Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie.

Logo
Stampa questa pagina
10 Feb
Vota questo articolo
(0 Voti)

Intervista all'autore - Giuseppe Acerbi

1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Mi è sempre piaciuto scrivere perché è la forma di comunicazione completa. La parola scritta è sempre accompagnata da una riflessione spontanea e profonda del pensiero. Questo rimane impresso e ben definito. Scrivere è scavare dentro se stesso. Non è solo ragione ma si deve anche sentire nella pancia altrimenti è solo una espressione tecnica e fredda con il rischio che non riesce a comunicare alcuna emozione. Ecco, scrivere per me è un continuo scavare fino in fondo e lasciare un dono dove ognuno si può ritrovare.
Nello scrivere devo sempre sentire un fremito che parte dal basso e non dall'alto. E, dopo averlo fatto, rileggo ad alta voce e chiudo gli occhi e se le energie mancano vuol dire che sono riuscito a trasmettere ciò che volevo.
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
In questo libro ho vissuto realmente parte dei racconti di Mario (mio padre) e alcuni fatti sono rimasti vagamente nei miei ricordi di bambino. Li ricordo perché hanno lasciato sicuramente una forte emozione dentro di me.
Sono nato in una casa di campagna e non in un ospedale e una buona parte della mia vita l'ho vissuta nelle cascine e campagne contadine.
Tuttora vivo in una cascina, sono direttamente a contatto con Vincenzo e mi occupo di lui ma i suoi racconti non fanno parte della mia vita passata.
 
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Scrivere questo libro ha significato dare voce e lasciare una traccia storica del passato di vita contadina e famigliare di due persone ultra novantenni Mario e Vincenzo. Quando ci si metteva a tavola a loro piaceva raccontarsi e tornare al passato con storie a volte un po' confuse e ripetitive. Allora, un giorno, mi sono chiesto perché non registrale!? Così ho fatto. E dopo non bastava averle solo messe su di un nastro magnetico, mi sembrava una cosa parziale e incompleta! Ed ecco che è nata l'idea di provare a scriverle. Ho dovuto tradurle dal dialetto all'italiano cercando di lasciare il più possibile originale la forma espressiva.
Leggendo i racconti ad alta voce, per me, produce una meravigliosa emozione e rimane un dono fatto a loro due.
 
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
No, fin da subito la scelta del titolo è stata spontanea e istantanea senza dubbi o incertezze. D'alta parte, rispecchia fedelmente il contenuto del libro.
 
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
"La forza di essere migliori" di Vito Mancuso. È un teologo e filosofo che pone moltissime questioni sociali, politiche, fideistiche, alla riflessione e valutazione esistenziale. Ho latto anche gli altri suoi libri e le tematiche sono molto interessanti.
Comunque, mi porterei anche "L'ospite inquietante" di Umberto Galimberti e un libro degli anni '90: "Intelligenza emotiva" di Daniel Goleman.
 
6. Ebook o cartaceo?
Preferisco ancora il cartaceo perché mi permette di sentire l'odore della carta, dell'inchiostro e girare i fogli con il contatto della mano.
Ho un vecchio libro dei "Promessi sposi" di Alessandro Manzoni dell'800 con le pagine ingiallite e la stampa dell'epoca, solo sentire l'odore della carta un po' ammuffita è una forte emozione.
Tuttavia, il futuro sarà sicuramente ebook e salveremo molte piante nel mondo.
 
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Oggi sono in pensione e in passato ho lavorato come direttore in un centro per persone disabili. Durante la mia professione lavorativa ho sempre dovuto usare la scrittura per fare progetti o lettere o relazioni o comunicazioni, tutti inerenti alla professione tecnica.
Ma ho trovato anche spazi per scrivere i pensieri di una persona disabile che non poteva farlo da solo e insieme abbiamo scritto tre brevi libricini che sono stati pubblicati limitatamente al territorio locale della struttura residenziale.
E questo è molto piaciuto a lui me anche a me. Quindi, ora ho più tempo e la voglia di iniziare a scrivere è aumentata sempre più! Ed ecco che ho iniziato a farlo con questo mio primo libro. Ho intenzione di continuare per trovare e provare a trasmettere emozioni positive.
 
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Innanzitutto, non è un romanzo ma una serie di piccoli racconti di vita contadina e famigliare.
L'idea nasce proprio dal fatto che due "nonni" (questo termine viene usato dalle badanti rumene e significa signore anziano per indicare rispetto dell'età, invece da noi ha un significato parentale - infatti, la badante rumena di mio padre Mario lo chiamava "nonno") piaceva raccontarsi e lo facevano solo se qualcuno si metteva in ascolto. E allora, tutte quelle parole orali dove andavano a finire? nascevano lì e poi si perdevano sempre lì! Ecco quindi l'importanza di non far morire sul nascere tutti quei ricordi di vita passata.
Il momento di mettere per iscritto tutti i racconti dei nonni è stato proprio in occasione di un pranzo di Pasqua con presente Vincenzo. È stato proprio in quel momento che mi era venuta l'idea di prendere un registratore e di registrare quello che stava raccontando. È stato lì il momento iniziale che mi ha spinto a compimento del libro.
 
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
È una grande emozione!!! Come ho già detto, appena scrivevo una parte dei racconti, subito la rileggevo ad alta voce e questo mi dava una forte emozione perché l'effetto era differente rispetto alla lettura silenziosa. E mentre il libro prendeva corpo, questa emozione cresceva di pari passo. Alla fine ho aggiunto anche delle foto e quando è stato completato l'ho riletto più volte e guardato più volte ed ero gioiosamente contento del lavoro fatto. Semplice e senza tanti fronzoli, efficace ed essenziale come la vita raccontata dai nostri "nonni".
Ho avvisato i "nonni" e gli intimi famigliari che avevo concluso la stesura del libro ma non ho fatto leggere a nessuno il contenuto.
Per me è stato un bel traguardo indipendentemente da tutto quello che sarebbe potuto succedere dopo. L'emozione è arrivata alla pancia.
 
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Come ho già detto prima, ancora nessuno ha letto il libro. Ho preferito tenerlo riservato fino al momento dell'eventuale pubblicazione.
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
È una evoluzione sempre nell'area della comunicazione rapida e veloce. È una buona cosa dare voce alla parola scritta e facilita la diffusione e divulgazione di cultura.
Quando ero bambino, mi ricordo che alla radio trasmettevano letture di fiabe o romanzi a puntate. La voce era di attori che si prestavano ad interpretare la parola scritta. Molto emozionante perché la fantasia ci trasportava ad immagini che non si potevano vedere ma si potevano pensare.
 
 
 
 
 

Acquista il Libro sul nostro ecommerce