Crescendo le distanze già nette con quella realtà sono diventate sempre più profonde... Non mi sentivo capito, i ragazzi della mia età mi emarginavano perché ero "diverso" nella forma di pormi, di comportarmi, per i miei gusti, le mie idee, le mie passioni che una volta iniziato il liceo, periodo che racconto per l'appunto nel romanzo, si sono affacciate alla letteratura e alla musica rock. Per la seconda devo ringraziare Susanna, la mia migliore amica nonché compagna di classe, che in quel periodo mi ha illuminato su gruppi come i Rolling Stones, Pink Floyd, Led Zeppelin, e molti altri, fino a farmi scoprire i Green Day, una delle mie band preferite dalla quale ho tratto anche ispirazione per alcuni nomi che ho dato a posti e personaggi del libro. Grazie a queste passioni "resistere" in quella realtà che non sentivo assolutamente mia, è stato un po' più facile. Ma nonostante tutto ho vissuto giorni duri, giorni in cui mi sono sentito completamente solo. Potevo contare solo sulla mia famiglia, sulla letteratura e la musica, tutte cose che mi hanno fatto capire effettivamente cosa volevo o no per la mia vita, qualcosa che di sicuro non era lasciarmi andare alle usanze ignoranti che uccidevano il futuro degli adolescenti del posto, soddisfatti di riunirsi intorno a un tavolo a bere e giocare a carte con persone anziane, che ai loro tempi avevano faticato e lavorato sodo. No, io non volevo quello, sognavo con cose diverse, volevo viaggiare, imparare le lingue, andare ai concerti, volevo vivere. Grazie al liceo e ai miei compagni, soprattutto la già citata Susanna, ho iniziato a uscire da quel contesto, e ho capito che anche se come si dice "tutto il mondo è paese" in ogni realtà ci sono delle piccolezze che possono renderla più o meno adatta alle proprie esigenze, e io in quella lontana da casa ho sempre trovato quello che cercavo. Questo però non vuol dire che non avessi e non ho nostalgia dei posti in cui ho vissuto, al contrario, custodisco quei posti e quei ricordi dentro di me, e anche molto gelosamente, del resto se oggi ho scritto un libro è anche grazie a quello... Come e quando ho deciso di diventare scrittore? Beh, in effetti non ho mai pianificato nulla del genere, è stato un amore che è nato nel tempo, esattamente all'università. Ricordo che studiando le letterature straniere quella già forte passione per la letteratura in generale divenne fortissima, fino a che per puro gioco prima di sostenere gli esami leggevo di autori americani e inglesi, come Emily Dickinson, Walt Whitmann, Emerson, Thoreau, Bukowski, Hemingway, Fitzgerald, Faulkner, e poi ancora i grandi inglesi come Owen, Blake, Keats, Shelley, Lord Byron e ho iniziato per puro diletto a "scimmiottarli" scrivendo qualcosa che si avvicinasse allo stile dell'autore che studiavo di volta in volta. In breve tempo quel gioco è diventato essenziale per me, soprattutto per non dare di matto dopo il quotidiano confronto con le varie delusioni che non segnano mai un'assenza dal registro della vita. Poi ricordo che in quel periodo in televisione davano "Californication" la nota serie TV che è una parodia della vita di Charles Bokowski, non a caso lo scrittore che reputo "il mio maestro", e dopo aver visto tutte le stagioni, seguendo la storia di Hank Moody, uno scrittore che non riesce più a scrivere e che si perde in un mare di trasgressioni come una vera rockstar, ho sentito l'impulso esagerato di mettermi alla prova con un romanzo tutto mio... E oggi eccoci qua. Ho realizzato un sogno, ho scritto questo libro che vorrei dedicare a chi mi diceva: “Spero che non vadano a comprarlo”. Non vorrei che scoprissero di essersi sbagliati...
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Ecco, forse sarebbe meglio chiedermi qual è il momento che non dedico alla scrittura, forse rispondere sarebbe più facile... In realtà scrivo molto, di giorno, di notte, non c'è un tempo prestabilito, lo faccio quando quel qualcosa che ho dentro inizia a ruggire e scalpita per venire fuori.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Ce ne sono molti in gamba questo sicuro, ma io sono un patito dei classici, e per questo dico Charles Bukowski. Senza ombra di dubbio per me è una fonte inesauribile di ispirazione. A questo proposito ho un aneddoto. Ricordo che quando mi trovavo in piena fase di sviluppo del romanzo, ho passato un periodo tremendo, circa due o tre mesi in cui non riuscivo a buttare giù due parole. Non sapendo che fare mi consultai con la mia professoressa di letteratura inglese, la quale mi suggerì che per il classico "blocco dello scrittore" ci sono varie strategie, e che dovevo trovare quella che funzionava per me. Poi mi suggerì di provare a fare delle lunghe passeggiate. Ricordo che seguì il suo consiglio. Niente da fare. Ma un giorno mi trovai a passare da una libreria, entrai, comprai "Storie di ordinaria follia" di Bokowski, e dopo appena un racconto mi misi a scrivere e buttai giù 200 pagine senza fermarmi... Ecco, questo per dire cos'è Bukowski per me.
4. Perché è nata la sua opera?
Perché non ho mai capito né accettato l'autolimitazione che l'uomo pone al suo interiore. E attraverso l'analisi del microcosmo di cui fa parte Billie Green, ho voluto "mettere il dito nella piaga", sperando, ma non pretendendo arrogantemente che questo libro, in qualche modo possa dare una scossa alle coscienze.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Senza alcun dubbio è stato molto determinante, dandomi diversi spunti.
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Scrivere è un po' e un po' di entrambi. Quando l'inchiostro sporca una pagina non ci sono limiti, non ci dovrebbero essere in molte cose.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Praticamente tutto.
8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?
Molti. Partendo da Bukowski, i Green Day, Ozzy Osbourne, Marylin Manson, finendo a Liliane, una donna di cui sono stato innamorato e di cui porto un ricordo affettuoso nel cuore.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
A Susanna, la mia migliore amica...
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’e-book?
Beh, ad essere sincero non lo so. Io sono un romantico da questo punto di vista, e preferisco sfogliare le pagine, sentire il profumo della carta, poi è questione di gusti, ma senza alcun dubbio l'e-book è una delle poche iniziative interessanti fornite dalla tecnologia di cui disponiamo oggi, una vecchia promessa di elevazione dell'uomo con un potenziale immenso che invece si è convertita in un'occasione gettata alle ortiche, dando piena libertà a pornografia e branchi di trogloditi che nel cyber-spazio, sui social, comunicano con una sorta di proto-linguaggio che ogni giorno fa morire la bellezza della nostra lingua eliminando punteggiatura, utilizzando sigle, alimentando un circo retrogrado che è di un grottesco terrificante...
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Qui rischio di essere ripetitivo. Io sono un amante nostalgico del "c'era una volta", ma questo non toglie che ovviamente tutto ciò che può diffondere cultura, la bellezza dello spirito creativo dell'uomo, va più che bene e deve essere sviluppato, curato come un tesoro prezioso, diffuso senza riserve...