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01 Ott
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Intervista all'autore - Antonio Salant Pozzessere

1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono stato in giro per l'Italia da gioventù (istituti religiosi) per motivi familiari, morte di mio padre Nicola il 7 ottobre 1961 (avevo sette anni). Sono stato sempre un tipo estroso ma taciturno, mi dilettavo con le scienze astronomiche perché con la mente andavo oltre al visibile, poi ho iniziato a disegnare e a dipingere per finire con la scultura (era un modo di stare con me stesso). Ora quel mondo non mi interessa più anche se ogni tanto faccio qualcosa specialmente all'alba e quando sono in contemplazione.
Scrivo da sempre non perché mi reputo uno scrittore ma per tramandare il mio pensiero ai miei discendenti. Ho pubblicato con "OLTRE LO SGUARDO - l'amore incondizionato" 3 romanzi abbastanza corposi. Sto scrivendo il romanzo "Il legionario" e "Democrazia colabrodo".
 
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Di norma è all'alba o di sera. Quando sono con me stesso. Del resto lavoro nell'ambito delle forze armate e i periodi ottimali sono quelli appena descritti.
 
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Non ne ho uno preferito ma ero affascinato dagli scritti di Tiziano Terziari, Oriana Fallaci, Paramhansa Jogananda, Tagore, Osho. A momenti Umberto Eco, Coelho... In definitiva il mio prreferito è Tagore ma non è un contemporaneo.
 
4. Perché è nata la sua opera?
Non è nata per un motivo particolare ma per aver incontrato dei medici senza frontiere che mi hanno raccontato alcuni episodi a loro capitati. A una dottoressa chiesi se potevo scrivere qualche episodio da lei narratomi, ovviamente erano solo indicazioni. Mi rispose di sì e sorridente gli risposi che attraverso altre testimonianze potevo scrivere un saggio, poi per motivi di autenticità, desistetti e così l'ho trasformato in romanzo basato su racconti da me recepiti da persona che ora non esistono più.
 
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Moltissimo. A guidare i miei passi sono state le emozioni. Attraverso l'affetto che provavo nei confronti della persona che praticavo assimilavo il da farsi, se la persona le volevo bene cercavo di essere come lei, sia nell'esprimermi e sia nell'etica, (periodo della mia fanciullesca trascorso tra i vari istituti religiosi). Tanto è vero che una religiosa, a cui volevo un mondo di bene, che mi fece comprendere il valore della vera amicizia tra una ragazza e un ragazzo mi ha dato l'ispirazione di scrivere e pubblicare il mio primo romanzo edito dal gruppo Albatros nel 2011 che s'intitola "L'Itinerante Fanciullo". Un'opera che tengo moltissimo perché nello scrivere rivivevo gli ambienti descritti e la mente andava indietro nel tempo in periodi storici lontano da questo.
 
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Entrambe.
 
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Come emozioni, sentimenti e percezione tutto, come storia il venti per cento.
 
8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?
Sì. Un medico donna che mi raccontava ogni cosa tutte le volte che andavo a trovarla. Quando entrava nei particolari sentivo che dovevo scriverlo, non potevo tenerlo solo per me. Ovviamente la storia della protagonista è inventata al settanta per cento ma gli episodi narrati al suo interno rasenta il novanta per cento.
 
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Solo alcuni episodi alla dottoressa che mi ha ispirato.
 
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Sono convinto che il romanzo o meglio gli scritti cartacei resteranno in voga perché emanano del fascino. Magari coesisteranno con rispetto. Il libro cartaceo nel futuro avrebbe il valore del collezionismo o del romanticismo umano.
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Non è male. Dà la possibilità di chiudere gli occhi e fantasticare sull'opera.
 
 

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Martedì, 01 Ottobre 2019 | di @BookSprint Edizioni