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BookSprint Edizioni Blog

19 Apr
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Intervista all'autore - Irene Ugolotti -

Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Non so cosa sia cercare di essere una poetessa, ma ecco quando vedo una poesia dentro una persona, provo a metterla per iscritto.
E dentro tutto mi si muove come una tempesta, curando le mie lacune e le mie ansie, sperando prima di tutto che questo aggiunga qualcosa alla vita dell'altra persona prima che alla mia.
 
Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Tanto, ad esempio il rapporto con mia mamma, o comunque tutto quello che è racchiuso nelle quattro barra, cinque tappe, le quali rappresentano la mia strada che mi ha portato qui oggi. Si perché molto spesso la tappa dello studio, molto trascurata. Infatti sui "ringraziamenti del libro mi sono accorta solo di recente, di non averla messa, ma nella sinossi sì dai...
A parte questo piccolo sipario, credo sia presente un po’ tutto quello che per me è sempre stato veramente presente nella mia vita sopra a tutto mia mamma in salute e in malattia. E quelle che sono state le mie mancanze, ad esempio quanto sia difficile a volte, contenere il fatto di avere dei nonni in cielo con cui non ho mai potuto condividere dei momenti felici o che semplicemente, non potevo prendermi cura di loro.
 
Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Espero la stella ch'io sto guardando, possa aiutare qualcuno a contarla per i suoi sogni, pur se si tratti di stare in soli e pochi istanti, ma insieme pur se distanti.
 
La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con sé stessa per deciderlo tra varie alternative?
Tutto è iniziato quando sul mio Instagram cercavo un nome che mi potesse rappresentare. Quando ho iniziato ad andare all'Università, ho cominciato a farmi vedere come "un.ire.ugo16" un nome che piano piano mi sembrava brutto e macchinoso. Poi, dopo che è uscito l'album "Solo" di Ultimo, iniziando ad ascoltare la canzone "Solo", quel nome macchinoso è diventato più armonioso, se così si può dire, ovvero "Solo Un Ire". Talvolta non riesco a tradurlo nemmeno io questo nome, so solo che spero possa unire tante persone. Dunque, dopo questo gioco, credo che fosse inevitabile, la scelta di usarlo come titolo del mio libro. Anzi, in realtà oltre a quel titolo non ne avevo altri in serbo.
 
In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Credo Hai Vent'anni di Gennaro Madera. Mi ha aiutato a perdermi, e a connettermi meglio con la musica che ascoltavo nel periodo dell'estate 2021, quando iniziai un po’ più seriamente a scrivere le poesie.
è grazie molto a lui, se ho trovato la via della poesia, riaccendendo la passione crogiolante della letteratura del '900.
 
Ebook o cartaceo?
Credo sia sempre meglio il libro cartaceo, il rumore delle pagine che si sfogliano. Il sentore e il profumo che lascia la pagina sfogliata...
 
Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittrice?
Durante i primi mesi del lockdown, ovvero da marzo 2020 in poi, studiavo anche 10 ore al giorno e più mi avvicinavo alla maturità, più mi irritavo. Cominciavo a mangiucchiare e dimagrire. Avevo preso pure il covid per tanti giorni in quel periodo. Stavo sempre di più ingabbiata in camera a studiare. Per me studiare, è sempre stata la mia ancora di salvezza a tutte le brutte situazioni in casa, o a quelle situazioni brutte che i miei fratelli sapevo dovevano vivere a scuola.
Ma ecco, in quel periodo l'unica cosa che riusciva a darmi sollievo, oltre a mia mamma e alle tre amicizie che avevo, era piangere mentre studiavo letteratura. Adoravo studiare le poesie, soprattutto quelle di Ungaretti, Alda Merini e tanti altri.
Poi ad agosto 2020 ho vissuto le più bellissime esperienze spensierate, e nel settembre 2020, venne a mancare un ragazzo, un vicino di casa, un amico stretto dei miei fratelli.
Poi dal suo funerale in poi, non riuscivo a capire per nulla cosa mi fosse successo, perché sentivo come mi se mi fosse stata data una cosa, un dono, da una persona che stava a confortarmi, come una sensazione che avevo colto. Un? emozione pari alla bellezza collaterale. Credo sia iniziato tutto così.
Poi un giorno mi sono esposta per la prima volta con una persona, confermatole che "prima o poi scrivo un libro su queste cose, veramente”, solo dopo che mi scrisse "mi hai fatto venire gli occhi lucidi". Ecco, questa persona aveva osato codificare.
 
Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
"Casa mia 'l tramonto
Tale Luce sua ch'appare la porta d'ingresso
la Chiave sua le persone che amo"
Uno scritto che è presente nel libro e sta a significare, che instancabilmente come tutt'ora, io cerchi di trovare il mio posto del mondo o un abito che mi stia a pennello da indossare. In realtà, credo il mio posto lo riesca a trovare solo nelle persone che sono la mia casa, le mie pareti, il mio interno.
Ho iniziato a scrivere il libro guardando prevalentemente e poi fino all'ossessione, la luce che chiamo "Tale Luce" (non c'è un motivo del perché ho dato questo termine). Ho iniziato quando la luce stessa decadeva, e quell'immagine davanti a me, non era altro che lo specchio di quello che provavo, della stessa cosa che provavo quando tutto stava letteralmente cadendo a pezzi, come un vicino di casa che ad un certo punto non tornò più a casa, nonostante mancassero veramente 3 minuti all'arrivo a casa sua.
E quello che ho ricevuto qualche giorno dopo quella tragedia, è stata una bellezza collaterale, in cui nulla era più importante della dolore e la bellezza uniti insieme in un unico corpo.
 
Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Questo libro mi ha tolto e dato tantissimo. Dovessi riguardarmi indietro, come purtroppo faccio molto spesso, e ripensassi a tutti i momenti di agonia che ho trasmesso agli altri, proverei ancora ribrezzo.
Dovessi riguardarmi invece nel dicembre 2019, quanto iniziai a leggere il libro di Susanna Tamaro "Il tuo sguardo illumina il mondo", direi a quella me di allora, che era pazza sgravata se fantasticava per la prima volta di scrivere un libro.
Oltre a ciò, delle volte mi sento in trappola, perché credo di non sapere vivere le emozioni come vorrei. La prendo come una responsabilità in balia del mio io scrittore. Ma ecco, quello che mi importa davvero, e quello per cui voglio vivere sempre, è cercare di trasmettere alle persone quello che ci passa dentro nel cuore.
Interrogarsi, senza cercare per forza le risposte che è come si vuol dire, ascoltarsi dentro.
 
Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
In modo ufficiale mia mamma, essendo che quando mi sono arrivate a casa le mie prime 100 copie, si era già presa una copia da sola senza chiedermi il permesso.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Penso sia una frontiera da solcare del tutto. è un modo diverso di ascoltare la musica credo, un po’ come per me, quando ascolto le canzoni con le cuffiette, è un modo diverso di leggere i libri. Per me la musica è stata sin dall'inizio di questo libro, una componente essenziale e fondamentale. In particolare con Ultimo.
Solo che, credo non sia adatto per il mio libro crearne uno, per il semplice motivo che il mio libro credo abbia bisogno interamente di essere reinterpretato solo con la propria voce interiore. Anche perché molto spesso nei miei scritti, tendo ad usare un modo scomposto e scorbutico. Non so ecco come questo possa realizzarsi.

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