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03 Mar
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Intervista all'autore - Domenico Benedetti Valentini

1.Parliamo un po’ di Lei, dove è nato e cresciuto?

Sono nato a Spoleto da antica famiglia di Trevi dell’Umbria. Sono cresciuto essenzialmente in questa stessa parte centrale dell’Umbria, dove tutt’ora abito e vivo. Dopo l’Università e, successivamente, per la mia lunga attività parlamentare, ho anche molto risieduto a Perugia e a Roma.



2.Che libro consiglierebbe di leggere ad un adolescente?

Molti libri narrativi d’avventure, qualche buon libro sulla vita dei grandi personaggi storici e, avvicinandosi ai vent’anni, il Vangelo senza rimaneggiamenti o commenti.



3.Cosa pensa della progressiva perdita del libro cartaceo a favore dell’e-book?

Sono inesorabilmente legato alla forza e al fascino del libro cartaceo. Mi dispiace, ma non sono nemmeno sicuro che l’e-book – e in generale questa nuova categoria della comunicazione – rappresenti, a conti fatti, una rivoluzione virtuosa del costume e della cultura.



4.La scrittura è un colpo di fulmine o un amore ponderato?

E’ l’una e l’altra cosa. O almeno può esserle. In ogni caso risponde ad un istinto, ad un bisogno, perfino a un’ambizione. E non è così anche per gli amori o gli innamoramenti?!



5.Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?

Era da parecchio tempo che avevo in testa una serie di “storie” che cristallizzassero in una piccola galleria di personaggi quel modesto patrimonio di concetti e percezioni della vita che mi stanno sempre più accompagnando. Appena ho avuto il tempo di finirne la scrittura, la rilettura e le altre incombenze, ho attuato questo desiderio.



6.Quale messaggio vuole inviare al lettore?

Come abbiamo scritto nella presentazione di copertina, c’è una quantità di messaggi, ma soprattutto ci sono riflessioni e constatazioni sulla vita di ciascuno e di tutti, veicolate nella forma dei racconti molto evidentemente allegorici. In pratica cerco di offrire al lettore l’occasione di confrontare le sue sensazioni con le mie, collocandole, con un gioco di immedesimazione, ciascuno nei luoghi, nei volti, nelle situazioni con cui ha o ha avuto a che fare.



7.La scrittura era un sogno nel cassetto già da piccolo o ne ha preso coscienza pian piano nel corso della sua vita?

Mi è sempre piaciuto moltissimo leggere e scrivere, fin da bambino. Da adolescente, ho cominciato a sentire il bisogno e, appunto, l’istinto di comunicare e, quindi, di scrivere: sia in poesia sia in prosa. Poi sono stato soffocato dalla necessità quotidiana di leggere e scrivere le cose concernenti le mie molte attività. Ma ho sempre cercato di non…..inaridirmi e di affidare a qualche scritto idee e sentimenti che, per poco che io valga, mi sono sembrati degni di sopravvivere.



8.C’è un episodio legato alla nascita o alla scrittura del libro che ricorda con piacere?

Ho scritto le “Dieci favole morbide” in un arco di tempo abbastanza lungo e non ho episodi che mi siano rimasti particolarmente impressi. Mi è caro il fatto che il mio figlio terzogenito Filippo, che è un eccellente giornalista ed anche un bravo fotografo, mi abbia coadiuvato nelle trascrizioni e sia l’autore di quella artistica fotografia, riprodotta in copertina, che mi ritrae al lavoro nella biblioteca familiare.



9.Ha mai pensato, durante la stesura del libro, di non portarlo a termine?

No, ho dovuto interrompere più volte la stesura, perché dovevo far lievitare le idee e ricavarmi squarci di tempo e di pensiero tra le occupazioni correnti. Ma ho sempre mantenuto il proposito di portare a compimento questa mia piccola opera.



10.Il suo autore del passato preferito?

Beh, ne……preferisco una gran quantità! Mi diverto ad indicarne due: l’Alexandre Dumas dei “Tre Moschettieri” e, per i tempi……quasi moderni, il Bino Sanminiatelli di “Vita in campagna”.



11.Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?

Sono tutt’altro che chiuso all’esperienza e allo strumento dell’audiolibro. Può essere un utile veicolazione dei testi, a condizione che avvenga in maniera qualitativamente molto curata. Inoltre, essendo io molto coinvolto anche nel teatro, vedo con estremo favore l’applicazione di attori, lettori e “dicitori” appropriati alla comunicazione dei testi letterari.

 

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Martedì, 03 Marzo 2015 | di @BookSprint Edizioni

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