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12 Set
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Intervista all'autore - Ilaria Ceccolin -

Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Ho sempre preferito la scrittura alla lettura, mi piace mettere nero su bianco i miei pensieri, che spesso sono tanti e qualche volta confusi.
Con la scrittura provo a controllarli o quantomeno a darvi un ordine. Scrivere, per me, non è solo istinto, stimolo o slancio, ma piuttosto è un viaggio che parte dal pensiero, passa per la consapevolezza, la revisione e la ricerca minuziosa delle parole più appropriate per arrivare nella maniera migliore alla pagina scritta.
 
Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
C’è moltissimo della mia vita in questo libro, specialmente dei miei ultimi cinque anni. Ogni episodio fa riferimento ad una esperienza vissuta insieme ai miei 28 alunni di scuola primaria, bambini che ho accompagnato dalla prima alla quinta. Come i personaggi del racconto li ho visti crescere, imparare, migliorare, conoscersi, fare amicizie, litigare, ridere e piangere.
Sono presente io come insegnante, nell’immagine e metafora del platano, come supporto costante che ho cercato di dare negli anni mettendomi in secondo piano e lasciando che fossero i bambini i protagonisti del loro stesso percorso scolastico e, soprattutto, di vita.
È presente, nella parte finale del racconto, l’esperienza del distacco dal punto di vista dei bambini che, al termine della quinta primaria, vedono la fine di un ciclo che ormai inizia loro a stare stretto, ma di cui già sentono nostalgia. Una fine già scritta e abbondantemente preannunciata alla quale non si è mai totalmente preparati fino al momento in cui non ce la si trova davanti.
 
Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Questo libro è un omaggio ai cinque anni di insegnamento (i miei primi dopo la laurea) e agli alunni che ho accompagnato come insegnante prevalente. I personaggi che ho creato, infatti, nascono dall’unione delle loro caratteristiche. Per questo motivo sono sicura che ogni lettore, adulto o bambino che sia, potrà riconoscersi in uno o più personaggi. La mia dedica, attraverso i riferimenti all’interno del racconto (alcuni espliciti altri più impliciti), è anche nei confronti dell’ambiente scolastico che mi ha accolta alla mia prima esperienza lavorativa e ha creduto in me come persona, prima che come insegnante: le suore dell’istituto Sacro Cuore, il dirigente scolastico e le mie strepitose colleghe.
 
La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con sé stessa per deciderlo tra varie alternative?
Il titolo è venuto da sé, o meglio, dall’affermazione di una mia alunna che qualche anno fa, nell’allestire il presepio natalizio in classe, ha esclamato: “Maestra, io ho portato uno striscione di stelo ciellato!” Da quel momento è rimasto tra i ricordi più divertenti in classe.
 
In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Ho sempre amato gli albi illustrati e ritengo che sia banale e superficiale definirli solo “libri per bambini”. Il mio preferito in assoluto è sempre stato Zuppa di zucca, di Helen Cooper, che ho letto numerose volte nel corso della mia infanzia. Ecco perché questo albo non potrà mai mancare nella mia libreria e credo che, dovendo sceglierne solo uno, lo porterei con me in un’isola deserta.
 
Ebook o cartaceo?
Personalmente preferisco la versione cartacea del libro, probabilmente perché sono cresciuta manipolando testi in questo formato e riesco a godermi meglio la lettura. Tuttavia, da insegnante che ha operato negli anni della didattica a distanza, non posso non apportare un giudizio positivo anche al formato digitale che ha letteralmente salvato questi anni di didattica da casa o da remoto.
 
Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittrice?
Ho da sempre scritto molto materiale autobiografico, come ad esempio pagine e pagine di diario personale, resoconti dei miei viaggi e delle mie vicende amorose, racconti sulla mia famiglia e quant’altro. Nonostante avessi da sempre il sogno di pubblicare, non ne ho mai avuto il coraggio poiché si trattava, appunto, di riflessioni troppo intime. La presa di coraggio circa la mia prima pubblicazione ha coinciso con due eventi: il termine del ciclo scolastico dei miei primi alunni che ho accompagnato dalla prima alla quinta primaria; il mio stato di gravidanza che mi ha positivamente “costretta” ad un riposo al quale non ero troppo abituata nella mia vita frenetica e piena di impegni.
 
Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
L’idea del libro nasce dalle mille avventure vissute come insegnante negli ultimi cinque anni. Di aneddoti, infatti, ne potrei raccontare moltissimi. Ogni personaggio racchiude in sé le caratteristiche che ho imparato a conoscere nei miei alunni. Ogni parte del racconto prende spunto da episodi reali che sono stati, ovviamente, romanzati e appositamente decorati per la scrittura.
Ne riporto uno in particolare. Nel racconto si fa riferimento alla scomparsa di Gina e alla preoccupazione dei suoi amici che pensavano le fosse successo il peggio, fino a quando scoprono che era in realtà in compagnia di nuovi personaggi e impegnata in piacevoli conversazioni. Mi successe, un anno, di aver invitato una bambina ad uscire dall’aula con la scusa di farle fare due passi in corridoio. Non vedendola più tornare, io e il resto della classe ci siamo preoccupati assai e l’abbiamo cercata per venti minuti abbondanti per tutta la scuola, informando il personale che ha sigillato e allarmato tutte le uscite. Dopo questi attimi di panico, l’abbiamo trovata pacifica e divertita in un’altra aula. L’insegnante dell’altra classe, vedendola camminare avanti ed indietro con le scarpe slacciate, se l’era portata con sé per insegnarle a fare il nodo ai lacci!
 
Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
È davvero emozionante vedere il mio sogno prendere vita. Per me ha un significato ancora più profondo poiché legato alle mie radici familiari, in particolare ai miei nonni. Una volta in pensione mio nonno paterno, infatti, ha pubblicato qualche racconto dopo una vita a lavorare in banca. Il mio nonno materno, invece, ha prodotto dei componimenti poetici e me li ha dedicati. Queste poesie hanno per me un valore inestimabile in quanto nate dall’incontro emozionale, e non fisico, di due momenti di sofferenza, uno mio personale legato alla mia crescita adolescenziale e quello del nonno che era affetto ormai da qualche anno dalla demenza senile.
 
Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
La prima persona che lo ha letto è stata la mia cara amica, non che testimone di nozze, Angela, che poi ha illustrato il racconto.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
In qualità di insegnante non posso che ritenere l’audiolibro una risorsa molto importante. Credo fermamente, infatti, nella ricchezza della diversità all’interno di una classe, omogenea solo per quanto riguarda l’età dei bambini (e a volte neanche quella). Diversità che si colora attraverso le personalità degli alunni e i loro diversi stili di apprendimento. Proprio per questo ogni docente dovrebbe essere attento a proporre una didattica differenziata e a variare le metodologie per dare la possibilità ad ognuno di conoscere, trovare ed essere consapevole di quella più convenzionale al proprio stile.

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