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23 Ago
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Intervista all'autore - Tindaro Niosi

1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono siciliano, con una storia di emigrante fin da bambino. Infatti subito dopo la mia nascita i miei genitori decisero di trasferirsi a Prato, in Toscana, dove ho trascorso alcuni anni importanti, per tornare in seguito in Sicilia e trascorrere la mia adolescenza in un piccolo paese del messinese, Montagnareale. La cultura toscana e quella siciliana mi hanno formato con uno spirito di radici profonde nella mia terra e uno spirito di apertura nei confronti del nuovo.
A 18 anni, finito il liceo classico ho deciso di intraprendere un percorso religioso presso i frati minori rinnovati a Pettineo, in Sicilia, a cui ha fatto seguito l'esperienza del seminario cattolico. A 22 anni parto invece per la prima volta per la Romania, per Brasov, nel cuore della Transilvania, scelta fatta per amore, innamorandomi della cultura rumena e dell'ortodossia, girando fra monasteri e antiche chiese di una bellezza estrema. Ritornato in Italia, scelsi Firenze per 4 anni per i miei studi filosofici e contemporaneamente lavorando come agente immobiliare. Anni importanti e intensi, di grande formazione, che mi fecero maturare la scelta di dedicarmi ad una nuova stagione della mia vita dedicata agli altri, scelsi infatti di tornare in Romania, a Bucarest, dove intrapresi il lavoro come volontario al centro don Orione della capitale rumena, a contatto con 17 persone con disabilità mentale. Segue un ruolo come coordinatore per un’associazione italo-rumena, il Giocattolo, nel villaggio più povero della Romania, Bradet, oggi grazie al lavoro di questa associazione in migliori condizioni sociali rispetto al passato. Questo breve excursus della mia vita, per dire che la mia natura di viaggiatore è forte e difficile da domare, infatti dall'anno scorso, da quando ho deciso di tornare in Sicilia, resta sempre la tentazione di riprendere in mano una valigia e ripartire. La decisione di diventare scrittore e dedicare una parte della mia vita alla scrittura è maturata negli anni, ho cominciato a scrivere all'età di 16 anni, poesie e piccoli racconti in prosa, ma nasco come poeta e tale mi sento, anche se con “Ditirambi Meridionali” ho per la prima volta sperimentato pubblicamente la prosa. Spero di dedicarmi a tempo pieno alla scrittura e trasformare il mestiere di scrittore nella vera vocazione della mia vita.
 
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Non c'è un momento esatto. Ma di solito capita la sera, all'ora del tramonto, quando sento un impulso irrefrenabile a chiudere la giornata con un pezzo nuovo. Mi ispira molto passeggiare in campagna, guardare il mare dalla casa dei miei nonni, immersa nella natura meravigliosa della Sicilia rurale, dove scopro dentro di me luci nuove che diventano parole.
 
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Senza dubbio Gesualdo Bufalino, mi innamorai a 16 anni di lui, per ovvi motivi. Bufalino ha raccontato la Sicilia, ricordata, sognata, raccontata come se fosse una favola, prima di ogni altra cosa. Isola senza tempo che richiama sempre a sé, dove il pensiero della morte è vissuto in maniera dolorosa, quasi fosse una colpa, al contempo la descrizione della bellezza contraddittoria di questa terra, con un lessico anticheggiante e molto forbito, che mi ha dato una visione chiara del mio essere siciliano, direi che ha letteralmente formato il mio modo di sentire e percepire la Sicilia e la Sicilianità.
 
