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23 Ott
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D'amore non si muore…

Ho ripreso tra le mani un quaderno comprato a New York tanti anni fa.
La copertina è bella rigida, bordata di colore rosso cupo, quasi bordeaux.
Al centro della copertina, su fondo panna, disegni di frutta. Mele, pere, fragole, uva. Colori tenui, autunnali, rilassanti.
Le pagine sono simil pergamena, tutte vuote, da riempire.
Chissà perché comprai questo quaderno e perché poi proprio a New York.
Quante volte l’ho aperto, quante volte avrei voluto scrivere. Ogni volta però, puntualmente, il quaderno è sempre stato rimesso a posto.

Ma non questa volta. Dopo tre anni di solitudine e sofferenza, questa volta quelle pagine iniziano a riempirsi. Si tingono dei ricordi vivi di un amore passato, dell’incredulità e del dolore di un ragazzo lasciato solo nel suo malessere. Un senso di vuoto, di incompletezza che si fa largo foglio dopo foglio, attimo dopo attimo, memoria dopo memoria. Perché, dopo dieci splendidi anni di una storia d’amore vissuta tra le note della musica, l’unica cosa che quel ragazzo voleva era amare.
Susy D’Esposito, medico napoletano con la passione per la musica che l’ha portata a scrivere alcuni testi di canzoni, debutta anche nel mondo della narrativa con “Volevo solo amare”, il suo primo romanzo di 220 pagine pubblicate dalla BookSprint Edizioni anche nel formato ebook
Un uragano che travolge la vita monotona e apparentemente piatta del protagonista, una cantante che sconvolge tutti i suoi ritmi, i suoi orari. Due mondi apparentemente lontani che s’incontrano e si fondono in una illusione d’amore che, dopo dieci anni, trova il suo capolinea in un Capodanno che doveva essere come tanti altri. Al cospetto delle tante verità negate, in un attimo svaniscono presente, passato e futuro, relegando il sentimento in un tempo non più recuperabile.
“Volevo solo amare”,una storia d’amore raccontata da una donna ma vista con gli occhi di un uomo. Perché la sofferenza per un amore finito è sempre la stessa e perché “d’amore non si muore, no, ma non si vive più”.

 

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Mercoledì, 23 Ottobre 2013 | di @Dario D’Auriente