1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Vado fiera delle mie origini sarde, nonostante dei necessari spostamenti mi abbiano incastrato in un "salottino" del pettegolezzo conosciuto come Vicenza, rimango fedele alla mia terra. Ho deciso di diventare scrittrice, semplicemente, scrivendo. Iniziai a scrivere baldanzose quotidianità all'età di sedici anni, il tutto visto da ottiche diverse, che mi portavano a regalare alla realtà quel pizzico di fantasia che la rendeva più appetibile. Ho cominciato a scrivere un po’ raccontando i miei sogni, un po’ mordendo la realtà.
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Qualsiasi. Giro con un taccuino in tasca molto spesso! Penso che qualsiasi momento della nostra vita sia degno di essere scritto su carta, triste o gioioso che sia, rimarrà comunque una lezione da ricordare. La nostra permanenza su questo pianeta è talmente corta che non c'è tempo da perdere. SCRIVETE!!!
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Senza dubbio i miei scritti sono stati potenzialmente influenzati dall'intellettualità di una donna, che rimane per me, una grande maestra di coscienza: Oriana Fallaci. Scrivendo, ho sfiorato col pensiero molto spesso i suoi stati d'animo, la sua rabbia, il suo amore forte, la voglia di urlare la verità, la voglia di sperare in un cambiamento radicale della società, che senza accorgersene andava perdendo valori, come una vecchia Rolls Royce, che avanza, perdendo benzina sulla strada che percorre.
4. Perché è nata la sua opera?
La mia opera è nata per lanciare un messaggio importante ai miei coetanei.
Descrivo l'importanza del nucleo familiare, l'importanza dell'amore e del rispetto.
Viviamo in una società di persone spaventate e un po’ arrabbiate.
La mia opera nasce per toccare gli animi freddi della gente dei miei tempi, conduco la mia ostinata ricerca verso quel calore nascosto dietro al termine umanità. Oggi famiglia è sinonimo di gabbia, di impegno, di obbligazione.
Per me famiglia è sinonimo di fiducia, e voglio urlarlo.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Molto.
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Scrivere è un modo per dar valore alle proprie opinioni. Scrivere è un modo per evadere da scomode realtà a volte, altrettante, è un modo per cercare orecchie per ascoltarsi, occhi per guardarsi, mani per accarezzarsi. Un dolce modo di cullarsi nella propria interiorità.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
C'è un po’ di tutti, c'è un po’ di me, c'è un po’ di Dio, c'è un po’ di altri volti incontrati nel cammino.
C'è un po’ di tutto, c'è un po’ di natura, c'è un po’ di amore, un po’ di rabbia, un po’ di consapevolezza.
C'è molta vita in ciò che scrivo.
8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?
Qualcuno che non ho potuto conoscere, qualcuno che mi ha regalato solo qualche foto e un paio di disegni colorati fuori dai bordi di contorno, sì qualcuno c'è.
Il fantasma di un fratellino c'è.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Alla persona che amo più di ogni altra cosa al mondo, mia madre.
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Mi auguro di no, è così bello il cartaceo! Così soddisfacente voltare pagina!
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Credo sia la concreta possibilità di facilitare la lettura a chi non avrebbe altrimenti modo di tuffarsi in un romanzo o in un bel giallo o quant'altro. Rappresenta anche una più semplice divulgazione di cultura e intellettualità, perché no!