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19 Ott
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Intervista all'autrice - Maria Cristina Dolce

1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Scrivere per me significa esprimere ciò che provo in quel momento attraverso le parole. Ogni volta che prendo in mano una penna, so di entrare nel mio posto sicuro, in cui mi sento a mio agio. È difficile elencare tutte le emozioni che provo quando scrivo, ma so che scrivere mi calma e mi rende felice. La scrittura per me sarà sempre un’ancora, a cui so posso aggrapparmi ogni volta che ne ho bisogno.
 
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Penso che in ogni libro ci sia una parte della vita di chi lo scrive. Io ho dato molto di mio alla protagonista, parlo di dettagli secondari che in qualche modo mi avvicinano di più a lei: il liceo che frequenta, il fatto che ami leggere e sappia giocare a pallavolo. Per scrivere il terzo capitolo mi sono ispirata completamente alla vita reale e anche il nome di qualche personaggio appartiene a persone che conosco. In generale, la vita reale mi ha aiutato molto, soprattutto per i capitoli ambientati nel mondo reale.
 
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Scrivere quest’opera ha significato per me alimentare giorno dopo giorno la speranza di poter arrivare a più persone possibili tramite le mie parole. Mi ha aiutato molto a superare le monotone giornate invernali passate a casa a causa del Covid, e grazie a quest’opera sono riuscita ad evadere un po’ dalla realtà ed entrare in un mondo in cui le regole potevo scriverle io. È stato per me molto importante e porto nel cuore ogni singolo giorno in cui scrivevo la storia di Sofia.
 
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
Non ho mai avuto difficoltà a trovare un titolo, è stato totalmente spontaneo. Non ricordo un giorno in cui ho dubitato del titolo scelto, per me racchiude tutta l’essenza del libro e anzi non riesco a immaginare quest’opera senza il titolo che porta adesso. Quindi per me la scelta è stata molto semplice, più di quanto mi aspettassi.
 
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Scegliere un singolo libro è difficile, ma penso porterei “L’amica geniale” di Elena Ferrante e magari non mi dispiacerebbe ritrovarmi su quell'isola deserta con la stessa scrittrice. Il primo libro della quadrilogia mi è piaciuto molto, in particolare mi ritrovo tanto nella protagonista per quanto riguarda il percorso di studi e le aspirazioni future. Mi piacerebbe avere modo di parlare con la Ferrante, perché il suo modo di scrivere mi piace moltissimo e sarebbe bello poterle chiedere qualche consiglio.
 
6. Ebook o cartaceo?
Non cambierei il cartaceo per nulla al mondo. Ho la necessità di sentire le pagine tra le dita, di annusare l’odore di un libro nuovo, di poterlo sfogliare tra le mie mani. Tuttavia non posso non ammettere che l’Ebook sotto molti aspetti è un passo avanti: prima di tutto si evita il consumo di carta, poi è piccolo e comodo da portare in giro e hai tutti i tuoi libri preferiti alla tua portata. Tiferò sempre per il cartaceo, e probabilmente non leggerei mai un libro in versione Ebook, ma non per questo non lo ritengo utile e innovativo.
 
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Capii di essere capace a scrivere quando avevo nove anni, dopo essere arrivata terza ad un concorso di poesia. Ma iniziai a pensare seriamente a diventare scrittrice ad undici anni. Durante le medie scrissi un breve racconto, circa cinquanta pagine, perché sentivo la necessità di dover raccontare storie. E poi la sensazione che senti nel momento in cui le persone si emozionano per ciò che hai scritto, o si legano a personaggi da te inventati, è indescrivibile e mi piacerebbe un giorno provarla anche io. Diventare scrittrice per me significa fare della mia passione un lavoro, e non c’è nulla di più bello di questo.
 
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
L’idea di questo libro nasce in un periodo per me non facile, perché avevo da poco perso mio nonno, e capii che mi serviva liberare tutte le emozioni che avevo dentro tramite la scrittura. È iniziato tutto un giorno di novembre quando, durante una lezione di italiano, mi è venuta, come un fulmine, l’idea di scrivere un racconto fantasy: non sapevo nient’altro, oltre al fatto che doveva essere scritto in prima persona. Poi piano piano ho iniziato a sviluppare la storia: sono passata dai vampiri ai lupi mannari, fino ad arrivare poi agli elfi. Però passarono due mesi prima che iniziai a scrivere: avevo paura di non riuscire a portare a termine il racconto. Il primo capitolo lo scrissi proprio a scuola: avevamo un’ora di buco e, sempre causa Covid, non potevamo alzarci dai nostri banchi. Decisi quindi di prendere un foglio e di cominciare a buttare giù il primo capitolo. Probabilmente se quel giorno a scuola non avessi avuto l’ora di buco, sarebbero passati mesi prima che io iniziassi a scrivere.
 
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Vedere ciò che si è immaginato per mesi nella propria testa prendere finalmente vita è un’emozione indescrivibile. Io avevo molta paura: l’età e l’esperienza non giocavano a mio favore ed io tenevo tanto a questa storia. Pensavo: “Se non adesso, quando?”. Poi quando cominciai a vedere che il sogno era diventato realtà è stata una liberazione. La prima e vera emozione forte è arrivata quando ho visto per la prima volta la copertina: era reale. Scrivere un libro è un’emozione unica, ma vederlo prendere vita è tutta un’altra cosa!
 
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Devo ammetterlo, il libro per intero non lo ha ancora letto nessuno. Non perché non volessero, anzi la mia famiglia è sempre stata molto presente durante tutto il mio percorso, ma io per prima volevo aspettare la pubblicazione. Essere l’unica che conosceva nel dettaglio la storia mi dava sicurezza e quindi ho deciso di aspettare prima di far leggere la storia. Però devo ammettere che feci leggere il primo capitolo a mia sorella, Chiara, perché ci tenevo molto ad avere un suo parere sulla storia e su come fosse impostata.
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Penso che l’audiolibro sia un modo per scoprire un libro da una nuova prospettiva. Non sei tu a leggere e quindi il libro è filtrato dall'intonazione, dalle pause e dal modo di parlare di chi lo legge per te. D'altronde anche nell'antichità i testi venivano tramandati oralmente, e anzi questo implica maggior attenzione da parte dell’ascoltatore. Mi è capitato di ascoltare alcuni capitoli piuttosto che leggerli, soprattutto in macchina, dove non riesco a leggere, ed è stato molto comodo e piacevole. Quindi penso che l’audiolibro sia una cosa positiva, e sono contenta che si sia sviluppato al meglio.
 
 
 
 
 

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