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24 Giu
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Intervista all'autore - Elio Pollichino -

Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Per me scrivere è un modo per tornare a me stesso. È come aprire una porta e ritrovarsi in un luogo dove nessuno giudica, dove posso dire tutto, anche quello che nella vita di tutti i giorni rimane chiuso dentro.
Non ci sono filtri, solo io e lo schermo e tutto il resto rimane fuori. Quando scrivo mi sento libero, come se riuscissi finalmente a dare voce a pensieri ed emozioni che spesso, per abitudine o timore, rimangono in silenzio. È un rifugio, un porto franco, ma anche una scoperta continua. A volte non so neanche io cosa verrà fuori, ed è proprio questo che mi piace di più.
 
Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
In apparenza poco, perché si tratta della biografia di un santo vissuto otto secoli fa. Ma, a dire il vero, c’è molto di me tra le righe. Ho scelto di raccontare Francesco non come un’icona irraggiungibile, ma come un uomo, con i suoi dubbi, le sue ferite e quel bisogno profondo di dare un senso alla propria esistenza. E nel farlo, inevitabilmente, mi sono guardato dentro. Ogni volta che studiavo la sua vita, che cercavo di capire i suoi silenzi, i suoi gesti, era come se facessi un viaggio anche dentro me. Le sue emozioni sono le stesse che viviamo tutti. Forse è per questo che scrivere questo libro è stato così intenso.
 
Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Scrivere questo libro ha segnato un punto di svolta nella mia vita. Ho sempre amato scrivere, ma non avevo mai davvero dato spazio a questa passione. Era rimasta in un angolo, come qualcosa da fare, un giorno. Poi, nel 2022, sono andato ad Assisi per la prima volta. E quando, dalla valle, ho visto la Basilica di San Francesco stagliarsi sulla collina, qualcosa dentro di me si è acceso. Non saprei spiegare esattamente cosa sia successo, ma so che da quel momento nulla è stato più come prima. È stato un colpo di fulmine, per la città, per l’atmosfera, per quel luogo intriso di silenzio e di storia. Passeggiando per le strade antiche, immaginando Francesco un tempo spensierato con i suoi amici, poi povero e scalzo, ho sentito il bisogno di raccontarlo. E così ho riscoperto il piacere della scrittura. Questo libro è nato da lì, da un’emozione improvvisa che mi ha cambiato dentro.
 
La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con sé stesso per deciderlo tra varie alternative?
No, non è stata una scelta facile. Sapevo dall’inizio che volevo il nome “Francesco” ben visibile, ma cercavo anche qualcosa che andasse oltre, qualcosa che potesse lasciare un’impronta nella mente di chi legge. Ho passato giorni a cercare le parole giuste. Poi, quasi per caso, è arrivata questa frase: “L’uomo che volle cambiare il mondo”. E ho sentito che era quella giusta. Perché alla fine, al di là della santità, Francesco è stato davvero questo: un uomo che ha avuto il coraggio di rompere gli schemi, di seguire la voce del cuore e cambiare il mondo… a modo suo, senza spade, senza violenza, ma solo con la forza dell’amore.
 
In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Domanda difficile, perché sceglierei volentieri un’intera valigia di libri. Ma se proprio dovessi sceglierne uno, credo porterei Carmilla di Sheridan Le Fanu. È un romanzo breve, ma intenso, capace di trascinarti dentro una dimensione sospesa, misteriosa, a tratti inquietante… il tutto con una scrittura semplice e avvolgente. Amo lo stile gotico romantico dell’Ottocento, e Carmilla è una piccola gemma di quel genere.
Quanto allo scrittore, non ho dubbi: Alessandro Barbero. Portarlo con me, anche solo attraverso i suoi libri, significherebbe non essere mai veramente solo. Ha la capacità unica e straordinaria di farti “vedere” quello che racconta. Che si tratti della Firenze medievale o di una trincea della Grande Guerra, ti sembra di esserci dentro, tra la folla o nel fango, mentre lui ti guida con precisione e passione.
 
Ebook o cartaceo?
Cartaceo, tutta la vita. Amo la tecnologia, ma un libro vero, tra le mani, è un’altra cosa. Non si può sostituire il gesto di sfogliare le pagine o di odorare la carta. Inoltre, mi piace l’idea che un libro letto più volte porti i segni del tempo su di sé. E poi, uno scaffale pieno di libri, credo rimanga un’esperienza visiva dal fascino intramontabile.
 
Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
In realtà, non mi considero affatto uno scrittore. Scrivere è qualcosa che ho sempre fatto per me, in silenzio, senza l’idea di condividerlo con altri. È il mio rifugio mentale: c’è chi fa yoga, chi medita… io apro il laptop e scrivo. È il mio modo per mettere ordine nei pensieri, per lasciare andare ciò che altrimenti resterebbe imprigionato dentro.
Solo di recente ho iniziato a chiedermi se quello che scrivevo potesse interessare anche a qualcun altro. E così, tra mille dubbi, ho deciso di condividere, per il semplice desiderio di far arrivare qualcosa di mio a chi legge.
 
Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Tutto è cominciato nel 2022, quando sono andato ad Assisi per la prima volta. Non sapevo ancora che quella città mi avrebbe cambiato. Ricordo ancora il momento in cui ho visto la Basilica di San Francesco emergere dalla collina: è stato come ricevere un richiamo, qualcosa di profondo, che non so spiegare razionalmente. L’anno dopo ci sono tornato con la mia famiglia, e l’emozione è stata ancora più forte. C’era qualcosa in quei luoghi, nelle pietre, nei silenzi, che mi parlava.
Così ho iniziato a leggere, a studiare tutto ciò che riguardava Francesco. E più mi addentravo nella sua storia, più mi accorgevo di quanto il tempo l’avesse in parte rivestita di leggenda, di quante versioni esistessero, a volte discordanti. È lì che ho sentito il bisogno di raccontarlo a modo mio. Non come uno storico, ma come qualcuno che voleva riscoprire l’uomo dietro al santo. E restituirgli, se possibile, una voce più autentica, più vicina e più umana.
 
Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
È un’emozione difficile da descrivere. Dopo quasi due anni passati a scrivere, rileggere, correggere, dubitare, tornare indietro e poi ripartire, quel testo diventa una parte di te. È come una creatura che cresce sotto i tuoi occhi, giorno dopo giorno, parola dopo parola. E poi, eccolo lì: un libro vero, con una copertina, delle pagine e l’inconfondibile profumo della carta.
Vederlo prendere corpo è una gioia immensa, ma anche un momento delicato. Ti chiedi se piacerà, se riuscirà ad arrivare al cuore di chi lo leggerà. Ma, al di là di tutto, resta la sensazione di aver dato forma a qualcosa che ti apparterrà per sempre.
 
Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Mia moglie. La persona che mi ha spinto a pubblicarlo e che ci ha creduto fin dall'inizio.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Mi affascina molto. Resto legato al libro cartaceo, ma credo che l’audiolibro sia una forma espressiva con un potenziale enorme. Se letto con la giusta voce, col giusto ritmo e quel tocco di pathos che sa dare vita alle parole, può trasformarsi in un’esperienza davvero unica. In un’epoca in cui il tempo spesso manca, poter “leggere” con le orecchie diventa un’ottima alternativa per non rinunciare al gusto di un buon libro.

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