1. Parliamo un po’ di lei, dove è nata e cresciuta?
La mia carta d’identità documenta che sono nata a Milazzo, una splendida cittadina baciata dal mare, ma onestamente mi sento più “figlia” della Lupa romana. Sono stata allevata dalla nonna materna. Alla sua morte mi ha preso in carico una zia, che avendo cinque, figli ha dovuto sfamare sei bocche compresa la mia.
2. Che libro consiglierebbe di leggere ad un adolescente?
“Il bambino che imparò a colorare il mondo” di Nicholas Spark. I simboli e le metafore tramandati dagli indiani d’ America sono illuminanti a sfondo psicologico, aiutano a dare un senso alla vita, a superare il dolore.
3. Cosa pensa della progressiva perdita del libro cartaceo, a favore dell’ebook?
Considero il libro un organismo vivente, i filamenti di cellulosa delle sue pagine, memorizzano l’emozione di chi lo ha scritto e accresce sentimenti inediti in chi lo legge. Penso comunque, alle molte persone che viaggiano per lavoro o diporto, sapendo di poter leggere i loro libri preferiti sullo Smart- Phone, riescono a minimizzare il peso dei loro bagagli. La scelta dell’ebook è intelligente, ma è tutt’altra cosa, pensare di sostituire la lettura del cartaceo.
4. La scrittura è un colpo di fulmine o un amore ponderato?
Per me è stato frutto di varie circostanze con un solo filo conduttore. Sulla spiaggia del tirreno scrivevo frasi sui sassi, e dopo averli lanciati in mare fantasticavo che il messaggio lo recuperasse un sub, ma non uno a caso:— un uomo con la barba bianca che identificavo nell’eroe che veniva a salvarmi. Analizzando anni dopo quella visione, sembra chiaro che ad istigarmi fosse l’inconscio: pretendeva che guardassi da vicino l’oscurità degli abissi in cui mi trovavo. Appena sedicenne imparai a dattilografare. Spingevo i tasti neri di una bella e lucida Olivetti per scrivere ai clienti dello studio che erano in attesa di avere esiti, inerenti a questioni legali. Da grande, approdai in una Tv locale, dove, oltre a prestare la voce per alcune pubblicità, “cacciavo” ogni giorno notizie da mettere nel palinsesto del telegiornale. Telefonavo in questura per avere scoop su eventuali blitz e, rilevavo dagli ospedali incidenti con morti e feriti per completare la cronaca. Durante la conversazione con l’operatore al centralino annotavo in fretta con la biro, dopodiché, facevo riassuntini in bella copia da sottoporre al direttore…
5. Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?
Prima che “La zingara e la clessidra” venisse alla luce come romanzo, ha trascorso un periodo di incubazione come diario scompaginato. A metà degli anni novanta altalenavo tra uno stato di bulimia e anoressia. Ero ancorata sul filo di un affilatissimo rasoio quando mi decisi a chiedere aiuto allo specialista. In breve tempo, gli strati sottostanti della punta dell’iceberg, mostrarono il groviglio di eventi traumatici. Attraverso l’analisi portai in luce il mio stato di orfana con genitori viventi. Il meccanismo lesivo che mi aveva condotta verso un marito violento e non solo… La necessità di mettere distanza con i ricordi dolorosi, ha guidato il mio esilio in città d’arte come Roma, Venezia e Siracusa, ma non sono riuscita ancora a mettere radici. Il termine zingara, me lo hanno affibbiato alcuni consanguinei, ma io vivo l’esperienza viaggiante come una meditazione dinamica, che ho chiamato “camminamento dello spirito”.
