1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Scrivere è per me un modo, forse il migliore, per esprimere me stessa, per mettere a nudo i miei sentimenti, per evocare i miei ricordi più cari. Nella vita sono una persona taciturna e piuttosto che parlare preferisco mettermi in ascolto. Con la scrittura invece riesco ad esternare i miei pensieri e i miei stati d'animo. Quindi potrei dire che per me scrivere ha un effetto catartico.
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
In questo libro è presente la storia della mia famiglia o, per meglio dire, del ramo materno della mia famiglia, raccontata attraverso le vicende della vita quotidiana, ma anche e soprattutto attraverso tutte le vicissitudini e le traversie che è stata costretta ad affrontare in un periodo storico cruciale della storia della Turchia come è stato il passaggio dall'Impero Ottomano alla Repubblica Turca. Sentendomi legata alla mia famiglia come un albero è legato alle sue radici, posso dire che in qualche modo in questo libro sono presente anche io.
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Scrivere questo libro o, forse più correttamente, prima tradurre dal turco il testo dal quale ho tratto ispirazione e poi arricchirlo, è stata per me un'esperienza straordinaria. Ogni sera quando, tornata a casa dal lavoro, mi mettevo al computer, era come se partissi per un viaggio con la macchina del tempo e mi immergessi nelle storie del passato in maniera così vivida che quasi mi sembrava di essere partecipe di tutti gli avvenimenti. Ora lasciandomi cullare da un caicco sulle acque del Bosforo insieme ai miei bisnonni, ora passeggiando per le strade affollate di Istanbul durante le sere di Ramadan, ora soffrendo il freddo in una piccola casa di Parigi durante gli anni duri dell'esilio.
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
La scelta del titolo del libro è stata facile e mi sono rifatta al titolo del romanzo turco che ho tradotto: "Una sposa britannica nell'Impero Ottomano". Infatti il libro che vede come protagonista la mia bisnonna, una giovane ragazza inglese di buona famiglia che andata ad Istanbul per un viaggio di piacere, in breve tempo decide di rimanere là stregata dallo sguardo affascinante di un giovane ottomano di cui ben presto diverrà la moglie trasformandosi in una perfetta sposa ottomana. Non poteva avere altro titolo.
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Visto che stiamo parlando di possibilità irrealizzabili, ipotizziamo non solo di poter essere su un'isola deserta ma anche di poter far rivivere chi da qualche anno non c'è più. Allora, sempre restando in linea con la mia passione per la Turchia, mi piacerebbe trascorrere del tempo su un'isola deserta con lo scrittore turco, di origine curda, Yasar Kemal, candidato nel 1972 al premio Nobel per la letteratura che, a mio avviso, può essere considerato uno tra i più grandi scrittori del '900. Tra i suoi romanzi mi piace citarne due che ho letto con grande piacere e che consiglio vivamente: "Mehmet il falco" e "Guarda l'Eufrate rosso di sangue".
6. Ebook o cartaceo?
Non ho dubbi. Amo i libri di carta. Mi piace tenerli in mano, segnare sulle pagine un commento con la matita accanto ad una frase che mi ha colpito, sentire l'odore della carta quando li sfoglio e infine mi piace vederli esposti nella mia libreria quando ho finito di leggerli.
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
No, non ho deciso di intraprendere la "carriera di scrittore". Il mio mestiere è un altro. Sono un medico e lavoro con passione nel mio ospedale. Ma penso che ognuno abbia bisogno nella vita di una via di fuga dalla realtà ed è questo che la scrittura rappresenta per me. Una ricchezza inestimabile, una passione a cui non saprei rinunciare.
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Si dice che i turchi siano fatalisti, credano nel destino, ebbene per me è stato proprio così; il destino ha deciso tutto. Un bel giorno, mentre navigavo su Internet, mi sono casualmente imbattuta in un romanzo scritto in turco che narrava la storia della mia famiglia ottomana. Da lì è stato un susseguirsi di passi che mi hanno portato fin qua: comprare il libro, iniziare a imparare il turco, impegnarmi in un lavoro di traduzione tanto duro quanto appassionante che mi ha portato via quasi un anno e quindi scrivere questo libro e pensare di pubblicarlo. Durante la stesura del libro ho avuto modo di conoscere, durante un suo viaggio a Roma, la scrittrice del romanzo turco che mi ha ispirata e ho scoperto che è una mia lontana parente. Da allora abbiamo continuato a scriverci riuscendo così ad intrecciare nuovamente, grazie a questo libro, dei legami familiari che da anni erano stati persi.
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Vedere prender corpo questo libro che ha richiesto una lavorazione tanto lunga, mi ha dato sicuramente una grande soddisfazione. Ma c'è qualcosa in più. La famiglia di cui questo libro narra la storia, la mia famiglia ottomana, era una famiglia molto stimata che aveva vissuto anni di grande prosperità durante l'impero ottomano e che, con l'avvento della Repubblica era stata esiliata, smembrata e divisa e i vari membri erano finiti chi da una parte, chi dall'altra nei vari paesi d'Europa, come le tessere di puzzle che la storia si era divertita a mescolare. Ultimato questo libro mi è sembrato di aver rimesso insieme le tessere di questo puzzle e, ricostruendone la storia, di aver ridato la giusta dignità alla mia famiglia.
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Questo è, passatemi il termine, un libro "familiare". E come tale in famiglia è cresciuto piano piano. Ogni capitolo lo leggevo ai miei nipoti, ai miei fratelli o ai miei genitori e con loro condividevo ogni passaggio, ogni ricordo, ogni aneddoto.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Penso che sia un bellissimo passo avanti. Non solo di grande ausilio per i non vedenti ma anche per chi, magari troppo indaffarato nelle attività quotidiane, non riesca a ritagliarsi un po' di tempo da dedicare alla lettura. Allora, con l'ausilio degli auricolari, un buon libro gli potrebbe tenere compagnia.
Io comunque continuo a preferire il buon vecchio libro di carta.