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17 Mar
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Intervista all'autore - Vitaliano Amiconi

1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?

Sono abruzzese di nascita e di famiglia ma divenuto romano di adozione in quanto dal periodo universitario in poi sono stato sempre residente nella Capitale. Qui esercito la professione forense dal 1955 come titolare di uno Studio associato che si interessa di diritto civile ed amministrativo con particolare riferimento alle discipline del settore radio-televisivo. Ho accumulato negli anni varie esperienze che poi ho deciso recentemente di rendere note nel libro "Le false…verità" insieme ad alcuni aspetti della vita della nostra nazione, visti in controcorrente. Per questo l'ho definiti al... vetriolo!




2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?

Purtroppo finora ho potuto dedicare alla scrittura soltanto i ritagli della giornata, impegnata per tutto il suo corso dalla professione che, se fatta con coscienza, ti lascia soltanto ritagli di tempo da dedicare a se stesso.

 




3. Il suo autore contemporaneo preferito?

Dopo Italo Svevo ho trovato ben poco di mia soddisfazione, anche se ho apprezzato D'Annunzio e Oriani.



4. Perché è nata la sua opera?

Per il desiderio, covato per tutta la vita, di mettere a nudo tutte le falsità e contraddizioni che la cosiddetta cultura di sinistra, ha saputo propinare a cominciare dalle scuole, dove i libri di testo, specialmente quelli di storia, non riportavano i fatti e gli avvenimenti per quello che erano, ma per quelle che gli autori piegavano alla loro ideologia.



5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?

Debbo dire onestamente che il contesto sociale nel quale ho vissuto non ha mai potuto influire sulla mia formazione letteraria, perché me ne sono sempre tenuto fuori. Quella giuridica me la sono formata accanto a chi poteva insegnarmi qualche cosa che risultasse utile all'attività professionale, nell'interesse di coloro che chiedevano assistenza nell'adire la giustizia.



6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?

Forse scrivere di fantasia piò essere un modo per evadere dalla normalità ed immettersi nel sogno di qualcosa di diverso, ma io ritengo che la più bella fantasia risieda proprio nella realtà creata. Che, senza secondi fini o speculazioni, rimane la più affascinante.



7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?

Tutto e senza infingimenti. Non so quanto potrà interessare ai lettori ma credo, senza presunzione, di aver offerto loro una grande lezione di vita.



8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?

Se si guardano i tanti episodi di vita che ho raccontato dovrei dire che tutti mi hanno ispirato qualcosa, ma fondamentale è stata la mia aspirazione alla ricerca della verità specie laddove ho rilevato falsità preconcette e faziose. Io, sia chiaro non ho difeso alcun interesse personale. Però ho cercato di far capire agli italiani, anche ai più faziosi, che le scelte operate dai giovani nel 1943-45, anche le più drammatiche, erano la conseguenza di colpe che non erano le loro.



9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?

Ai figli, pur sapendo che potevano anche non condividerlo in tutto o in parte. Purtroppo la faziosità dell'informazione e della scuola, dopo il 1945, in qualche modo ha influito anche su di loro.



10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’e-book?

È certamente un modo pratico per arrivare alla cultura, ma resto perplesso nel giudicarla. Sono ancora affezionato al libro tenuto in mano!



11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?

Idem, come sopra.



 

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Giovedì, 17 Marzo 2016 | di @BookSprint Edizioni

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