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BookSprint Edizioni Blog

07 Mar
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Intervista all'autore - Ignazio Marras -

Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono nato settant’anni fa a Sestu, un paese a circa 10 chilometri da Cagliari, sei miglia, questo indica il nome. La mia famiglia, seguendo un flusso assai comune negli anni del boom economico, alla fine degli anni Cinquanta si trasferì al nord. Ci accolse un borgo immerso nel verde tra le Cinque Terre e la Lunigiana.
Ho un ricordo dolcissimo di quei primi anni e lo strazio del nuovo trasferimento, nei primi anni Sessanta, è stato solo in parte attenuato dal ritorno agli affetti familiari lasciati in Sardegna, dall’orgoglio per un papà che aveva fatto “carriera” (era stato nominato sottufficiale dell’Arma) e dalla capacità di adattamento della preadolescenza. Avevo, infatti, dodici anni quando, nel sessantatré, ci stabilimmo a Ghilarza.
Più sofferti furono i successivi traslochi, finché, a 22 anni, mi ritrovai a Guasila. Presto stabilii che quello doveva essere l’ultimo spostamento. Naturalmente non fu così: mio padre lasciò quella stazione nel 1980, ma io non lo seguii, perché, nel frattempo, avevo abbandonato gli studi di medicina, intrapresi senza troppa convinzione, avevo trovato lavoro come censore di disciplina a Villacidro, mi ero sposato con una Guasilese e avevo preso alloggio a Guspini. Ma la mia decisione di mettere radici a Guasila non venne meno, nemmeno dopo un ulteriore trasloco, e in quel paese della Trexenta costruii la casa per la mia famiglia. Dopo la laurea la mia carriera scolastica mi ha portato a spostare la mia sede di lavoro da Villacidro a Cagliari, poi a Sassari, San Gavino, Senorbì, ma il mio rifugio sicuro è sempre rimasto Guasila dove ho fatto crescere, con solido radicamento, i miei tre figli.
Quattro anni fa sono andato in pensione, dopo una vita trascorsa quasi interamente nelle istituzioni scolastiche, dove ho ricoperto ruoli diversi nel corso di lunghi, ma piacevoli e gratificanti, sessant’anni (!): scolaro, studente, censore di disciplina, istitutore, docente, vicerettore, preside, dirigente scolastico. La mia vecchia passione per la carta stampata ha ripreso pienamente vigore e mi sono immerso nella lettura di tutti i libri che non avevo avuto il tempo di leggere, soprattutto negli ultimi vent’anni in cui l’impegno scolastico era diventato decisamente totalizzante.
Spesso, specie nel presentare i libri di alcuni amici, mi sono definito un lettore. In un modo di scrittori. Ho, infatti, la percezione che le velleità letterarie di tanti, non siano supportate dai pochi lettori di tanta esuberante produzione. Tuttavia, quando lo scorso anno, il maledetto virus ci ha chiuso in casa, la grafomania ha colpito anche me. Ho scritto un giallo, ma ho piacevolmente scoperto che, insieme ad un intreccio, spero, avvincente, potevo inserire all’interno dello scritto alcuni temi cari alla mia visione ancora, per certi versi, adolescenziale della vita.
Ho ambientato, naturalmente, la storia nel paese che ho eletto a mio luogo del cuore e, pur inventando completamente caratteri e situazioni, ho immaginato di far interpretare la storia a persone da me ben conosciute. Ne è venuto fuori un lavoro che a me pare interessante e che mi ha permesso di ampliare le mie conoscenze e la mia capacità di riflessione. Spero che interessi, diverta e stimoli anche i miei colleghi lettori.
 
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
La mattina, preferibilmente molto presto, quando il resto della famiglia dorme ancora. Mi piace alzarmi presto per godere della piacevole luminosità delle prime luci dell'alba, dei suoni ancora ovattati della notte, dei pensieri sospesi tra la realtà e i sogni appena sognati.
 
Il suo autore contemporaneo preferito?
Alessandro Baricco. Non ho alcuna esitazione nell'indicarlo e ho letto molte delle sue opere, forse tutte, anche se non sempre riesco a padroneggiarne i significati. Tuttavia, sono sempre affascinato dalla sua straordinaria capacità di inventare personaggi, storie, atmosfere, che a me sembrano il corrispondente letterario dei quadri di Mirò.
 
Perché è nata la sua opera?
Io resto essenzialmente un lettore, ma, come un amante della musica si avvicina spesso ad uno strumento musicale e prova a trarne dei suoni, ho voluto mettere insieme delle parole per costruire una mia storia. Ho scoperto che, aldilà del risultato, scrivere è un'esperienza estremamente piacevole: consente di esercitare la fantasia e la creatività, analizzare meglio i propri pensieri e indagare a fondo la propria visione del mondo, cogliendone eventuali incongruenze e contraddizioni.
 
Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
L'ambiente, quello fisico, ma anche familiare, culturale, sociale, influenza inevitabilmente ogni aspetto della vita, ovviamente anche la propria formazione, compresa quella in ambito letterario. Nel mio caso aver cambiato in gioventù frequentemente residenza mi ha permesso di potenziare alcuni valori quali la tolleranza, il rispetto della diversità, l'accettazione e la comprensione. A scapito di altri quali l'identità culturale, la tradizione, il senso di appartenenza. Occorre, quindi, contemperare questi valori ed essere in grado di sviluppare senso critico che consenta di trarre da ogni contesto le risorse migliori, evitando la trappola di un attaccamento incondizionato. Talvolta è bene sapersi staccare almeno mentalmente dal proprio contesto, per non lasciarsene condizionare troppo. La lettura e, ho scoperto, anche la scrittura sono ottimi metodi per affinare la propria capacità di guardare a sé stessi e al proprio ambiente con la necessaria distanza.
 
Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Da ragazzo amavo moltissimo uno scrittore di fantascienza, forse il maggiore, ritengo, Isaac Asimov. Egli descriveva scenari fantastici, altri mondi, talvolta interi universi alieni, quindi quanto più lontano possibile dalla nostra quotidianità. Pura evasione? No, perché i sentimenti, le passioni, le perversioni e gli eroismi che racconta sono gli stessi che muovono le nostre azioni nella vita reale. Del resto, il suo impero galattico, di una celebratissima trilogia, non era altro che la trasposizione di un impero quantomai reale: l’Impero Romano.
 
Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Non ci si può nascondere quando si scrive, come quando si fa qualsiasi cosa che ci coinvolge mentalmente; si è personali e riconoscibili anche quando si esegue una registrazione di partita doppia, se lo si fa con convinzione. Quando è morto mio padre è mancata la luce a casa, in tutti i sensi, anche in quello più tecnico e materiale. Dopo il funerale mia madre decise di chiamare un elettricista per ripristinarne il funzionamento, ma il poveretto non riusciva a raccapezzarsi nell'intrico di fili realizzato da mio padre diversi anni prima. Avrebbe voluto rinnovare tutto l'impianto: mi opposi recisamente e, in breve tempo, io riuscii a individuare le connessioni molto inconsuete realizzate da quel tuttofare improvvisato che era il mio papà. Scatola di deviazione dopo scatola, riuscivo a ripercorrere lo schema elettrico e i ragionamenti che lo avevano determinato, intuendo dove avrebbe condotto il corrugato che partiva da un interruttore per riconnettersi a quel punto luce, con quale colore aveva sostituito il cavo rosso, esaurito, con un avanzo di un precedente lavoro... Nel racconto le incertezze di Iosto sono i miei dubbi, le insicurezze e le viltà di Alfio, sono le mie colpe segrete, la fragilità di Tiziano mette a nudo i miei rimpianti...
 
C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
No, devo dire di no, in questo caso. Ho lavorato quasi di nascosto, vergognandomi di questa mia passione, quasi fosse una debolezza. Scrivevo la mattina presto e mia moglie, scoprendo questo mio digitare al computer per alcune ore ogni giorno, deve aver persino pensato che avessi una corrispondenza segreta con qualche altra donna.
 
A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Il primo ad aver letto il mio romanzo è stato mio figlio. Ha scoperto tra le mie cose la copia della prova di stampa inviatami da BookSprint e l'ha voluta leggere. Da quando è diventato padre a sua volta gli è venuta voglia di conoscere meglio il suo, di padre. Nel libro ha individuato molti aspetti della nostra realtà paesana e qualcosa della mia visione del mondo. Mi fa piacere questa sua curiosità e, in qualche modo, il nostro rapporto ne esce migliorato.
 
Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Sì, certo. Trovo il libro digitale molto comodo ed economico e la mia libreria sullo smartphone è già molto fornita. Non credo che il cartaceo verrà del tutto abbandonato, ma certamente l'ebook servirà ad incrementare di molto il numero dei lettori. Sono sicuro che anche i motivi che inducono ancora molti a preferire i libri tradizionali, saranno presto superati. Certo, niente potrà restituirci il piacere di sentire fra le dita il frusciare dei fogli o il profumo dell'inchiostro di stampa, ma già ora è possibile avere una visione d'insieme scorrendo le pagine, annotare a margine le nostre osservazioni, evidenziare i passi più interessati, lasciare dei segnalibri, e penso che, nel tempo, queste operazioni saranno rese sempre più simili alle stesse azioni manuali.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Da bambino, nei pomeriggi estivi, mi divertivo moltissimo a giocare insieme ai miei coetanei con le biglie, i tappi, le figurine Panini e niente riusciva a distoglierci, neppure il richiamo delle nostre mamme, che spesso fingevamo di non sentire, ma, appena vedevamo uscire Gidò (forse Gildo, non l'ho mai saputo), interrompevamo ogni gioco per seguire con attenzione le sue mosse, quasi fossero i preparativi di una rappresentazione teatrale. Gidò usciva di casa con una sedia impagliata in mano, la sistemava con attenzione all'ombra del fico, in giardino, stando attento che fosse stabile nell'acciottolato e che il sole non la colpisse neppure nelle ore successive, poi tornava dentro lasciando l'uscio aperto. Quello era il nostro sipario. Da lì, dopo pochi istanti sarebbe uscito lui: B'gnà (sono quasi sicuro che B'gnà stesse per Beniamino). Era un vecchio alto, magro, quasi ascetico, con un maestoso bastone bianco. Gidò lo accompagnava alla sedia, quindi si allontanava rispettosamente. Noi, cinque, sei bambini, ci eravamo nel frattempo seduti per terra sotto il fico e lo spettacolo poteva cominciare. In un paese lontano c'era una volta... B'gnà era un vecchio cieco e, con una meravigliosa voce autorevole e sicura, ci trasportava in mondi incantati raccontandoci, con maestria da vero attore, storie fantastiche. Era il nostro audiolibro.
Certo, a me piace vedere le parole scritte, studiarne la disposizione anche spaziale nel testo, pensarle col mio ritmo, fermarmi a riflettere sul contenuto, riprendere rispettando i miei tempi, magari evidenziando un passo, ma il ricordo del fiato sospeso col quale seguivamo i racconti del nostro Beniamino, mi convincono che la mia passione per la lettura sia anche merito di quei pomeriggi estivi. Inoltre, penso a tutte quelle situazioni nelle quali l'audio supplisce efficacemente all'impossibilità della lettura: un lungo viaggio in auto, l'attività sportiva con le cuffie, l'affaticamento della vista dopo aver passato una giornata al pc...

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