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04 Gen
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Intervista all'autore - Pierfrancesco Prosperi

1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono nato e risiedo ad Arezzo. Dopo aver fatto studi classici ho scelto la professione di architetto che mi ha portato a lavorare nei dintorni della mia città e in provincia, in particolare nella valle del Casentino. Ho iniziato a scrivere prestissimo, quasi per naturale predisposizione. Il mio primo racconto (era di fantascienza, fin dall'inizio) l'ho scritto sotto forma di tema scolastico a dodici anni. Il primo racconto su rivista invece l'ho pubblicato a quindici anni (ricordo che uscì in edicola proprio il giorno del mio compleanno).
 
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
In genere, la mattina presto. Sono abituato ad alzarmi attorno alle cinque, e con il supporto di un robusto caffè, alle cinque e mezzo, dopo aver controllato la posta, sono a lavorare al computer. Sono le migliori ore della giornata: niente telefono né interruzioni. Vado avanti per un'ora o due, scrivendo a seconda delle giornate e dell'argomento da due a cinque pagine. Ma mi piace lavorare anche in viaggio, in particolare in treno, se l'ambiente offre un minimo di comfort (tavolini e prese di corrente).
 
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
I due autori italiani che mi hanno maggiormente influenzato sono Dino Buzzati e Italo Calvino. Il primo soprattutto per "Il deserto dei Tartari" e alcuni racconti. Tra gli stranieri, vari autori di fantascienza tra cui è necessario citare Isaac Asimov, J.G. Ballard, Ray Bradbury, Arthur Clarke, Fredric Brown, Richard Matheson. E poi, imprescindibile, Franz Kafka.
 
4. Perché è nata la sua opera?
Questa opera, in particolare, è nata dall'osservazione dei fenomeni di degrado ambientale, di inquinamento, di riscaldamento globale che i media ci mostrano tutti i giorni. C'è stata poi un'occasione specifica; nel 2008 ho assistito a un convegno organizzato nei pressi di Firenze sul tema "Il ricordo del Paradiso." Una delle conferenze mi fece scattare la scintilla da cui è scaturita l'idea portante del romanzo.
 
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Chiaramente ciascuno è figlio del suo ambiente. Ma io provengo da una famiglia di media borghesia istruita che non mi ha particolarmente condizionato, lasciandomi libero di viaggiare con la fantasia, mentre l'ambiente provinciale di una piccola città che decenni fa era piuttosto chiusa e isolata (oggi il panorama è cambiato) mi ha effettivamente limitato, precludendomi l'accesso a esperienze culturali che avrei potuto vivere in una grande città.
 
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
È un doppio processo, di andata e ritorno. Non è mai evasione pura. Si sfugge alla realtà quotidiana per reinventarla e darne una nuova, diversa interpretazione. Diversamente dal giallo e da altri generi come lo spionaggio o il romanzo storico, la fantascienza anche quando è ambientata su mondi lontani offre sempre uno sguardo sull'uomo di oggi e lancia messaggi, allarmi, speranze (queste ultime un po' meno).
 
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Ovviamente in quello che si scrive c'è sempre una parte di sé. In questo romanzo, in particolare, ho dato voce alle mie preoccupazioni per l'ambiente. In altri libri ho espresso giudizi sui pericoli rappresentati dall'integralismo islamico oppure dalle tendenze dittatoriali che spuntano fuori in vari Paesi. È chiaro che non scrivo saggi ma opere di fantasia, comunque cerco sempre di ancorarle alla realtà e di denunciare i rischi cui va incontro la nostra civiltà.
 
8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?
No. Per questo romanzo non ci sono persone che mi abbiano ispirato in modo particolare. È stata l'osservazione della realtà a dettarmi la trama.
 
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Devo confessare: questo, a nessuno. Per il semplice motivo che scrivo troppo per chiedere a un familiare o a un amico l'onere di leggere i miei testi. Ma per molti altri romanzi mi sono avvalso della preziosa consulenza dell'amico Gianfranco De Turris, giornalista, curatore e critico con una lunga carriera in RAI, che ha dato ai miei testi un apporto fondamentale.
 
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Credo che ci sarà un lungo periodo di convivenza, nel senso che a mio avviso per molto tempo l'ebook non riuscirà a soppiantare del tutto il libro cartaceo. Rappresenta un valido mezzo di lettura, soprattutto in termini di spazio e peso (pensiamo a chi viaggia) e per le sue caratteristiche di interattività; ma non possiede molti vantaggi del cartaceo (tanto per esemplificare, la possibilità di sottolineare o di tornare indietro all'istante di molte pagine per cercare un passo), oltre naturalmente alla fisicità, all'estetica, al profumo. Personalmente poi, quando uso il mio Kindle tendo a distrarmi molto di più, mi riesce più difficile fissare la mia attenzione sul testo. E questo mi rimane meno impresso.
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
L'audiolibro non è una novità in assoluto: possiedo una serie di audiolibri della Mondadori dedicati all'opera di vari musicisti (musiche e commenti di critici musicali): Vivaldi, Beethoven, Mozart, Bach, Schubert, risalenti al 1977-78. Possiedo poi la registrazione su cassetta e cd del mio romanzo "Il tunnel" eseguita nel 1992 dal Centro Internazionale del Libro Parlato di Feltre, per i non vedenti.
Ritengo l'audiolibro un valido surrogato della lettura, oltre che per i non vedenti, per chi si trova in circostanze particolari: in viaggio (in macchina, in treno ecc.) oppure impegnato in attività manuali. Si rischia però di distrarsi e di non dedicare sufficiente attenzione al testo.
 
 
 
 
 

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Sabato, 04 Gennaio 2020 | di @BookSprint Edizioni