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05 Giu
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Intervista all'autore - Daniele Galvan

1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Scrivere è frutto di un pensiero che è balenato, mediato dalla meditazione e tradotto dalla scrittura. Si devono trovare le parole adatte a tradurre pensiero ed emozioni in qualcosa di sempre incompiuto, tentando di comunicarle al lettore nella loro pienezza figurativa, lasciandogli però lo spazio di colorarle, di inserirle in un cronotopo sì definito, ma libero di esprimersi tramite le capacità creative del destinatario il messaggio. Dico incompiuto in quanto lo scrivere vorrebbe aprire al lettore orizzonti nuovi attraverso l'inserimento di liriche, ambisce a portare il lettore su un piano diverso da quello della narrazione. Vorrebbe fosse il lettore a portare l'opera a compimento abbattendo il confine tra prosa e poesia, tra narrazione ed emozione. Ne tenta un matrimonio combinato.
 
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Inevitabilmente molto e niente. Paragonandolo alla pittura, si potrebbe dire che è uno scritto cubista: prende dei frammenti, sfaccettature della mia realtà e di quella da bar, e li ricompone in un nuovo quadro del tutto immaginario. Frammenti che penso fanno parte della realtà di tutti. Il lato interessante del racconto non risiede nella trama o negli episodi in essa narrati, sono fatti banali, un quotidiano in cui è facile riflettersi per chiunque; bensì risiede nel forse goffo tentativo di descrivere l'immagine del vero protagonista, Asherah, attraverso il racconto quale metafora. Certamente Spock è il mio cane Oskar, i luoghi sono i miei dintorni, il resto è un quotidiano immaginario che rispecchia anche parte del mio vissuto, ma che non ha nulla di speciale per nessuno se non per noi stessi.
 
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Fissare nel tempo delle emozioni, delle immagini, dei pensieri, del sentito dire... augurandomi di poterli ritrovare nel rileggerli in futuro, con occhi diversi, più pieni ed esperti.
 
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
È venuto quasi da sé. Inizialmente avevo preso un titolo canonico comune a molte altre opere del genere. Qualcosa che fosse utile ad archiviare lo scritto. Studiando l'antica mitologia ebraica ho incontrato la protagonista che meglio impersonava quanto descritto dal racconto. Mi è sembrato quasi che fosse il titolo a scegliere il racconto... Asherah rappresenta la parte femminile del divino, la moglie di Dio, detto in soldoni. Se Dio è uno, a voler essere a sua immagine e somiglianza, deve avere una parte femminile e una maschile, diviene trino nel momento in cui agisce, diviene attore, creatore e distruttore, tre in uno, il giorno e la notte figli del tempo, il sole e la luna figli del cielo, lo Yin e lo Yang nel cerchio, la nascita e la morte nel nostro arco temporale. Questa visione la vedo giusta ma incompleta. Dio è trino ma si dovrebbe rappresentare con un "pi greco": 3,14159... e un numero infinito di numeri. Questi sono l'Arte, il numero di figli di Asherah.
 
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Vorrei la Divina Commedia come libro, Oscar Wilde come Venerdì. Il primo per il lato squisitamente poetico dell'opera, il secondo per l'ironia nei confronti della vita; per il suo atteggiamento filosofico nel viverla.
 
6. Ebook o cartaceo?
Dipende. Sono nettamente a favore dell'Ebook, benché senta spesso la necessità di potere ritornare su determinati passaggi in tempo reale; trovo macchinoso farlo con la stessa velocità nell'Ebook. Preferisco la stampa, usa un supporto più sostenibile che offre maggiori possibilità di decidere le pause di lettura, di riflessione. L'audio ci trascina dentro al racconto decidendo il ritmo e i tempi con cui farlo; la musica guida le emozioni del lettore, che aiuta, ma toglie energie ad una analisi immediata e profonda del testo. Direi che non tutti i testi si prestano al sottofondo musicale: anzi.
 
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Non l'ho deciso io. Fin dalle elementari mi piace scrivere. A volte, quando ancora si dovevano fare i temi e il voto era determinato da quante pagine si scrivevano(!), saltavo la ricreazione per finire le mie storie. Pagine e pagine di giganti buoni (c'era Joe Condor a Carosello in TV) e passeggiate in campagna. A tratti ho tenuto un diario. Dopo avere più letto di tutto che scritto di niente, con la maturità sono venute le poesie in "dantese". Ma fra poesia e prosa la differenza è tanta. Se la prima può venire di getto, diciamo per "ispirazione", la seconda richiede maggior lavoro, almeno per me che debbo rispolverare quella passione. Oggi mi piace fare il cuoco. Tempi duri per noi cuochi... Comprate almeno l'audiolibro!
 
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Nasce dalla voglia di fissare nel tempo il proprio passaggio sulla Terra in modo alternativo a quello naturale: procreare. Un po' come il primitivo che sputa colore sulla sua mano appoggiata alla parete di una caverna, alla luce di un fuoco anche interiore. Più che di un romanzo si tratta d'un racconto che fissa in un attimo il vero romanzo che è la vita di ogni singolo, narra il tentativo di trovarvi un senso ultimo. Un aneddoto c’è: ne ho lasciata la stesura a braccio, un'unica copia gentilmente stampatami dalla Vostra casa editrice come esempio, a uno scienziato, filosofo e scrittore alla fine della serata di presentazione d'un suo libro. Il suo l'avevo già letto e lo sapevo per alcuni versi attinente con quanto da me barbaramente scritto nel racconto. Spero gli sia piaciuto benché fosse quasi illeggibile...
 
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Posso rispondere a questa domanda quando lo potrò tenere in mano? Sto scherzando... Credo che l'emozione forte nasca nel momento in cui ci si rende conto che il lettore lo ha capito e gli è piaciuto, che ha avuto un qualche successo. Il fatto di maneggiare fisicamente il racconto dà la soddisfazione di sapere che "scripta manent".
 
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Un amico di mio figlio, musicista, ha colto subito la trama dell'arzigogolato e striminzito racconto, meno il significante; questi richiede una certa maturità e la conoscenza della protagonista, che andrebbe ricercata volendo giungere a una più profonda e chiara comprensione del testo.
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Le confesso che non ne ho ancora sentito uno, se non a tratti. Bello! direi. Vedo l'audiolibro più come un fronte che una frontiera. Carmelo Bene forse direbbe che, come il cinema, non ha nulla da dire in più sull'arte, meglio il non voler dire. Ella infatti rimane la vera frontiera da superare. Il fronte rappresenta una linea immaginaria che divide la vecchia tecnologia dal pensiero "stampato" dalla nuova tecnologia del pensiero "stampabile", una specie di guerra tra poveri, come al solito.
 
 
 
 
 

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