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BookSprint Edizioni Blog

26 Mag
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Intervista all'autore - Paolo Tortorici

1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?

Scrivere per me vuol dire trasferire al lettore le emozioni, le passioni, le tensioni interne e renderlo partecipe dei fatti narrati. Capisco di esserci riuscito quando rileggo quello che avevo scritto e rivivo appieno l’episodio che cercavo di raccontare, fino a commuovermene o a sorriderne, a seconda del contenuto.



2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?

Credo che in ogni romanzo ci sia sempre parte della vita reale dell’autore. Anche in questo romanzo, nonostante l’argomento e l’ambientazione poco consueti, c’è parte della mia vita reale, delle mie pulsioni, dei miei dubbi sugli aspetti umanitari, politici e religiosi. Nel romanzo si narra di vicende drammatiche. Chi opera agisce sperando di essere nel giusto, ma non può averne certezza. E se sta sbagliando? Se invece di portare pace e benessere porta altro danno e aggiunge dolore al dolore? Il protagonista, e in parte anche gli altri personaggi del romanzo, cercano di risolvere i loro dubbi in proposito. Sono anche i miei dubbi e saranno anche quelli dei lettori, se la lettura riuscirà a coinvolgerli.



3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.

Anche se in un finale drammatico, sperare che in fondo al tunnel si intraveda la luce e si ritrovi la pace e il bene.



4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?

Nessun combattimento. Avevo immaginato un titolo ancora più semplice: “Il soldato”. Poi ho preferito “Il soldato e il ragazzino”, più aderente al contenuto del romanzo.



5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?

Penso che in un’isola deserta gradirei avere con me le opere di uno scrittore capace di farmi riflettere sui temi fondamentali del pensiero e che al contempo sapesse tenermi sufficientemente allegro se non addirittura spensierato. Mi riferisco a Luciano De Crescenzo che con le sue opere sulla storia della filosofia, e con la sua arguzia, ha saputo riavvicinarmi con piacere agli studi liceali e ha saputo farmi vivere con il suo stesso entusiasmo quella “napolinità” che descrive così bene nelle altre sue opere, spesso solo apparentemente non filosofiche.



6. E-book o cartaceo?

Leggo volentieri l’e-book, ma subisco il fascino del cartaceo. L’e-book è solo lettura, il cartaceo lo tieni anche fra le mani, lo soppesi, ne sfogli le pagine, lo riponi. C’è una ritualità che mi appaga. Sicuramente la diffusione dell’e-book è inarrestabile e il futuro sarà suo, ma preferisco il cartaceo e non credo di essere l’ultimo dei romantici.



7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?

Ho deciso dopo il pensionamento. Avevo voglia di scrivere. Non l’avevo mai fatto e mi rammarico di non averci pensato prima. Mi piace sempre più farlo, ho completato il quinto romanzo e ne ho altri due in cantiere.



8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?

Alla televisione avevano fatto vedere il servizio dello sgozzamento di un militare da parte di un militante dell’ISIS. Mi sono chiesto cosa pensavano in quel momento quell’uomo e il suo aguzzino e ho iniziato a scrivere.



9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?

Ho sempre scritto solo per me stesso e non pensavo a una stampa “ufficiale” dei miei lavori. Indubbiamente però la pubblicazione dell’opera dà molta soddisfazione e spero che susciti anche l’interesse del pubblico.



10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?

Ho due amici che si sono interessati o hanno operato nel giornalismo e ho inviato loro i miei romanzi, fra cui quello in discorso. Entrambi mi hanno invogliato a tentarne la pubblicazione e la Book Sprint, con mio grande piacere, ha accolto positivamente la mia richiesta in tal senso.



11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?

Non la condivido. Non capisco perché dovrei demandare ad altri il piacere di leggere e accontentarmi delle altrui interpretazioni e intonazioni nella lettura. Inoltre mi distraggo talmente da non riuscire più a seguire il filo logico.  

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