1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono una dirigente scolastica in pensione. Sono nata e vivo a Moliterno, in provincia di Potenza. Sono madre di tre figli e nonna.
Ho conosciuto durante la mia carriera di docente prima e di preside dopo diverse realtà territoriali lucane e non. Attraverso la conoscenza di tanti contesti e grazie all'esperienza maturata, ho elaborato la convinzione che l'identità lucana sia un patrimonio culturale da difendere ad ogni costo nei suoi valori fondanti: l'amore per la famiglia, il rispetto dell'anzianità, la solidarietà spontanea, il culto dell'ospitalità e l'apprezzamento delle piccole cose della vita quotidiana.
Ho praticamente da sempre il "vizio" di scrivere e di leggere. Terminato il servizio attivo, ho potuto dedicarmi a tempo pieno alla mia antica passione. Questo è il mio terzo romanzo che conclude la trilogia "Cronache dal Borgo della Mole Eterna".
E non credo che finisca qui...
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
In genere accendo il computer quando in casa c'è tranquillità e silenzio. Ma l'elaborazione delle storie avviene mentalmente in qualsiasi momento della giornata, anche mentre lavo i piatti o guardo fuori dalla finestra.
Il mestiere di scrivere non ha orari. Pervade tutto il mio tempo.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Sono molti gli autori contemporanei che prediligo.
In particolare Andrea Vitali con il quale rilevo l'affinità di fare letteratura con le piccole storie di provincia.
Apprezzo anche Maurizio de Giovanni, con la sua Napoli degli anni Trenta. E Lorenzo Marone del quale ho letto "La tentazione di essere felici". Ed Elena Ferrante con la sua "odissea" alla ricerca di se stessa in decenni di grandi trasformazioni. E naturalmente Carmine Abate, orgogliosamente meridionale. E il nostro Raffaele Nigro, che mi premiò con una targa per il mio primo romanzo "La casa dello specchio".
Attualmente sto rileggendo il grande Italo Calvino.
4. Perché è nata la sua opera?
Come ho accennato sopra, "Un addio lungo cent'anni" rappresenta il terzo romanzo della trilogia.
In esso ritornano i personaggi dei primi due lavori, alle presa questa volta con un dramma familiare: la fuga della figlia Emma.
A questa storia se ne intreccia un'altra, nata da una ricerca svolta da mio fratello Peppino su alcuni parenti emigrati negli Stati Uniti ai primi del Novecento. I due racconti apparentemente lontani nello spazio e nel tempo sono in realtà strettamente legati da una serie di vicende che il romanzo dipana. Diciamo che il tema è unico: l'emigrazione, quella storica e quella attuale.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Credo che qualsiasi persona porti nel suo codice genetico il luogo che l'ha vista nascere e muovere i primi passi. E' un'impronta indelebile che, anche se viviamo altrove, ci richiama sempre alle nostre origini.
Nonostante abbia conosciuto e amato tante e diverse realtà territoriali, nulla potrà cancellare la lucanità che mi porto dentro. Ed è ciò che ho cercato di trasferire nei miei lavori, affinché questo angolo di mondo che è la Basilicata possa rivelare ai lettori la sua silenziosa e orgogliosa bellezza.
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Credo che la scrittura sia connaturata alla mia persona.
Non si tratta di un'evasione dalla realtà, ma forse di un modo di interpretare il mondo e di farlo scoprire al lettore sotto una luce diversa.
La vita vera, con le sue mille sfaccettature, è sempre presente in qualsiasi racconto, ma è il filtro che lo scrittore propone a fare la differenza.
Il lettore stabilisce un tacito patto con l'autore per lasciarsi guidare pagina dopo pagina in un mondo inesplorato.
Ogni libro è un'esperienza nuova che arricchisce e rinnova la mente.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Credo che ogni scrittore racconti inevitabilmente qualcosa di sé, attraverso i personaggi, le situazioni, i contesti, le storie. Ma non tutti se ne accorgono.
8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?
Per "Un addio lungo cent'anni" è stata fondamentale la ricerca sui parenti emigrati, svolta da mio fratello, cui accennavo sopra. E poi tante altre persone hanno contribuito in diversi modi alla stesura del racconto con consigli e suggerimenti.
Per non parlare poi degli approfondimenti storici che si sono resi necessari e che hanno fatto emergere vicende storiche a me del tutto ignote. Scrivere porta anche a questo, ad allargare un tantino gli orizzonti.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Naturalmente a mio fratello e poi a mio marito e ai miei figli.
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
L'ebook è uno strumento molto interessante di lettura. Ti permette di portarti dietro praticamente un'intera biblioteca.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
L'audiolibro può essere utile per i non vedenti o per quelle persone che per diversi motivi sono impossibilitati a leggere.
Lo strumento principe per la lettura resta comunque il libro stampato.
Vuoi mettere l'odore della carta, della stampa, il fruscio dei fogli che scorrono sotto le dita, la praticità del libro! Personalmente lo preferisco.