6. Quale messaggio vuole inviare al lettore?
In primis il messaggio è rivolto ai genitori. Sono loro responsabili dei comportamenti di un figlio/a. Tirare calci alle porte, mancare di rispetto ai propri simili e agli stessi genitori, non si deve giustificare. Omettendo la gravità di tali comportamenti si lascia passare un messaggio sbagliato. Il rifiuto allo studio, gli scatti d’ira, l’atteggiamento di prepotenza sono campanelli d’allarme, denotano che risiede all’origine un malessere da attenzionare con urgenza. Atteggiamenti identici sono noti agli insegnanti fin dalla scuola primaria. Il bambino che sputa sullo zainetto del compagno, quello che si morde le mani fino a farle sanguinare, sono solo due esempi di una lunga lista. Qualora ci siano le condizioni, per stabilire un dialogo con la famiglia, bisogna far rete, diversamente bisognerà chiedere interventi alle sedi di competenza. A onor del vero va precisato che alcuni interventi, necessitano di essere “personalizzati” con l’obiettivo di condurre l’adolescente in un percorso di riabilitazione psicologica e integrata, includendo la famiglia di appartenenza.
7. La scrittura era un sogno nel cassetto già da piccolo, o ne ha preso coscienza pian piano nel corso della sua vita?
Francamente non sono certa di averne preso coscienza… Anelare al sogno che si realizza dev’essere bellissimo, ma in attesa di poterlo sperimentare, aspiro al desiderio di non commettere errori per il futuro, sto ancora dipanando quelli del passato.
8. C’è un episodio legato alla nascita o alla scrittura del libro che ricorda con piacere?
Eviscerare il dramma di una famiglia disfunzionale non è stato facile, ma io amo “La zingara e la clessidra” in ogni sua pagina. Mettendosi in gioco, la protagonista ha dimostrato grande coraggio.
Itinerante allo stesso modo di una zingara, ho affidato il percorso al mio intuito. Paesaggi e contesti diversi, hanno fatto sì che prendessi appunti in ogni dove, mai alla scrivania! -Il deja-vù scaturito ai piedi dello Stromboli durante l’ipnosi, l’ho scritto a bordo dell’aliscafo che mi riconduceva sulla terraferma.- Alle sette del mattino, il colonnato del Bernini che circonda Piazza San Pietro ha sempre una prospettiva inedita. I piccioni beccavano le briciole di un biscotto che Stefano, l’amico clochard sbriciolava per loro. Osservando la scena, con il pianto in gola pensai al paradosso:— i più deboli trovano la forza di accudire la vita del creato, ed io, non lo sapevo ancora fare. La sacralità di quel momento è parte del mio percorso di trasformazione. Imparai a diluire rancori e umori .- Al ritorno dalla Spagna, in aereo ho trasferito su carta l’emozione provata davanti ai mosaici di Antoni Gaudì. Quel viaggio, fatto in compagnia di mio figlio, ha segnato l’inizio di una fase nuova, ci eravamo guardati negli occhi per interrogarci, era tutto passato…? - Ricco e creativo il giorno trascorso nel salotto del barocco siciliano. In occasione della spettacolare infiorata di Noto, avevamo attrezzato con Emi la bancarella con oggetti vintage. Abbiamo venduto poco, ma io ho scritto tanto, mentre lei, ripassava i suoi appunti per gli esami da sommelier…- Come queste, altre pagine suscitano in me, una forte sospensione emotiva, ancora oggi.
9. Ha mai pensato durante la stesura del libro di non portarlo a termine?
“La zingara e la clessidra” è parte di un diario incompiuto. Invertendo i poli della clessidra, eventi del passato ritornano e meritano di essere decodificati. A presto la seconda stesura…
10. Il suo autore del passato preferito?
La francese Anais Nin, lo scrittore Ernest Hemingway e molti altri che ho citato nel libro.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audio libro?
Tutto il bene possibile. Ho visitato l’Istituto dei ciechi a Milano, dove ho fatto un’esperienza sensoriale bellissima. Dalla voce della guida ipovedente, ho saputo che svolgono decine di attività, tra le quali, anche immersioni subacquee. Avvantaggiati dalle registrazioni audio, molti di loro fanno teatro, imparando i copioni a memoria dalla voce che legge i testi. L’audio libro, permette di arricchire l’interesse verso la cultura personale, e non solo quella accademica.