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17 Ago
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Intervista all'autore - Claudio Forlani

1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?

"L'ispirazione mi arriva dall'alto, ma, qualche volta, durante un temporale". Ho iniziato a scrivere “poesie” intorno ai 18 anni. Avevo un quaderno a fogli arancioni che non trovo più, di conseguenza la maggior parte degli scritti dell’epoca sono andati persi, fatta eccezione per quelle poche che ricordo a memoria. La parola poesie l’ho scritta volutamente fra virgolette in quanto non le ritengo tali nel senso letterario della parola, non sono padrone della tecnica di scrittura, della metrica e tantomeno delle rime e ancor meno mi ritengo un poeta. Sinceramente, non mi interessa nemmeno di esserlo. Quello che mi interessa è il riuscire a comunicare stati d’animo, emozioni, illusioni, delusioni in modo semplice e diretto, portando o cercando di portare il lettore ad immedesimarsi in quelle. Si dice comunemente che le persone si sono allontanate dalla poesia, ma non è vero, è piuttosto vero il contrario, cioè che il poeta si è allontanato dalle persone. Lo stesso vale nell’ambito della politica. Non esistono più poeti del calibro di Leopardi che con poche semplici parole ti facevano scivolare nel loro mondo e viverne gli istanti, viverne le emozioni e in esse ritrovar se stessi.

Oggi si va alla ricerca della “ricercatezza” nel linguaggio, come a voler dimostrare la propria cultura tanto che un poeta può dire di un altro di scrivere peggio o meglio di lui mentre un comune lettore può dire soltanto che entrambi non hanno trasmesso un “accidenti”. Tanto per non voler usare una volgarità. Potrei portare un esempio ma il poeta di cui vorrei è, oltre che vivente, anche editore e critico letterario quindi rinuncio. Termino qui con una frase che esprime quello che per me deve essere una poesia “ Un bicchiere di vino rosso e un panino al salame, il resto è letame”.

 



2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?

Buona parte rappresenta la mia vita reale, un'altra buona parte è frutto di immaginazione. In entrambe i casi cerco di trasmettere uno stato d'animo. Per spiegarmi dovrei parlare di realizzazione, visualizzazione, materializzazione del pensiero, ricezione e trasmissione di emozioni. Troppo complicato per me. L'unico pensiero che aggiungo è questo: "Se non apri la finestra l'aria fresca non entra".



3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.

Non saprei dire, perché questa raccolta si sviluppa e concretizza in un tempo molto lungo. Dall'inizio ad oggi sono passati 50 anni e in questo tempo sono cambiato io, cambiate le esperienze di vita, il modo di vedere ed affrontare le problematiche della vita. Lo scrivere è stato per me soltanto uno sfogo, una valvola di sicurezza, una evasione dalla realtà.



4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?

La scelta del titolo è stata una scelta secca, decisa. In fondo, ci metto proprio la mia faccia.



5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?

Un libro con tutte le pagine bianche, dove poter scrivere quello che mi pare. Non mi dispiacerebbe però avere anche una poesia che leggerei all'infinito, l'infinito di Giacomo Leopardi.



6. E-book o cartaceo?

Va bene tutto, l'importante è leggere. Personalmente preferisco il cartaceo, vedo lo spessore del libro, sento il fruscio delle pagine.



7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?

Nella mia vita ho cambiato almeno cinque o sei lavori, tutti completamente diversi l'uno dall'altro. Scrittore? Non mi sarebbe mai venuto in mente.



8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?

Nel 1991 e 1992 partecipai ad un concorso di poesie organizzato dal C.A.F. (Centro Artisti Ferraresi) arrivando secondo o terzo, non ricordo bene. Quando venni a sapere che per primi dovevano arrivare i finanziatori del centro smisi di partecipare. Lavoravo già a quell'epoca come portiere di notte in un albergo in centro a Ferrara. Qui ebbi l'occasione di conoscere una professoressa di musica che mi propose di fare una recita al casinò municipale di Alessandria, accompagnato da una piccola orchestra. Fui apprezzato ma non detti seguito. Anni più tardi le mie poesie vennero apprezzate da una famosa critica d'arte norvegese, sempre conosciuta in albergo, che mi propose di tradurle e divulgarle appunto in Norvegia. Quando sono andato in pensione nel 2010, ci siamo persi di vista, ma giusto un mese fa siamo rientrati in contatto. Nella sua mail mi chiedeva appunto se avessi pubblicato questa raccolta di poesie, di cui conserva tuttora le copie di alcune. Tutto questo ha iniziato a farmi credere in me stesso, poi si è messa di mezzo mia cugina Paola, che con la sua insistenza mi ha quasi obbligata a fare questo passo verso la pubblicazione. Ed eccomi qui.



9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?

Al di là della incredibile emozione personale e della accoglienza più o meno favorevole che questa raccolta di poesie potrà avere, ritengo un traguardo l'aver ricevuto la fiducia di un editore che ha voluto credere in me. Un grazia di cuore a Vito Pacelli e a tutto il suo impeccabile e paziente staff.



10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?

Mia cugina Paola, che ringrazio soprattutto per avermi spinto ad avviarne la pubblicazione. Per me poteva rimanere tutto chiuso in un cassetto insieme alle ragnatele.



11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?

Fa parte della evoluzione naturale delle cose, dove, voce e parole saranno una importante combinazione.

 



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Giovedì, 17 Agosto 2017 | di @BookSprint Edizioni