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12 Ott
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Grande troppo in fretta

Sensibilità, dolcezza, emozioni e tristezza si condensano tutte in “Una bambina cresciuta troppo in fretta”, opera prima in parte autobiografica della vicentina Monica Zordan. 124 pagine, disponibili anche in formato digitale, editate da BookSprint Edizioni che ha creduto fortemente in questa autrice nata in Germania, ma che vive in Italia dall’età di cinque anni e che ha, come sogno nel cassetto, quello di vedere un giorno al cinema la propria storia.

E proprio a cinque anni la piccola Angelica si ritrova a dover affrontare una vita più grande di lei, fatta di preoccupazioni, problemi e malattie, quando invece non dovrebbe far altro che giocare e divertirsi come tutti i bambini della sua età. Ma Angelica no, Angelica non può. Angelica si ritrova a veder abbattere il suo cagnolino che l’ha aggredita in un momento di poca lucidità, a dover subire il carattere di un padre che voleva un maschietto e che pensa più ad apparire che all’essere, a dover curare la malattia di questo padre dalla personalità enigmatica, ad aiutare una madre incapace di ribellarsi alla presenza delle amanti del marito nella propria casa.

 

Il romanzo ripercorre, in un crescendo tumultuoso di sfortunati eventi e poche note liete, l’esistenza decisamente problematica di questa bambina, davvero troppo cresciuta in fretta. Una bambina che non ha mai avuto il tempo per essere spensierata, a cui la vita non ha mai sorriso, nemmeno quando, da adulta, sembrava che grazie a Paolo le cose potessero finalmente prendere una piega diversa.

Una storia tragica con un tragico epilogo, che tocca il cuore e coinvolge fino alle lacrime. Il tutto raccontato dalla forza e dalla tenacia di Monica Zordan, che dalle ceneri è saputa ripartire prendendosi oggi quei regali che la gioventù non le ha mai donato.
E che nel buio della notte ha trovato l’ispirazione giusta per raccontare una storia con una scrittura semplice e pacata, appartenente solo a chi è dotato davvero di una grande sensibilità e forza d’animo.

Sabato, 12 Ottobre 2013 | di @Dario D’Auriente