1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Nato a Milano, trascorsi gli anni '50 a Livorno presso l'Accademia Navale vivo a Grosseto dal 1961. Felicemente sposato con un figlio, una figlia e una nipote di sei anni. Il lavoro (Tecnico ENEL) mi ha portato per lo più in campagna. Il tempo libero lo condivido con mia moglie.
Facciamo parte della giuria del premio di poesia "Elisabetta Fiorilli" a Grosseto giunto alla XXVI edizione. Abbiamo fatto parte della corale "I Madrigalisti di Magliano in Toscana" con repertorio dedicato alla polifonia rinascimentale, e ci dedichiamo ai canti tradizionali del maggio con vari amici, trasmettendo queste passioni ai figli. Scrivo narrativa e poesia fino dalle scuole medie. È stato un impulso spontaneo a farmi iniziare e ancora deve esaurirsi. Vent'anni fa sono riuscito a smettere di fumare, ma non credo che smetterò mai di scrivere.
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Il momento migliore, per me, sarebbe al mattino. Comunque, nell'arco della giornata, ogni momento è buono. Non ho l'abitudine di trascorrere ore intere in questa attività, di solito metto su carta ciò che mi viene in mente volta per volta durante la giornata senza neppure seguire il percorso della narrazione. Mi ritrovo a volte ad avere scritto l'inizio e la fine e dover riempire lo spazio vuoto.
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Molti, da Eco a Camilleri, a Piovene etc. I contemporanei però non credo di conoscerli tutti.
4. Perché è nata la sua opera?
“Maybe” è nata da un sogno e dalla sfida di concretizzarlo in una forma narrata che fosse accettabile e coinvolgente.
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Ho trovato nelle biblioteche un buon supporto per le mie ricerche e alcuni amici appassionati alla lettura mi hanno fatto sentire meno solo in un mondo che legge sempre meno.
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Secondo me alla realtà non si sfugge. Scrivendo ci creiamo una evasione nella quale la vita, espulsa dalla porta principale, rientra in punta di piedi da quella di servizio. Spesso ce ne accorgiamo solo rileggendo a distanza di tempo ciò che abbiamo scritto.
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
A parte quei romanzi dichiaratamente autobiografici, ognuno senza dubbio lascia qualcosa di sé stesso "seminato" qua e là persino in un racconto del tutto immaginario. Nel carattere dei personaggi principali e secondari, nel costruire le situazioni e nel risolverle ognuno vi si cala più o meno consapevolmente e vi lascia per forza qualcosa di suo. Ho sempre pensato che se venisse affidata a dieci persone la scrittura di un racconto fornendo loro la trama meticolosamente descritta dall'inizio alla fine, ne verrebbero fuori dieci racconti diversi. Sarebbe un esperimento interessante.
8. C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Mia moglie e molti amici che mi hanno sempre incoraggiato senza risparmiare le critiche quando si rendevano necessarie. Penso che critiche e suggerimenti debbano essere sempre ascoltati con attenzione, fermo restando che l'ultima parola tocca all'autore.
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
A mia moglie come sempre.
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Penso di sì, perché il tempo di tenere un libro in mano comodamente seduti in poltrona sembra che non lo abbia più nessuno.
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Come accennavo nel punto precedente, il modo migliore di leggere è secondo me tenere un libro in mano. Nell'impossibilità di ciò qualsiasi alternativa che mantenga vivi l'abitudine e l'interesse per la lettura è bene accetta.