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09 Apr
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Esclusiva BookSprint Edizioni, intervista a Antonio La Cava

Il maestro che gira la Basilicata con il Bibliomotocarro per diffondere la lettura

Quando la lettura va ben oltre il piacere e diventa necessità, strumento di vita, strumento di ribalta, strumento di incontro, si incontrano persone vere e splendide come Antonio La Cava, maestro elementare e maestro di vita. È grazie a lui che ha preso il via l’iniziativa ed il progetto del Bibliomotocarro, una biblioteca itinerante realizzata con una moto Ape celeste (trasformata in piccola casetta con tanto di comignolo) e una raccolta di libri, in costante aggiornamento, di circa 1200-1300 volumi.
Libri per bambini, ma anche per adulti, perché la lettura non ha età e necessita solo di essere riscoperta, anche da chi non l’ha incontrata sin da piccolo.

E questo è quello che fa il signor Antonio, che ogni settimana gira la Basilicata - partendo da Ferrandina, il suo paese di origine - per portare ai “fanciulli" (così li chiama lui), delle province di Matera e Potenza, libri. Libri per l’infanzia, ma i bambini non disdegnano anche gli altri generi o i classici. Libri che vengono dati in prestito e che lo stesso maestro torna poi a riprendere dopo poco più di un mese, per poter dare la gioia della lettura anche agli altri.

 

Maestro Antonio, da dove nasce l’idea per quello che fa tutte le settimane?
Le ragioni sono diverse. L’idea del maestro che ho io è quella del maestro di strada. Mi sono sempre sentito maestro di strada e ho sempre sentito la necessità della scuola di uscire fuori. Credo molto nell’uso del territorio in chiave didattica. Ma come le dicevo le ragioni sono molteplici. Una più romantica nasce dal mio passato: i miei genitori erano contadini, abitavamo in una casa unica, quella con la stalla. Alle 19-19.30 mia mamma spegneva le luci e si rimaneva al lume di candela. E allora ho iniziato a leggere a lume di candela e in quelle ore il libro diventava il mio compagno. Ricordo che il primo che ho letto è stato “Fontamara”, di Ignazio Silone, avevo 13 anni. Lo presi in un bibliobus, un enorme camion ambulante che dava libri in prestito e che dagli anni ’70 è finito in disuso.
Un’altra ragione è la scarsità dei mezzi. Già, proprio questo mi ha permesso di comprare a poco l’apecar e di riempirlo di libri. Spesso la disaffezione della lettura nasce nelle aule: nelle scuole insegnano a leggere, la lettura tecnica, ma questa non è accompagnata dall’amore. Leggere un libro deve essere un piacere, non un dovere. Anche la famiglia genera disaffezione alla lettura perché non dà l’esempio. Se avessi avuto più soldi avrei fatto un mini-bibliobus con una mini-banda, per associare nei piccoli comuni alla lettura la musica. Un’idea che, comunque, non ho abbandonato e c’è ancora tempo per farla. 

Come mai ha scelto proprio i bambini?
In questa scelta c’è sicuramente il mio essere maestro elementare e il credere fortemente allo slogan “Chi legge da piccolo diventa grande”. Nel mio paese, a Ferrandina, gli “utenti” sono soprattutto i ragazzini, bambini che vanno alle materne, alle elementari o alle scuole medie. Insomma, dai 3 ai 12 anni. Mentre soprattutto negli altri comuni si avvicinano anche i vecchietti e quello che mi ha sorpreso, si dovrebbe fare uno studio su questo, è che mi chiedono i libri delle scuole elementari, i vecchi sussidiari. Forse perché non hanno potuto finire le scuole per le varie necessità della vita…  

Come rispondono i bambini? Cosa fanno quando la vedono arrivare in paese?
Spesso i fanciulli, andando in giro, mi chiedono “i libri da scrivere”, quelli che chiamano libri bianchi. I bambini hanno voglia di essere protagonisti e c’è il bisogno di raccontare e di raccontarsi, specie in un momento come questo di difficoltà nel relazionarsi. Mi dicono: “Maestro, ma mica leggerà la storia?”. E io non la leggo. In questi anni ne ho letta solo una, era di una bimba extracomunitaria di Bella, paesino in provincia di Potenza, che in questi 30-40 giorni che lascio prima di ritornare a prendere i volumi, scrisse un libro intero. Raccontava del viaggio che aveva fatto dal suo paese per raggiungere il padre in Italia, della scuola, e il contatto con la diversità tra il suo stile di vita ed il nostro.
Il Bibliomotocarro è magia, regala magia. A Garaguso, provincia di Matera, un bambino mi disse: “Maestro, io so perché dal carro esce il fumo. Perché tu bruci i libri che non piacciono a noi bambini”.

