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03 Ago
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Intervista all'autore - Gelsomina Perilli

1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?

È accendere l'interruttore della luce nelle mie tenebre. Attraverso la scrittura vedo le parole, le sento, le tocco con mano, si muovono sulla mia penna e mi trascinano in una stanza illuminata che fino ad un attimo prima era completamente tetra.



2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?

Una parte relativa al racconto descrive i miei stati d'animo e una parentesi di vita evocando le emozioni più profonde che ho vissuto in quel momento. Il resto racchiude la psiche di una ragazza di ventuno anni che ha esternato e descritto con un linguaggio semplice l'argomento più complesso ed incomprensibile della sfera umana, ovvero l'amore.




3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.

Quello che ha significato per me l'ho capito solo nel momento in cui ho visto per la prima volta l'archetipo. Nel momento in cui lo scrivevo nuotavo in abissi emozionali e non pensavo che stessi scrivendo un libro perché stavo semplicemente denudando la mia anima e spogliando la mia corteccia cerebrale. Ci vuole testa anche quando non si pensa.



4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?

Non è stata affatto semplice. Ricordo che scrivevo di getto tutti i titoli che mi venivano in mente di volta in volta e prima di giungere a quello definitivo ne avevo scelti altri sedici. Lo ricordo perfettamente, questo è stato il diciassettesimo e ultimo titolo.



5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?

È difficile rispondere a questa domanda perché sono vari gli scrittori che vorrei sempre con me, ma quello di cui non riuscirei proprio a farne a meno è Douglas Hofstader. Mi sento molto vicino a lui per il suo modo di osservare, interpretare e concepire la realtà anche se la matematica per me è tutta un'altra storia.



6. E-book o cartaceo?

Assolutamente solo e sempre cartaceo. Voltare una pagina è come tenere la mano di un bambino alla scoperta del mondo.



7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?

Non ho mai deciso di intraprendere la carriera di scrittrice perché essere scrittore è un mestiere, cioè bisogna saperlo fare bene. Io invece non lo faccio di mestiere, quello che so fare bene è dare voce alle parole non pronunciate dalla mia voce, ma dal mio Ego. Grazie agli altri ho capito di avere un dono e i doni vanno rischiarati.



8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?

L'idea è nata per caso per smorzare le lunghe ore di attesa alla fermata dell'autobus in una primavera inoltrata di un piccolo borgo della provincia di Potenza e senza neanche una panchina a sedere. Poi ovviamente è diventato un desiderio sino a trasformarsi in un obiettivo, ma il tutto senza troppa consapevolezza. Le cose che si fanno a vent'anni non sono tanto ragionate.



9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?

Ho provato ciò che una donna sente quando mette alla luce un figlio, mi sono sentita madre, pur non essendolo mai stato, tenendo tra le mani la mia creatura, la mia prima creatura. È qualcosa che non si può descrivere, ma solo provare. Per me è stato così.



10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?

Dopo averlo scritto ovviamente io, le altre sinceramente non ricordo o meglio tutte quelle che conosco del mio paese e non solo. So solo che duecentocinquanta copie sono andate a ruba in poco più di due settimane e oggi grazie a Voi mi ritrovo a dover ristampare il libro a grande richiesta.



11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?

Purtroppo o per fortuna io sono un po’ più tradizionalista e un libro voglio leggerlo a modo mio, con il suono della mia voce verbale e di pensiero, con i miei tempi, le mie pause. Sarebbe come indossare vestiti di un altro e quindi non mi sentirei a mio agio.

  

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