1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Nasco una cinquantina di anni fa a Lecce, in un quartiere popolare dove niente lasciava presagire interessi letterari. Un incidente stradale in infanzia quasi mortale e una velocità di pensiero, dovuta ad un problema genetico, mi portano a scrivere con estrema facilità. Prima filastrocche goliardiche su amici, poi poesie, racconti brevi, testi di presentazione di lavori altrui fino a questo che è il mio primo lavoro "lungo". Qualcosa che era organico in me ed è cresciuto nel tempo.
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Non c'è un momento particolare. Secondo gli stimoli che mi colpiscono, le frasi e la trama dello scrivere sono già formate a livello cerebrale; mi fermo a scrivere anche in mezzo alla strada. Questo è il motivo per cui mi accompagno sempre ad un paio di penne.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Sicuramente Carofiglio, mi piace tanto il percorso letterario che sta facendo. Poi un nugolo di autori locali che narrano di piccole storie sconosciute.
4. Perché è nata la sua opera?
Anzitutto per dare corpo ad un luogo che non è stato restaurato a dovere e non si intravedono le caratteristiche dell'epoca, il giardino della torre di Belloluogo a Lecce. Poi per il carico di storie che portava addosso, la statura sociale di Maria D'Enghien, gli incontri con altri nobili provenienti da tutta Europa per discutere di strategie mediterranee, che avvenivano proprio in quel giardino.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Tantissimo, dalla base popolare al rigóglio barocco, dai territori di pietra neolitici al fermento degli anni ‘90 sul tarantismo. Un Salento pieno di stimoli culturali e persone che frequentano e si scambiano strutture di crescita filosofica, intese proprio come amore per la conoscenza.
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Un modo per raccontare la realtà, anche per divertirsi, presentare il proprio punto di vista. Non l'ho mai vissuta come un'evasione.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
A livello autobiografico non molto. Sicuramente di mio c'è il modo di pervenire e trattare le informazioni, che possono giungere da un esimo professore universitario o da una badante, trattarle con la stessa dignità, fare ricerca fino in fondo, come un cane che non molla il suo osso finché non lo ha spolpato a dovere.
8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?
No, fondamentale no. Tanti scambi culturali, anche raccolti in vari decenni e il desiderio di far rifiorire quel giardino.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Ad un mio amico con cui abbiamo una frequentazione assidua, sia su temi culturali che di puro divertimento.
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Rimarrà comunque uno zoccolo duro che vuole il cartaceo, un po' come avviene oggi per i dischi in vinile, il resto immagino che sia tutto legato agli sviluppi informatici.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Sono rimasto meravigliato vedendo un bambino di otto anni, in auto, che reclamava la storia in audiolibro. Penso che riserverà sorprese forse anche superiori alle aspettative.