Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Affabulare.
Credo che il termine più vicino alla mia idea di scrittura sia proprio affabulare;
ovvero, creare una storia, dare corpo a personaggi, generare azioni, definire luoghi ed esprimere sentimenti.
Trovo che poche altre forme espressive siano più complesse e allo stesso tempo complete come la scrittura.
Quello che amo di più della scrittura è il senso di trasporto che provo quando riempio una pagina bianca.
L’idea deve essere ancorata con una penna, poi affinata e rivista con un computer.
Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Credo tutta la parte che riguarda la lotta che il protagonista deve affrontare quotidianamente.
Il conflitto interiore dovuto alla trasformazione che sta avvenendo e quello con il mondo che lo circonda che sente sempre più lontano.
Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Scrivere questo romanzo ha significato dare forma alle voci che pretendevano di essere rappresentate.
Dare voce ai personaggi che rappresentano secoli di abusi e sottomissione che, purtroppo, hanno ancora riscontro nella quotidianità.
La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con sé stesso per deciderlo tra varie alternative?
La scelta del titolo non è stata molto semplice, perché in principio volevo che fosse messa in primo piano la figura del capitano Morrell, poi ho preferito sottolineare l’idea del viaggio e a quel punto è diventata protagonista la nave.
In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Una domanda piuttosto complicata…
Se sull’isola deserta ci fosse lo spazio per una libreria potrei rispondere senza esitazioni.
Ma dal momento che devo citare un autore, direi senza ombra di dubbio Hemingway!
Per la sua spregiudicatezza letteraria e per la sua capacità di creare dialoghi asciutti e identificativi del carattere dei personaggi.
Ebook o cartaceo?
Cartaceo tutta la vita.
Trovo che la tecnologia sia molto utile, ma non potrà mai sostituire il piacere di gingillarsi tra le mani quel piccolo mattoncino pieno di meraviglie.
Riconosco però le qualità del mezzo, ne ho fatto un largo uso nei miei viaggi.
Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Non sono sicuro di aver intrapreso una carriera da scrittore, anche se sono diversi anni che provo a sentirmi tale.
Comunque, saranno passati almeno trenta anni da quando ho iniziato a riempire i fogli con le mie parole per dare una struttura e un senso ai miei pensieri.
I pensieri possono diventare zavorre da cui si fa fatica a liberarsi e la scrittura è un valido aiuto.
Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
L’idea di questo romanzo l’ho avuta molti anni fa, quando scrivevo solo racconti brevi e piccole recensioni su un giornale locale.
Poi, quello che all’inizio voleva essere un romanzo fantasy si è evoluto nell’idea finale ed ho deciso di riscriverlo completamente, senza però eliminare del tutto la parte surreale e mistica del racconto.
Circa quindici anni fa mi trovavo in vacanza in Normandia, precisamente a Étretat, una località che si affaccia sul canale della manica, vicino Le Havre.
In una delle mie non rare fughe alla ricerca della solitudine ho trovato sulla scogliera una spianata panoramica, un luogo stranamente deserto sul quale si trovava una piattaforma utilizzata per la difesa della costa.
Mi sono fermato in quel posto perché, dopo aver lasciato libero sfogo allo sguardo, ho sentito l’esigenza di scrivere uno dei combattimenti navali che poi ho riportato nel romanzo.
Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
All’inizio un grande piacere; il lavoro di documentazione e la stesura delle prime idee che sgorgano impetuose è veramente appagante.
Poi, il senso di responsabilità nei confronti del proprio lavoro prevale e la parte puramente istintiva viene messa a tacere per fare spazio a quella più razionale.
Nel complesso un’esperienza importante che ripeterò nei prossimi racconti.
Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Nessuno.
Il libro o più precisamente il file per intero non è stato letto da nessuno, ma diverse persone hanno letto delle parti, ad eccezione di una editor che mi lo ha rifiutato dandomi però dei buoni consigli.
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
In molti casi può aiutare, che poi è il compito della tecnologia.
Ma trovo che abbia un limite.
Il romanzo letto da una voce che non sia la nostra è comunque frutto di una interpretazione.
Per fare un esempio, quando guardiamo un film la cui sceneggiatura è ricavata da un romanzo, noi consciamente o meno, stiamo vedendo l’interpretazione che ha dato a noi il regista e lo sceneggiatore.
Può essere molto bella e coinvolgente, ma non è la nostra