abissi della natura, in quello ci sono precipitato, ma in verità non sono proprio precipitato, ma sono rimasto appeso ad uno spunzone.
 
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
C'è da distinguere tra formazione letteraria e formazione narrativa. Ho fatto la scuola degli ignoranti, quindi di letterario in me non c'è niente, salvo il fatto che ebbi a vivere in ambienti di tale genere dove l'arte, la lettura, la letteratura, la musica e così via, erano pane di tutti i giorni. Se ciò si può assegnare a un contesto sociale, era molto differente dall'attuale dove tali valori esistono, ma in maniera abnorme senza nessuna connessione con quelli del passato.
 
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Sia l'una che l'altra. Preferisco l'evasione perché credo molto nella libertà d'espressione e di vita. D'altra parte la mia vita non è stata così stringata come appare più sopra perché bene o male ho dovuto conoscere il mondo per lavoro.
 
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Niente e tutto. La vita ce la tiriamo dietro sempre, dovunque si vada. L'importante è tenerla a debita distanza. Non ci deve sovrastare. La società è ampia e bisogna viverla senza remora alcuna. Siamo uomini tra uomini.
 
8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?
Nessuno.
 
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Nessuno.
 
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Una domanda difficile e impertinente. I mezzi di comunicazione di massa non mi aggradano molto, non per la parte tecnica e tecnicistica, ma soltanto e maggiormente perché non ne ho l'abitudine. Forse verso i 120 anni imparerò.
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Vale quanto già scritto sopra. I rumori fanno parte della vita. Indicano l'esistenza di tutto e del creato. Allo stato attuale non è nel mio DNA l'andare in bicicletta con gli auricolari nelle orecchie senza potersi intessere nella natura che ci circonda e che vediamo.
 
 

 

 

 

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Martedì, 26 Novembre 2019 | di @BookSprint Edizioni

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