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23 Set
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Intervista all'autore - Chiara Pasquini -

Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittrice?
Vengo da un paese in provincia di Pordenone: Azzano Decimo. Scrivere per me è sempre stata un'esigenza più che una decisione:
il senso di appagamento che ne ricavo, la rende una necessità per il mio cervello, la mia creatività e la mia anima. Scrivendo formulo meglio i pensieri, esprimo più chiaramente ciò che provo; con il foglio non ho i segreti che nascondo alle persone... quando poi ho iniziato a condividere ciò che scrivo, alcuni mi hanno detto che leggono tra le righe quello che avrebbero voluto dire loro, si riconoscono nelle mie parole, si capiscono attraverso le mie autoanalisi... Così la scrittura è diventata un mezzo di comunicazione, oltre che di espressione e mi piacerebbe riuscire a farlo con più persone possibile...
 
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Io scrivo la sera, spesso con la luce spenta. Il buio evoca la conclusione, la fine e, con essa, è momento di bilancio, di riflessione, di confessione... non ci sono più cose da rimandare, maschere da sostenere, ruoli da vestire: è momento di intimità, di nudità, di trasparenza con sé stessi e con la vita...
 
Il suo autore contemporaneo preferito?
I miei autori preferiti variano a seconda del momento che sto vivendo: cerco nei libri ciò di cui bisogno, siano esse risposte o domande, sogni o realtà, scoperta o conferma. Attualmente sono molto presa dai libri di Joel Dicker: amo la sua capacità di coinvolgere il lettore, con una ricchezza di dettagli che ti catapultato direttamente nelle scene, al punto da sentire la mancanza dei personaggi quando le storie finiscono.
 
Perché è nata la sua opera?
Questa mia opera è nata durante la malattia di mio padre e dopo la sua dipartita. Mentre nella mia quotidianità affrontavo con forza e determinazione le difficoltà e le scelte, sentivo il bisogno di trovare uno spazio in cui concedermi di esprimere tutte le mie paure, le mie insicurezze, i miei sensi di colpa, la mia tristezza per ciò che stava accadendo e che non doveva trapelare di fronte agli altri. Uno spazio di fragilità...
 
Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Io devo ringraziare i miei genitori che mi hanno cresciuto credendo profondamente nel valore dello studio. Ci hanno fatto frequentare le scuole migliori del paese, seguendo con interesse i nostri percorsi formativi. Così ci siamo appassionati alla lettura, alla scrittura, al sapere. Ancora oggi in casa nostra è una gara tra chi sa più cose su vari argomenti di quotidianità.
Personalmente, poi, non mi vergogno di dire che ho imparato molto sul dare un nome alle emozioni, sullo smascherare pensieri di copertura, sull'esprimere a parole il proprio sentire grazie ad un lungo percorso di psicoterapia che nella mia ho affrontato. Per questo mi piace pensare che la mia esperienza in questo campo possa essere di aiuto a chi non ha avuto la possibilità di capirsi meglio...
 
Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Entrambe le cose: dipende dal bisogno a cui risponde e può variare nel tempo. Per me, personalmente, è un modo di raccontare la realtà e sempre da un punto di vista soggettivo, con focalizzazione sul vissuto interiore. La realtà dipende sempre da chi la vive e la racconta: non c'è una realtà oggettiva. Può esserci una narrazione di fatti, ma reale è tutto ciò che è vissuto, pertanto è sempre diverso in quanto filtrato dalla persona.
 
Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Tutto. Io so scrivere solo ciò che mi appartiene. Non so inventare, non so trasformare, non so narrare se non passando attraverso ciò che sento e vivo dentro. Il mio non è amore per la scrittura in sé, ma della scrittura per me...
 
C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
La mia psicoterapeuta! È lei che si è assunta l'arduo compito di aiutarmi a credere in me stessa e nelle mie capacità! È lei che mi spinge ad osare quando non mi sento all'altezza, a fare quando il dubbio mi paralizza...
 
A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
A mia mamma che ha vissuto insieme a me la malattia del papà. Non è riuscita a finire di leggerlo perché la faceva rivivere quei momenti difficili... ancora oggi non so se è mai arrivata all'ultima pagina...
 
Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
La scrittura merita qualsiasi forma, l'importante è che abbia futuro. Che sia ebook o cartaceo, che sia lettura di gruppo o personale, che sia anche libro parlato queste sono scelte solo del lettore, non dello scrittore né della scrittura. La scrittura va diffusa in più forme affinché possa raggiungere tutti i tipi di lettore.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
È un buono strumento, uno dei tanti strumenti di diffusione della scrittura. Può essere utile per certi tipi di lettore e gradita per altri che scelgono particolari momenti per dedicarsi al libro. Personalmente amo soffermarmi sulle parole, rileggere frasi, fare le orecchie ai libri sulle pagine che mi piacciono di più, sottolineare e scrivere a fianco le mie annotazioni o i miei simboli. Amo girare materialmente le pagine, amo sentire l'odore della carta e la sua consistenza. Amo sentire il rumore della matita mentre cerchia, fa frecce, traccia linee e disegna. Ma ad ogni lettore la sua scelta...

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