4. Perché è nata la sua opera?
La mia opera è nata per omaggiare la mia terra, cantarla nella sua bellezza e oscurità, come luce e lutto al contempo. Questo libro è stato anche un modo per fare un’introspezione della mia natura isolana, un modo per conciliare interiormente questo grande amore per la mia terra e la rabbia di averla spesso lasciata per cercare fortuna altrove. Avevo bisogno di raccontare la Sicilia con lo sguardo dell'innamorato e al contempo di chi si è sentito tradito da questa terra, che non offre spesso la possibilità di restare e crearsi un futuro. Nonostante io abbia vissuto quasi sempre in esilio da essa, rimane in me il desiderio di viverci felice e soddisfatto di aver fatto pace con il mio karma di perenne viaggiatore, un po' come il ritorno agognato di Ulisse nella sua amata Itaca
 
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
È stato fondamentale per me vivere questa doppia dimensione della città e della campagna, della ruralità e della civiltà. Devo molto al tempo trascorso con i miei nonni, al loro esempio e saggezza contadina, in particolar modo di mio nonno, che mi ha trasmesso valori antichi e sapienza. Questo libro è la maturazione di ricordi vissuti nella mia terra, di dialoghi con anziani, di chiacchierate nelle piazze sicule, di esperienze nate sotto la calura estiva o nel triste inverno dell'isola, a contatto con quella sicilianità che autori come Bufalino, Sciascia, Camilleri hanno raccontato in modo egregio.
 
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Come dice Bufalino si scrive per guarire se stessi, per sfogarsi, per lavarsi il cuore. Si scrive per trasformare in visione la memoria e la realtà, quindi per me è evasione, un modo per sublimare belle regioni interiori dello spirito la realtà, spesso molto deludente, ma se rivista alla luce dell'immaginazione diventa bellissima e struggente.
 
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
C'è tutto di me in questo libro, il mio modo di chiarificarmi nella mia natura isolana, di raccontare un mondo che mi appartiene alla radice, una visione del mondo chiara e netta che mi riallaccia in modo ancestrale alle mie origini e al mio vissuto. Ho cercato di raccontare la Sicilia come ebbrezza visiva, i suoi luoghi ameni e al contempo la sua contraddittorietà aperta a visioni pessimistiche o di estrema positività, infatti credo che su quest'isola non c'è spazio per la mediazione, ma tutto è amplificato e cangiante, pieno di sfumature al chiaroscuro.
 
8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?
Direi che la protagonista assoluta del libro è la Sicilia, di cui ho cercato di narrare nella prosa iniziale tutta la bellezza che suscita ai miei occhi e al mio cuore. Ma devo dire che è stato fondamentale anche il ruolo della donna nella mia vita, vista come porta dei cieli come scrivo, tramite e mezzo per avvicinarsi al mistero del divino, componente fondamentale della mia vita e della mia ricerca spirituale. Vedo nella donna l'ideale più alto, dopo Dio, d'ispirazione, infatti nelle due sezioni di poesia del libro ho cercato di cantarla come luce ma anche come buio, come del resto l'amore porta con sé la doppia proprietà di essere benefico o distruttivo.
 
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Il primo lettore è stato mio nonno, che durante questo inverno ascoltava da me man mano che il libro prendeva forma nei vari pezzi sia della prosa che delle poesie. È un uomo semplice, di antichi valori contadini e sapienziali e sapere da lui che effetto faceva ascoltare “Ditirambi Meridionali” è stato molto importante.
 
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Credo che la nuova frontiera del digitale sia una possibile alternativa al cartaceo, anche se resto dell'idea che le pagine di carta di un libro abbiano una bellezza immortale, in questo sono tradizionalista, anche se non escludo per chi si trova meglio con l'e-Book di dare questa opportunità di lettura, anche a me è capitato di leggere libri in questo formato.
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Penso che sia una cosa straordinaria poter ascoltare da un voce narrante un testo, c'è una magia diversa, si aprono nuove visioni del testo, è sicuramente molto poetico, a maggior ragione quando si tratta come nel mio caso di prosa poetica e di poesie, credo che sia molto piacevole lasciarsi catturare dall'ascolto di un testo ben letto.
 

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Venerdì, 23 Agosto 2019 | di @BookSprint Edizioni