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08 Gen
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Intervista all'autore - Ugo Gobbi -

Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Per me personalmente ma per molti, tutti forse, scrivere diari, pensieri sparsi o - per alcuni - libri, è un modo per "immobilizzare il tempo". Quindi è una attività che certamente una emozione dà: sentirsi svincolati dall'orologio interiore che inflessibile scandisce il trascorrere dei giorni, mesi, anni.

 
Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Sebbene nel libro si ragioni o almeno si cerchi di ragionare intorno a molteplici argomenti, dalla scienza alla fantascienza, dalla politica all'economia, è vero in realtà che esso è intessuto dalla narrazione di esperienze della vita reale. E non solo dell'Autore.
 
Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Per me e per la mia età non più giovane - e questo è un eufemismo - "Il sapore dell'eucalipto" rappresenta il seguito, forse la conclusione di un impegno iniziato molti anni fa con altri scritti, ultimo dei quali "Orizzonti", dalla stessa Booksprint edito.
 
La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
In effetti il titolo cui originariamente avevo pensato era "Umani e pappici", per ragioni che nel libro sono ampiamente illustrate. Successivamente però, a causa soprattutto dell'ultimo capitolo mi sono convinto che il titolo poi scelto fosse più opportuno.
 
In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Vorrei portare con me "Per chi suona la campana", romanzo del 1940 scritto da Ernest Hemingway. Perché l'umano e il politico vi si sovrappongono con una intensità che difficilmente ho trovato in altre letture. Ma se non dovesse essere proprio un libro-uno soltanto, porterei con me anche i "Saggi scettici" di Bertrand Russell.
 
Ebook o cartaceo?
Cartaceo, ma sì, cartaceo. Un po' perché la carta ha un suo insopprimibile aroma e fascino ... e poi perché non vedrei come avvalermi di un libro in formato digitale su un'isola deserta, presumibilmente priva di energia elettrica.
 
Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Ho amato raccontare storie e storielle fin da ragazzino. Da adolescente e in privato, mi sono messo a scrivere storie, normalmente rimaste in un cassetto fino al giorno in cui - ormai adulto - ho pensato che dalle mie fantasie e/o riflessioni potessero anche scaturire libri, libricini o libretti.
 
Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Sposato per più di quarant'anni con una deliziosa Signora sorrentina che ora, purtroppo, non c'è più, fu in quel bellissimo luogo che appresi l'aforisma
"Dicette 'o pappice in facci'a noce, tu damme tiempo che te spertose",
ovvero,
"Disse il vermicello alla noce, tu dammi il tempo necessario e vedrai che riuscirò a farti un buco".
Mi parve che questo aforisma sintetizzasse bene una esaltazione della fermezza e coraggio, ma nello stesso tempo sottolineasse una pia illusione delle persone umane.
 
Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Una grande soddisfazione, ovviamente. E anche una briciola di auto-compiacimento.
 
Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Vi sono amici cui ho inviato una stesura in Word senza avere un granché di riscontri. Perciò l'unica persona che fino ad oggi lo ha letto e per intero, è stato il correttore delle bozze. Alcuni suoi buoni giudizi, dico sinceramente, mi hanno alquanto rallegrato.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Non saprei dire in verità. Mi pare possibile che a lungo, quanto non saprei, l'audio libro, che peraltro sarebbe un'ottima cosa, potrà restare circoscritto ad una relativamente ridotta platea.

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