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17 Set
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Intervista all'autore - Giorgio Palazzi -

Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Non è mia abitudine parlare della mia vita, soprattutto perché non sono abituato a stare sotto i riflettori come potrebbe starci un attore un cantante, un divo e così via.
Sono nato a Roma, mia madre era di Ferrara, mio padre di un paesino vicino ad Arezzo. Il fatto di essere nato a Roma mi ha lasciato un piacevole senso di appartenenza, per la maggior parte del tempo sono vissuto in periferia, quindi non saprei definirmi come un piccolo borghese, posso dire di conoscere le realtà periferiche, ma sono convinto che le origini siano importanti, tanto quanto il vissuto che ci ha caratterizzati. Riguardo il mio percorso di studio posso dire che non mi sono avvicinato subito alla scrittura, anche se non scrivevo male. Come gran parte dei percorsi di vita credo che non siano tutti rettilinei, si prendono strade diverse, poi ci si accorge di intravedere un percorso più adatto a noi e anche con le nostre apprensioni lo percorriamo con fiducia per passione, senza pretendere premi. La cosa particolare è stata questa dopo la laurea, parlo dopo diversi anni, decisi di prendermi un altro diploma, in ragioneria informatica, da quella esperienza, strano a dirsi, mi avvicinai alla scrittura, e sviluppai un tema a me caro il rapporto tra padre e figlio, così da questa mia idea nacque la trama del mio primo libro "Il chiarore dell'aurora", pubblicato diversi anni fa.
 
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Non c'è un momento temporale esatto che mi spinge a scrivere, anche se devo dire, ad essere sinceri, che preferisco scrivere la sera.
 
Il suo autore contemporaneo preferito?
Quando ho iniziato a scrivere il mio primo libro, sapevo dell'esistenza di un bellissimo romanzo distopico, scritto da George Orwell, "1984", ero incuriosito della storia così originale e della trama che si proiettava in un futuro immaginario
non lo lessi subito, aspettai che uscisse il mio libro, proprio per non avere dubbi su possibili influenze che avrei potuto ereditare. A parte alcuni grandi scrittori come Italo Svevo, Goffredo Parise, Edgar A. Poe, Fedor Dostoevskij, Achille Campanile, Tom Sharpe, Franz Kafka, ultimamente mi ha interessato Aldous Huxley, altro scrittore distopico, purtroppo non molto conosciuto in Italia.
 
Perché è nata la sua opera?
L'opera che ho scritto, "Happy Family", è uno spaccato come dissi della famiglia odierna. Non pretendo assolutamente di conoscere ombre e luci sulla famiglia, ma l'idea è nata con un senso ben preciso, non doveva essere un saggio, non doveva essere una storia drammatica, doveva condensare in realtà tutte quelle psicosi, manie, egocentrismi, suprematismi, egoismi che ognuno di noi vuoi o non vuoi, porta all'interno del nucleo familiare. La mia originalità se me lo posso concedere, è stata quella di averne parlato in modo ironico, satirico, in forma leggera, come un vento primaverile che lambisce il nostro viso, spesso ombroso. Volevo un sorriso, anche se non ho pensato a scriverlo come una sceneggiatura, gli spunti provengono dalla vita reale, anche se c'è abbastanza fantasia, c'è anche spazio per riflettere sul comportamento umano.
 
Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Non vorrei essere esagerato, ma penso che il mio vissuto in un modo o nell'altro abbia influito in maniera importante sulla possibilità di raccontare. Se facciamo attenzione ogni settore del vivere umano ci dà spunti sui comportamenti umani, io penso di averne fatto tesoro, non perché sia più preparato degli altri, ma credo che l'attenzione l'osservazione e il riflettere sui nostri comportamenti ci dia la possibilità di migliorare, anche se per il momento non vedo un'umanità evoluta, nonostante le avanzate tecnologie e le intelligenze artificiali, l'etica è l'ultima cosa che l'essere umano oggi possa seguire e forse non sa nemmeno cosa sia.
 
Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
È un modo per raccontare la realtà, per conoscere, ampliare lo sguardo su altri mondi, arricchirsi d'esperienza, anche perché scrivere vuol dire informarsi, vuol dire studiare per conoscere per scrivere con cognizione di causa e non a vanvera.
 
Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Vorrei poter nascondere qualche spunto su quello che ho scritto, ma sempre per essere sinceri anche se non posso fare una esatta percentuale su quanto ci sia di mio o meglio della mia famiglia nel mio romanzo, qualcosa c'è, ma vorrei tenerla nascosta al momento.
 
C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Nella stesura dell'opera posso dire che non ci sia stata una persona che si è rivelata fondamentale. Qualche spunto posso dire di averlo preso dai miei figli.
 
A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
A mio figlio, penso che abbia gradito il racconto.
 
Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Si, posso augurarmi che ci sia in un futuro prossimo, ma credo che sia fondamentale che in Italia si torni a leggere, ho visto e non credo di sbagliare, che la maggior parte delle persone ambiscono a scrivere, non che questo non sia possibile o augurabile, ma se esiste un mercato di autori automaticamente dovrebbe esistere anche un mercato di lettori.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Non sono in grado di giudicare, posso però dire, che se siamo così attenti anche nei mezzi di trasporto, a seguire in modo maniacale i social, attaccati all'auricolare del cellulare, ad ascoltare l'ultima canzone delle hit più importanti, i più grandi successi musicali, o guardare l'ultima fiction o film in streaming, dovremmo essere così attenti e volenterosi di ascoltare opere trasmesse in audiolibro.

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1 COMMENTO

  • Link al commento Chiara Palazzi inviato da Chiara Palazzi

    Complimenti per questo nuovo lavoro. Leggere i tuoi commenti è sempre molto interessante!

    Martedì, 17 Settembre 2024 14:51

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