Come si sente nel realizzare questa iniziativa? Le porta felicità?
Facendo questi viaggi da solo, con una lentezza snervante – solo ora ho acquistato il volante, sostituendo il vecchio manubrio dell’Ape – nell’andata e al ritorno si mescolano vari sentimenti. Oscillo tra entusiasmo, per la sicurezza di fare una cosa bella, e la solitudine. All’andata c’è l’attesa, l’entusiasmo per immaginare come reagiranno i bambini e cosa faranno. A questa, però, soprattutto al ritorno, si unisce anche la solitudine. I 1200-1300 volumi che ho nel motocarro li ho comprati tutti e i libri, purtroppo, costano. E nessuna istituzione mi ha mai aiutato. Ma la lettura deve affascinare, è magia, e poiché li devo rinnovare perché i bambini e i genitori mi chiedono magari gli ultimi libri usciti, le novità, io li compro spendendo anche 6-7mila euro. Adesso però mi sento benissimo, sono veramente soddisfatto. Praticamente il telefono squilla ripetutamente tra interviste e complimenti e sono meno solo.

Dopo la dedica di Ballarò, avrà ricevuto molti attestati di stima. È venuto a conoscenza di iniziative analoghe altrove o qualcuno le ha chiesto informazioni su cosa e come fare per iniziare da sé un progetto simile?
Sì, ci sono state telefonate in cui mi hanno chiesto come fare. Soprattutto dai paesi vicini, qui in Basilicata, ma anche dal bresciano. Mi ricordo che, quando andai a Torino per ritirare uno dei premi ricevuti grazie al Bibliomotocarro, che io ho brevettato, ma che non è un’invenzione perché la biblioteca esisteva già così come il carro, bensì un’ideazione che ha unito le due cose, capii apertamente che ci sarebbero state persone che avrebbero riproposto la mia iniziativa. Purtroppo, però, tutti questi progetti sono troppo spesso nel silenzio e necessiterebbero di incoraggiamento. Non parlo di regali, ma di attestati di stima e di cose concrete. Come ad esempio la riduzione del fitto del locale che ho in gestione in cambio di un buono per l’acquisto del libro, o che fossero le istituzioni stesse, magari, ad acquistare i volumi perché, dandoli in prestito da persona a persona, questi si deteriorano per forza di cose.

Cosa significa per il maestro Antonio leggere? Qual è il valore della lettura?
Ho sempre detto che il Bibliomotocarro non è vecchio, ma post-moderno. Ora ci sono i computer, si fa tutto con un click, ma il fascino della pagina, del libro che metti sul comodino, che cade quando ti addormenti, quello non si perderà mai. Leggere un libro è unico. Il libro è un grandissimo compagno, leggere è piacevole. Di recente ho realizzato un video, si chiama “Fesso chi non legge”. inizia con l’immagine di alcuni bambini che giocano in un quartiere di un paesino: sono annoiati e litigano e, litigando, se la prendono con un ragazzino che viene espulso dal gruppo. Questo, per ripicca, scrive al muro, con un pezzettino di gesso “Fesso chi legge”, sperando che gli ex amici lo leggano diventando dei fessi. In questo clima arriva il Bibliomotocarro con la sua musichetta e l’atmosfera si addolcisce. Così succede che uno dei ragazzi che lo ha espulso prende un libro e lo regala al fanciullo allontanato che inizialmente è diffidente, ma poi si lascia andare. E modifica la scritta al muro: “Fesso chi non legge”. Questa è la lettura.

Una curiosità: il suo libro preferito?
Adesso sto leggendo un libro di Pietro Calabrese, “L’albero dei mille anni”. È una storia bellissima di un uomo che purtroppo lotta contro un brutto male, ma non riesce a sconfiggerlo. Cosa che, invece, sono riuscito a fare. Per questo dico che è questo forse il mio libro preferito. Ma non nego che sul comodino ho sempre il vocabolario, perché sento la necessità di conoscere al meglio la nostra splendida lingua.

Propositi per il futuro…
Una piccola anteprima è che il Bibliomotocarro, legato alla città di Matera, probabilmente diventerà un trait d’union con i paesi limitrofi per trasformare Matera in una città di cultura. Poi mi piacerebbe tantissimo portare il Bibliomotocarro a Napoli, nei quartieri e nelle viuzze partenopee. Io lancio il sassolino, speriamo che le istituzioni lo colgano…

Insomma, grazie al maestro Antonio la Cava, i «libri hanno messo le ruote», e speriamo che sia solo il punto di partenza perché possano mettere le ali e spiccare il volo. Perché la lettura, e gli uomini come Antonio che la diffondono, lo meritano.