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17 Set
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Intervista all'autore - Sonia Biagi

1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Scrivere per me è un modo per distaccarmi dal mondo reale ed immergermi in una dimensione che sono io stessa a dirigere. Una dimensione che mi permette, per così dire, di attivare nuove aree del cervello che mi danno benessere e gratificazione. Scrivere mi permette di fissare su di un foglio i miei pensieri, e soprattutto mi dà modo di analizzarli e di prenderne maggiormente consapevolezza. Scrivere, insomma, mi dà serenità. Quando inizio a scrivere viene fuori una parte di me che nemmeno io sapevo di avere, tanto è vero che quando rileggo ciò che ho scritto, a volte mi sembra che l'abbia scritto qualcun'altro e mi fa emozionare.
 
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Sicuramente l'idea di andare a lavorare in Africa (nel mio caso come medico) fu anche per me, all'inizio, il motivo per cui decisi di fare medicina. Poi anche nel mio caso la vita mi ha condotta su strade diverse: anch'io mi sono sposata e creata una famiglia e sono rimasta ad esercitare la mia professione qua.
Col mio lavoro poi sono quotidianamente a contatto con drammi esistenziali un po’ come quelli descritti nel mio libro: la perdita di affetti cari, il sopraggiungere di malattie inaspettate, crisi depressive, anziani in case di cure... In tutti questi anni ho avuto modo di conoscere tante persone ed anche di verificare come ci siano approcci diversi e reazioni diverse a situazione analoghe. Tutte queste persone mi hanno insegnato che tutti possiamo venire prima o poi schiacciati dagli eventi della vita, ma i veri eroi sono coloro che anche nelle situazioni più brutte e di fronte alle malattie che non perdonano, sanno andare avanti comunque a testa alta e col sorriso sul viso, perché la vita è un film che va visto fino in fondo.
 
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Scrivere questo libro per me è stato come mettere a nudo una parte di me stessa, cercando di "buttar" fuori, immedesimandomi nei personaggi, una sorta di malessere interiore, di insoddisfazione personale che chiedeva soltanto di essere trasformato in qualcosa di positivo e che fino a adesso non aveva ancora trovato la strada giusta per uscire fuori.
 
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
La scelta del titolo non è stata troppo complicata, anzi, direi che è nata quasi prima del libro. All'inizio avevo pensato a "La mano giusta", ossia quella mano alla quale prima o poi tutti nel corso della vita dobbiamo aggrapparci per rialzarci e continuare il nostro cammino. Poi mi sono resa conto che nel mio romanzo ciò che dava ai protagonisti la forza per riprendere la giusta strada, era il riuscire a riconoscere la perfezione di quella stessa vita che all'inizio era sembrata così maledettamente imperfetta.
 
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Porterei sicuramente "Il cavaliere che aveva un peso sul cuore" di Marcia Grad Powers. Secondo me è un libro geniale in cui l'autrice, è riuscita in un modo straordinario ad affrontare e a far comprendere, sotto forma di fiaba, anche alla persona meno acculturata, dei concetti filosofici e psicologici importantissimi. Dopo la lettura di questo libro non puoi che sentirti arricchito interiormente.
 
6. Ebook o cartaceo?
Sicuramente cartaceo. Per me il piacere si avere un libro tra le mani, di sfogliarlo, di sentire l'odore delle pagine, non può essere sostituito dalla tecnologia.
 
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Sono stata ispirata da un film in cui una semplice casalinga iniziò nel corso degli anni a scrivere un libro. Quando finalmente ebbe il coraggio di presentarlo ad una casa editrice e di pubblicarlo, divenne un capolavoro.
Questo film mi ha dato l'ispirazione (non certo perché voglio diventare famosa) per poter dar vita ai miei mille pensieri ed alle mie esperienze, affinché non restino soltanto dentro di me, ma possano essere condivisi anche dagli altri.
 
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Quando facevo la specializzazione in gastroenterologia, avevo una giovane paziente Down che si era molto affezionata a me, tanto che accettava di essere visitata dal primario soltanto se ero anch'io presente. Tra noi si era creata una intesa molto bella che mi è rimasta sempre nel cuore. Pur facendo io poco nei suoi confronti, lei, sapeva essere di una gratitudine infinita. Accanto a sé aveva una madre che sprizzava forza da tutti i pori: una delle persone più generose e solari che abbia mai conosciuto. Quando entrambe andavano via dall'ambulatorio, lasciavano in tutti i presenti una sorta di serenità che si poteva leggere sul volto di ognuno e non me lo sono mai spiegato. Da allora sono riuscita a capire e a vedere quante persone speciali ci possono essere intorno a noi. Tutto questo mi ha spinto a scrivere un libro che avesse come protagonista proprio una bambina Down e una mamma altrettanto speciale.
 
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Sicuramente è una grande emozione. È un po’ come quando si mette un seme nella terra e si vede crescere una pianta... sembra quasi un miracolo. E così è stato per me. Il libro che scrivi diventa un po’ come un figlio che metti al mondo e che vedi crescere. Finisci con l'affezionarti ai personaggi, alle loro storie, insomma, diventa una tua creatura.
 
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
È stato mio marito che è sempre stato il mio confidente ed il mio sostenitore e che ringrazio tantissimo.
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Personalmente non ne ho esperienza diretta, però penso che gli audiolibri possano essere sicuramente utili a coloro che per qualche handicap non potrebbero leggere in altro modo. A parte queste eccezioni, secondo me, la lettura del libro deve essere fatta direttamente dalla persona interessata perché è anche la lettura diretta, con il libro in mano che genera emozioni.
Una lettera d'amore letta ad alta voce da un'altra persona e non dall'interessato, scaturirebbe lo stesso effetto? Secondo me no, ma è comunque solo un mio parere.
 
 
 

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Lunedì, 17 Settembre 2018 | di @BookSprint Edizioni