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22 Giu
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Intervista all'autore - Annalinda Calabrese

Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Per me scrivere è come vivere due volte. Comporre un verso, rendere reali i pensieri di un personaggio, descrivere la bellezza di un paesaggio, l’atmosfera di un ambiente mi consente di ripercorrere nuovamente le medesime sensazioni...
, a volte, con la stessa intensità. Il fascino delle parole è quello di sapersi modellare sulle proprie visioni e di renderle concrete. Questo, unito alla bellezza emotiva, mi fa rivivere lo stesso stato d’animo che ha generato quel momento creativo. Quando scrivo provo piacere, trepidazione, timore e certamente appagamento, perché mi sento connessa con me e con ciò che vivo. Non è importante che sia un momento felice o drammatico, ciò che è emozionante è il filo diretto che si forma con quello che sento.
 
Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
I personaggi vivono di vita propria, ma essendo costruiti da noi, prima di diventare indipendenti si nutrono del nostro modo di vedere e di pensare, oppure agiscono in contrasto, perciò, c’è sempre un po’ di noi in loro. In questo libro certamente i luoghi mi appartengono, alcuni componenti del passato della protagonista, alcuni eventi e momenti, pensieri ed atmosfere.
 
Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Pagare un debito con me stessa, lo dovevo a me stessa, questo ha rappresentato scrivere quest’opera. Inoltre, man mano che mi addentravo nella storia e nei personaggi cresceva in me l’entusiasmo e l’amore per ognuno di loro e desideravo delineare il termine del loro percorso.
 
La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con sé stessa per deciderlo tra varie alternative?
Il titolo è fondamentale in un’opera narrativa, è il primo elemento di fascino. Quello di questo lavoro è nato dalla prima frase, quella che mi è frullata in testa prima di iniziare. È rimasto provvisorio per tutto il tempo della stesura e, alla fine, ho aggiunto qualche elemento per renderlo più particolare. Il rischio legato a questo titolo è quello di indirizzare il lettore su un genere diverso da quello che è in realtà, però, esso è cresciuto con il romanzo e nessuna altra idea mi è sembrata rappresentativa.
 
In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Di testi e autori del passato e contemporanei ce ne sono tanti, ma se dovessi scegliere, di sicuro, porterei Gabriel García Márquez e in particolare “Cent’anni di solitudine”. Lo stile dello scrittore in genere e, in particolare, per questo romanzo mi piace e mi commuove per il realismo in parte magico, a volte, surreale che ha il sapore delle credenze un po’ superstiziose di casa mia. Poi, mi affascina la scrittura lenta, capace di rappresentare atmosfere sonnecchiose e assurde, una scrittura che non sorvola sui fatti e sull’anima di luoghi e personaggi, ma li penetra trascinandoti con loro. Insieme a Márquez, porterei Oriana Fallaci e nello specifico “Un uomo” per il suo realismo a tutto tondo, vero eppure emotivo, e per la scrittura fresca ma non essenziale, giornalistica e allo stesso tempo empatica.
 
Ebook o cartaceo?
Preferisco il libro cartaceo per il fascino della carta stampata e perché il testo fisico può diventare un oggetto importante da chiosare, da sottolineare e rileggere nelle parti che abbiamo amato. Tuttavia, riconosco la potenzialità insita nell’Ebook, molto più pratico, ti permette di portare dietro ovunque vai una sorta di biblioteca.
 
Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Ho iniziato a scrivere fin da piccola. Scrivevo poesie, piccoli racconti, pensieri. Da adolescente ho scritto persino un romanzo acerbo, imperfetto. Ho indirizzato il mio percorso sulla realizzazione di questo sogno, però, la vita mi ha condotto su altre strade. Ho comunque continuato a scrivere anche se non un’opera strutturata. Scrivevo messaggi, auguri, lettere, momenti belli o brutti che si trasformavano in poesia o riflessioni, privati o condivisi con amici e parenti. Poi, ho deciso che fosse giunto il momento di tirare fuori dal cassetto il mio sogno.
 
Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Volevo scrivere un racconto di formazione, ambientato vicino a noi ma non ai nostri tempi. Mi stuzzicava l’idea di far partire la narrazione da un evento accaduto una sera d’inverno. Poi, è arrivato Argo e si è impadronito di tutta la scena, ha monopolizzato la narrazione ed è diventato il filo che unisce il tutto. Per descrivere i suoi comportamenti ed umori, mi sono ispirata alla mia cagnolina, una piccola Jack Russell, che, al contrario di Argo, ha paura anche della sua ombra, ma sprizza affetto da ogni pelo e, seppur grandicella, vuole giocare come una bambina.
 
Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Emozione esplosiva, da far tremare le gambe. Non c’è altro modo per descriverlo.
 
Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Mia figlia.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Interessante. Può diventare un mezzo per raggiungere chi non ama la lettura e si adatta alle nuove generazioni che possono ascoltare mentre navigano o fanno altro.

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2 COMMENTI

  • Link al commento Daphne inviato da Daphne

    Davvero un bel romanzo, i sentimenti che prova Ella sono descritti in modo così vero che io stessa li provavo mentre leggevo. In molte cose mi sono rivista e per questo non riuscivo a smettere la lettura, volevo sapere come i personaggi avrebbero affrontato i problemi ma anche le occasioni che la vita offre. Inoltre le pagine scorrono meravigliosamente, c'è il perfetto equilibrio tra narrazione, riflessione e poesia.

    Venerdì, 24 Giugno 2022 10:50
  • Link al commento Genny Calabrese inviato da Genny Calabrese

    Non ho staccato gli occhi dal cellulare per leggere l'intervista ???? dall'inizio alla fine. Una storia che definirei coinvolgente è poco. Complimenti!
    Aspetto che mi arriva il libro i

    Mercoledì, 22 Giugno 2022 14:38

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