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18 Set
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Intervista all'autore - Roxana Anton

1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Vengo dal meraviglioso paese che è la Romania, mi sono laureata a Bucarest ed ho avuto l'occasione di lavorare in Liguria. Mi sono innamorata dei suoi meravigliosi paesaggi, e se all'inizio volevo trascorrere qui soltanto due estati, ci sono rimasta per quasi nove anni. Nonostante ciò, ho sempre nel cuore la nostalgia per gli amici e per la ricchezza spirituale che ho lasciato "a casa". Nulla può sostituire il posto dove si è nati.
Qui in Liguria avevo più tempo libero che a Bucarest, e mi sono resa conto che potevo provare a realizzare uno dei miei sogni, quello di scrivere romanzi e racconti. Otto anni fa, quando ho iniziato, era molto più difficile per me, perché avevo altri due lavori, che mi tenevano parecchio impegnata. Ho lavorato moltissimo per scrivere le mie storie, e quasi non ci credo, oggi, di pubblicare un libro vero, cartaceo. Non vedo l'ora di averlo tra le mani, accarezzarlo e coccolarlo, come un bambino nato da un troppo grande desiderio e affetto.
 
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Non ho un preciso momento, di solito subito dopo pranzo, o la sera dopo cena. Anni fa invece, quando di giorno lavoravo full time, scrivevo dopo cena e di notte. Era l'attività che riempiva ogni momento libero.
 
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Non ho un autore contemporaneo preferito, mi piace leggere vari autori se ho tempo, con una predilezione per le storie che si ispirano alla realtà e che ci possono insegnare qualcosa o riflettere su un determinato argomento. In generale, mi piace leggere ciò che mi può educare e aiutare a capire meglio il mondo. Sono innamorata e affascinata dalle vere storie d'amore, che si possono trovare quasi esclusivamente sui libri.
 
4. Perché è nata la sua opera?
Questa opera è nata in parte perché avevo bisogno di scrivere una cosa "seria", dopo due tentativi di romanzi d'amore che contengono umorismo, e che cercavano di imitare lo stile di Sophie Kinsella. Poi ho scoperto alcuni libri di Luis Sepùlveda, ed è stato come una rivelazione: si possono scrivere cose profonde e commoventi in una storia semplice, di poche pagine, ambientata nel mondo degli animali. Allora mi è venuta l'idea di scrivere una specie di fiaba, che sia bella da leggere sia dai più piccini che dagli adulti, e che dia vita ad alcune cose in cui credevo, e che mi mancavano moltissimo: l'amicizia vera e senza un interesse nascosto, la famiglia armoniosa. La generosità verso chi arriva da posti lontani. Io stessa sono stata felice soltanto quando contemporaneamente ho avuto dei veri amici ed una famiglia. Così era da noi in Romania, ed era un mondo felice o almeno- sopportabile. Quando ho perso la famiglia e gli amici veri, il mondo per me è diventato quasi impossibile. Ecco perché ho scritto questa storia, un po' ideale e fantastica: volevo vivere momenti in cui i veri amici si aiutano, si sostengono e persino si salvano. Volevo che in finale trovassero la pace in una famiglia vera, quella che io stessa ho avuto molto poco.
In più, la storia è nata per portare un omaggio a Moneglia, questo paesino che ho tanto amato.
 
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
A volte penso che il contesto sociale ci influenza moltissimo. Io sono cresciuta in Romania, dopo il comunismo, un periodo relativamente buono per crescere ed istruirsi, con relativa povertà materiale e molta ricchezza spirituale, se uno sapeva come orientarsi e dove cercare. Quando ho finito il liceo, i miei genitori si sono separati, mio padre non ha più voluto sapere di me, mentre mia madre è venuta in Italia a lavorare, per poter coprire i debiti lasciati da mio padre. Io mi sono trasferita dalla provincia a Bucarest per studiare, ed è stato una specie di incubo, perché mi sono trovata completamente sola in una città enorme e sconosciuta, quasi senza mezzi di sopravvivenza. Ce l'ho messa tutta per studiare, ho avuto vari lavori ed alla fine ero riuscita in qualche modo di avere una vita, ma non è stato per nulla facile, a tal punto che ho deciso di ritrovare per un po' mia madre, qui in Italia. Negli ultimi anni vissuti a Bucarest mi ero molto avvicinata alla spiritualità ortodossa, e credo ancora oggi che sia stata la maggior fortuna della mia vita, la cosa che mi sosteneva e mi impediva di sprofondare nella depressione e nella totale disperazione. La spiritualità ortodossa romena mi ha mostrato cos'è importante in questa vita, e cosa bisogna lasciar perdere perché secondario. Quali sono le scelte buone, quali obiettivi inseguire. Non avevo nessuno che mi aiuti e mi educhi, in una città dura e competitiva. Potevo contare solo su me stessa, sull'autoeducazione che mi facevo da sola, con l'esperienza e la lettura di vari libri. Sono i libri ortodossi, scritti da monaci o da persone elevate dal punto di vista spirituale, pieni di amore e di utili consigli per l'educazione di qualunque giovane, quelli che mi hanno sostenuta e aiutata in un mondo che a me sembrava caotico e indifferente. Sono i libri ortodossi, tesoro nascosto del mio popolo, quelli che mi hanno aiutata in qualche modo di conoscere meglio me stessa e di avere un miglior rapporto, sia con me che con gli altri esseri umani, e con... Dio.
Penso che sia questa l'influenza della società in cui sono vissuta: la profonda fede in Dio e nei valori buoni, che ho scoperto nelle nostre chiese ed in alcune persone che ho incontrato.
In ciò che riguarda la mia vita qui in Liguria, l'unica influenza che ho subito e che si può riflettere nella mia attività letteraria, è stata data da un professore universitario che ho conosciuto qui. Lui ha destato la mia curiosità per la letteratura e gli studi scientifici, per i generi giallo, horror e fantasy.
Ho anche scoperto l'autopublishing, fondamentale per la mia attività letteraria.
 
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Per me, scrivere è più evadere dalla realtà. Spesso scrivo per evadere o per dare un senso alla realtà. Scrivo per vivere storie che altrimenti non vivrei mai. Scrivo per vivere la vita che mi piacerebbe vivere, e per regalare questi sogni a dei potenziali lettori. Credo che in futuro scriverò anche per raccontare, la mia di realità.
 
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Tutto di me. Ho utilizzato i personaggi per ricreare un mondo ideale, dove mi piacerebbe vivere, secondo valori come l'amicizia vera, amici e persone della stessa comunità che si vogliono bene e si aiutano, salvandosi a vicenda.
 
8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?
Mia madre Margherita, e l'ex sindaco di Moneglia, Giovanni.
 
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
All'ex sindaco del paese e amico di famiglia, Giovanni.
 
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Secondo me, è un bene che il lettore abbia la possibilità di accedere alla storia, sia in cartaceo, ebook o audiobook. Certo che il cartaceo ha sempre il suo fascino intramontabile. Per i libri di maggiore importanza o che mi hanno toccata particolarmente, preferisco il cartaceo.
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
L'audiolibro è ottimo per chi non ha possibilità di leggere, per varie ragioni. Mi sembra un'ottima scoperta, ne sono entusiasta. È un aiuto importante, comodo e simpatico per chi fa fatica a usare uno schermo o le pagine di un libro, per chi per esempio si trova in viaggio e non ha la possibilità di portarsi dietro tanti libri.
 
 
 
 

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Mercoledì, 18 Settembre 2019 | di @BookSprint Edizioni