1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono nato a Torino, ma sin da piccolo ho sempre abitato in un bellissimo paese, in collina, immerso nel verde, confinante con la città. La mia decisione di cimentarmi con la scrittura è nata quando, una ventina di anni fa, sul lavoro sono stato oggetto di un torto che ha di fatto rovinato la mia carriera. Una sera, per caso, durante una cena di addio di un mio collega che andava in pensione, ho raccontato una storia incredibile, ma vera, che avevo vissuto. Alla fine, diversi dei presenti mi hanno invitato a scrivere un libro. Da quel suggerimento mi è venuta l'idea di scrivere quella storia, mettendoci dentro i personaggi che mi avevano fatto il torto, ovviamente con pseudonimi. Così ho fatto. Il libro è stato pubblicato e andato a ruba. È venuto fuori un pandemonio, ma alla fine ho vinto io e nella mia vita tutto è cambiato. Da allora, anche perché furono in molti a consigliarmi di farlo, ho continuato a scrivere.
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Ogni momento è buono ma, essendo un tira tardi la sera, quello che preferisco è dalle 23 in poi. Davanti al pc, con la cuffia sulle orecchie, mentre ascolto musica celtica, mi estraneo dal mondo e scrivo.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Ken Follett.
4. Perché è nata la sua opera?
Come in quasi tutti i libri che ho scritto, quella che al lettore può sembrare fantasia, in realtà è ricca di tanti spunti che vengono colti da aneddoti vissuti direttamente o di cui ho sentito parlare. Questo libro è nato quasi per sfida. Essendo di Torino e avendo come idolo tra i registi Dario Argento, che ha girato alcuni film proprio nella mia città, mi sono detto: adesso scrivo un libro che se Argento lo legge ci gira un film. Ne sono sempre convinto.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Direi moltissimo. In ogni libro che ho scritto, e penso scriverò ancora, tanti sono stati e saranno gli episodi di vita vissuta che sono entrati a fare parte della trama.
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Entrambi. Secondo me fa parte della bravura dello scrittore raccontare la realtà facendo credere che tutta realtà non è.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Moltissimo. Sarà forse per il sangue fiorentino, che grazie a mia madre mi circola nelle vene, ma in tutte le mie opere cerco di mettere sempre quella parte di ironia e divertimento che, anche in un giallo o in un thriller non dispiace al lettore.
8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?
Non mi pare. L'ho scritta di getto, in pochi giorni. Nessuno mi ha aiutato, nessuno mi ha consigliato.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Non ricordo a chi l'ho fatto leggere per primo. Ricordo che avevo mandato la bozza della prima stesura a una ventina di conoscenti, più che amici. A tutti avevo chiesto un commento, sincero, anche se negativo. Ho ricevuto 20 commenti positivi, anche se qualcuno è rimasto inorridito leggendo il trattamento fatto alle unghie delle vittime.
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Avrà successo, certamente, ma il cartaceo rimarrà sempre con il suo insostituibile fascino.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Penso che possa avere successo. Tutto dipenderà dai libri che ci saranno in catalogo, la pubblicità che sarà fatta per farli conoscere e dal costo.