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14 Lug
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Intervista all'autore - Tommaso Lapenna

1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?

Sono nato sotto una tenda perché mentre io nascevo, c'era il terremoto ad Orta Nova (Fg) e insieme alla terra, tremava anche mia mamma perché in quelle condizioni doveva far uscire un bambinone di 5 Kg e mezzo. Andò tutto bene e iniziai la mia esistenza nel caldo torrido di Orta Nova, seguito dall'emigrazione nelle fitte nebbie di una Torino piena di grandi opportunità, la successiva integrazione, gli studi, i primi amori, le prime delusioni e finalmente il tanto sospirato riscatto sociale. Nel 1970, grazie ad Antonietta, conobbi una piccola frazione valdostana, Margnier, che fa parte del comune di Chambave.

Iniziai quindi a conoscere i suoi abitanti con le loro particolari abitudini ed esplorai il paese che era fatto di tante casette in pietra, addossate una contro l'altra, quasi a difendersi dal freddo invernale e in una di quelle passeggiate, mi ritrovai circondato da tanti ruderi sonnecchianti che, appena sentite le nostre voci, iniziarono a svegliarsi dal loro torpore centenario. Quando decidemmo di allontanarci da quei ruderi, dissi ad Antonietta che quelle case non avrebbero mai più avuto una nuova vita e da allora la mia vita, il mio lavoro, prese una strada che rese possibile, in un arco di tempo di 45 anni, la realizzazione della mia "impresa impossibile".

 


2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?

Da quando sono in pensione, la giornata tipo è scandita da impegni verso l'assistenza di uno dei quattro nipotini, oppure sono impegnato in uno dei mille lavoretti che sono obbligato a fare. Trovo quindi la tranquillità della scrittura, durante le ultime ore della giornata, prima di andare a dormire. Se invece ho qualcosa di urgente da scrivere, riesco ad alzarmi anche alle 4 del mattino.



3. Il suo autore contemporaneo preferito?

Durante la mia vita, ho sempre studiato e lavorato tanto e ho però sempre dedicato un'ora alla lettura dei giornali. Il tempo a disposizione per la lettura di libri è stato sempre scarso e quando ci riuscivo, ho sempre scelto autori che narrano della vita di tutti i giorni come ad esempio Mauro Corona.



4. Perché è nata la sua opera?

Durante il periodo in cui ho realizzato la mia "impresa impossibile" a Margnier, durata 30 anni di lavoro e con 20 atti notarili, ho tante volte letto di altre persone che avendo ristrutturato una casa ma in un comune valdostano importante, ricevevano plausi che io non ho mai ricevuto. In questo lungo periodo, ho visto anche una sempre maggiore desertificazione dei posti come Margnier a vantaggio di quei pochi posti provvisti di tutti i comfort e con impianti sciistici all'avanguardia. Al termine dei miei lavori ho deciso che dovevo far conoscere questa storia di amore e attaccamento ad una realtà povera come Margnier, ma ricca di sentimenti con gente vera che vive ancora oggi di usanze centenarie con il pane nero d'inverno, la grappa fatta nell'alambicco della frazione, il vino, le mucche e tutto ciò che caratterizza la vita tra veri valdostani.



5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?

Scrivere questo libro è stato per me uno sfogo alle mie ansie e al termine, è stato come essermi tolto un peso dal mio povero cuore. La nostra mente, il nostro corpo, arriva dopo una vita in continuo movimento ad essere piena di sensazioni positive e negative e quando il serbatoio diventa pieno, questa mia scrittura, mi ha aiutato a scaricarmi e a regalarmi una sensazione di leggerezza.



6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?

Per me è stato raccontare una realtà vissuta troppo intensamente e troppo velocemente. E' stato come vivere i primi 9 anni nel caldo torrido di Orta Nova (Fg), poi immergermi in una Torino difficile e bella, piena di opportunità e dal 1970 vivere contemporaneamente tra Torino, San Benigno Canavese e Margnier. Una continua corsa in salita, piena di sentimenti contrastanti fino ad arrivare a questo libro.



7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?

C'è tutto me stesso con le mie ansie, paure, testardaggini, soddisfazioni.



8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?

Quest'opera l'ho iniziata dopo la morte della mia mamma Eugenia avvenuta a giugno del 2014. Ho voluto raccontare a modo mio una storia comune a tante altre e raccontare le combinazioni che si sono succedute, dopo quel causale incontro con quelle pietre antiche di Margnier.



9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?

L'ho fatto leggere ad una insegnante e giornalista che ha avuto l'incombenza di leggere e correggere l'opera ma che è stata allo stesso tempo, psicologa per dover comprendere il corretto significato del mio altalenante scritto.



10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’e-book?

Avere tra le mani un libro e sfogliarlo, è una sensazione unica. L'e-book è una opportunità per giovani che hanno una buona vista e un tablet a disposizione. l'e-book poi, costa meno e quindi avrà un grande futuro. Per vecchietti come me, invece, il cartaceo è una bella sensazione.



11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?

L'audiolibro è una nuova frontiera che potrà piacere alle persone impegnate in qualche altra attività manuale come ad esempio, un autista o uno addetto ad un lavoro ripetitivo. I miei 67 anni, mi fanno dubitare che il mio libro possa avere maggiore successo, se letto da una donna piuttosto che un uomo. Non riesco ancora a dare un giudizio definitivo. Trovo la lettura personale, più indicata per la mia tenera età.



 

 

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Martedì, 14 Luglio 2015 | di @BookSprint Edizioni

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