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30 Mag
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Intervista all'autore - Reileigh Mainhart -

Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittrice?
Mi chiamo Serena Marcolin (alias Reileigh Mainhart) e sono nata a Padova, nel 1990. Abito in un piccolo paese di provincia, in una casa di campagna in cui hanno messo radici i miei cari nonni paterni, sfortunatamente mai conosciuti.
La mia famiglia è come tante, orgogliosamente di carattere umile e ricca di valori che mi hanno insegnato a dare un certo peso a molti aspetti della vita, in qualsiasi ambito.
Dopo le scuole superiori e un post-diploma, ho iniziato il mio peregrinare in giro per il mondo, in cerca di lavoro. La prima tappa è stata Dublino, ed è proprio da lì che la mia vita ha preso una svolta perché, lontana dalla quotidianità e dagli affetti famigliari, ho imparato l’arte del sapersi arrangiare in quanto necessariamente indipendente. La mia mente ha iniziato a macinare sempre di più, tra la nuova esperienza e il profumo di avventura, ho cominciato ad annotare su di un taccuino ogni pensiero, maturando poi l’idea di riportare il tutto in un manoscritto.
A seguire, ho intrapreso altri viaggi in Europa, in particolare all’estero: in Giappone, in Canada, in California, in Corea e infine in Australia dove, purtroppo, nel 2019 sono stata travolta da una gravissima malattia in stadio già avanzato - quasi terminale - dalla quale ne sono uscita dopo un tribolato percorso; non senza però avermi lasciato degli strascichi che, di fatto, mi accompagneranno per il resto della vita.
Questa nuova realtà non mi ha privato della voglia di viaggiare, anzi, l’ha incrementata. Soprattutto con la mente e con lo spirito, mi sono immersa quasi completamente nel mondo stesso che ho creato e nel mio alter ego, sfogando la sofferenza, la frustrazione e la crudeltà della vita attraverso le battaglie e il dolore nei personaggi, anche se talvolta fanno da contrasto alla forza di volontà, la voglia di lottare e di sopravvivere della protagonista, o chi assieme a lei.
Pertanto, non solo ho cercato di sfoggiare parte della mia creatività, ma ho dato anche modo a me stessa di creare, trasmettere e comunicare le mie sensazioni, sentimenti e patimenti.
 
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Il momento che preferisco in assoluto è la sera, o meglio, dal calar del Sole.
Nelle Stagioni più calde, e in particolare dopo una giornata di pioggia, mi piace soffermarmi ad ammirare l’orizzonte e il cielo. Le incantevoli sfumature del tramonto che aprono lo scenario alla volta stellata mi assorbono nel loro infinito, dandomi sempre più la consapevolezza di essere un puntino in una dimensione indefinita.
Il quotidiano, vissuto tra dinamismo o monotonia mi aiuta ad arricchire i pensieri, a stimolare la mia fantasia e a liberarli nella vastità dello spazio, con il silenzio, con i sospiri o semplicemente con lo sguardo. Quando mi sovraccarico di tutto, mi piace mettermi sotto le coperte con carta, penna e con della musica strumentale – preferibilmente tratta da film, serie tv, e anime preferiti - e trascriverli.
 
Il suo autore contemporaneo preferito?
Ad essere sincera, non sono una grande divoratrice di libri. Di contemporanei ho letto alcuni racconti di Neil Gaiman, ma il mio preferito in assoluto è Edgar Allan Poe – che di fatto nella mia storia ho citato alcune delle sue frasi celebri, oltre al suo nome suddiviso in tre distinti personaggi. Ho letto Dazai Osamu, uno scrittore giapponese che, ho scoperto, era solito frequentare un locale a Tokyo; dove, da allora, mi soffermo ogni qualvolta intraprendo un viaggio in Giappone. Ancora, il Signore degli anelli di J.R.R.Tolkien e Harry Potter di J.K.Rowling. Oltre a questi, ho apprezzato molto i manga - per tanti sottovalutati ma che, a mio avviso, hanno contenuti ricchi di valori con storie interessanti e originali, accompagnate da incredibili illustrazioni - ragion per cui, alcuni artisti e opere sono menzionati nel mio lavoro.
 
Perché è nata la sua opera?
Il progetto per questo libro nasce nel lontano 2013, durante una passeggiata con un’amica nel “boschetto” di casa mia; non è molto grande a dire il vero, si tratta di un’area di circa 4000mq che i miei genitori crearono quand’ero molto piccola: un’abetaia piantata per essere venduta poi a Natale. Il maltempo di un’Estate però compromise alcuni alberi e fu così che la maggior parte restò invenduta e quel piccolo bosco, tenuto, ha cominciato ad infittirsi e a crescere, risultando sempre più ai miei occhi come una selva immensa; il luogo ideale in cui, ogni qualvolta che vi accedo, accende la fantasia che - per l’appunto - sin da bambina non ho mai spento.
Ricordo quel giorno come fosse scolpito nella mente. Era una giornata soleggiata e abbastanza calda di fine Primavera, poco dopo il tramonto. Mi trovavo in compagnia della mia vicina di casa quando dai ciuffi d’erba, dalle siepi e dagli alberi spuntarono le prime lucciole e noi, incantate, ci addentrammo nella piccola pineta.
In quel lento camminare, circondate da queste bestioline luminescenti sempre più numerose, mi sono rivolta a lei dicendo: «Ti immagini se ora ci accompagnassero in un passaggio per un altro mondo?»
Un’espressione apparentemente banale, ma sulla quale poi costruii un vero e piccolo sogno.
Tornate a casa, cominciai a sentire una strana sensazione alla mano, come un tremore e una voglia quasi irresistibile di tenere in mano una penna; finii di cenare e seguendo quell’istinto, presi carta e penna, e mi misi a letto. Di lì a poco, cominciai ad appuntare e annotare dialoghi di possibili conversazioni tra i vari caratteri ispirati dal mio vissuto, fino ad ideare un personaggio, poi un secondo, un terzo e così via; essendo notte mi soffermai ai sogni in generale, fino a chiedermi il perché non si ha ricordo di come hanno inizio e successivamente del perché non si ha ricordo della prima infanzia. È così che una cosa tira l’altra, ho costruito la storia.
 
Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Dagli anni 90 ad oggi, la società ha subito macroscopici cambiamenti, sia a livello etico che sociale, purtuttavia, i valori e principi che ho assimilato non sono stati scalfiti, anzi; e nella consapevolezza di questa evoluzione-involuzione, in questo periodo in cui la tecnologia ha impigrito le menti, diminuendo il deficit di attenzione al di fuori dei social-media e riducendo la voglia di leggere libri in testi brevi, ho ritenuto nel mio io di dover adattare la mia storia, cercando di inserire più dialoghi possibili per facilitare la lettura e renderla più scorrevole e altrettanto divertente.
 
Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
In linea generale può essere sia l’una che l’altra.
Per quanto attiene la mia trilogia, rappresenta per certo un’evasione dalla realtà, la mia.
La vita riserba sempre un mare di esperienze senza alcuna eccezione, inclusa la monotonia, e sebbene abbia vissuto momenti felici e dolci, quelli tristi e traumatici mi hanno lasciato profonde cicatrici, sia nel fisico che nell’animo e molto spesso ancora prendono il sopravvento. Per questo motivo, il mondo che ho creato, mi dà la possibilità di sviare la cruda realtà, di combattere e resistere al morso del dolore e avere maggior fiducia in me stessa. Reileigh, oltre ad essere una me riflessa, è un esempio a cui io stessa devo attingere.
Quando nella vita capita di attraversare un tunnel di spine, dove si stenta a uscirne, anche se circondati da persone care, la capacità di sognare anche ad occhi aperti e navigare con la fantasia diventa un luogo di rifugio.
 
Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
In questa storia, ho scelto un personaggio femminile come protagonista perché mi sembrava più semplice trasferire le mie emozioni in esso, come fosse un alter ego, infatti - oltre a portare il mio stesso nome - è descritta con molti dei miei tratti, e con altri che, invece, mancano. A mano a mano che plasmavo il suo carattere, cresceva in me lo stimolo per migliorare la sua forza e il suo coraggio, lo spirito d’avventura e il senso di ironia - anche nei momenti più difficili.
Mi è capitato di immaginare una me riflessa in uno specchio, fissarla e chiederle «Cosa farebbe o direbbe Reileigh? Come affronterebbe il problema?». Mi sono posta le stesse domande persino in uno dei momenti più bui della mia vita, ovvero quando - all’estero - sono stata appunto travolta improvvisamente da una malattia con una diagnosi a dir poco nefasta.
Ad ogni modo, nulla mi ha fatto desistere dal riportare quanto più possibile i concetti, i valori, le sensazioni positive e negative sia mie, che quelle trasmesse della mia famiglia e dai miei amici.
 
C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Sì, la mia famiglia e i miei amici. Grazie a loro sono diventata quello che sono, mi hanno insegnato e dato molto; non nascondo tuttavia, che anche le esperienze di viaggio, casa mia, il mio paese e la mia città, e pure le anime giapponesi, hanno giocato un ruolo importante. Da tutto, ho cercato di carpire ogni attimo da ogni fonte perché potesse darmi una scintilla di ispirazione.
 
A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Ai miei genitori: a mio padre e a mia madre, che è una grande lettrice.
Entrambi non sono portati per il genere fantasy, però - forse anche per il fatto di essere un po' di parte - credo di averli convinti del contrario. Durante la lettura della mia trilogia, li ho visti immersi nella storia e mi ha fatto davvero piacere poterli presentare il mondo che ho creato; un lato di me che forse neanche loro si aspettavano.
 
Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Anche se con amarezza, penso di sì, perché la tecnologia è in continua evoluzione ed espansione, e farà sempre più parte del nostro quotidiano.
Ricordo ancora, quando ero bambina, il telefono cellulare con l’antenna di papà - era chiamato “mattone” per la sua dimensione. Da lì a poco, il progresso nel settore della telefonia è cresciuto in maniera esponenziale: dall’antenna al bluetooth e wi-fi, da senza a con lo schermo, da mono a policromo, dalla possibilità di scaricare giochi semplici a quelli più complessi, da senza a far le foto, e dalla tastiera - con anche “apertura a scatto” o “conchiglia” - al touchscreen. Il tempo è passato talmente veloce che talvolta mi viene un senso nostalgico, perché la tecnologia ha una doppia faccia e in quel suo retro ridimensiona la sensazione del tocco e dello sfogliare le pagine, del peso e del profumo di un libro. Avere la possibilità di leggere storie e racconti per mezzo dell’ebook nei dispositivi elettronici è pratico, meno ingombrante e pure leggero però, a mio gusto personale, basta una sola mensola di libri a dare un tocco di eleganza in più alla stanza; tenendo conto poi che, nella mia trilogia, ho chiesto nello specifico di realizzare le illustrazioni a mano e non a computer, perché sono del parere che possano avere più valore se ammirati su carta - e questo è uno dei motivi per cui abbraccio e rispetto il pensiero filosofico del gran Maestro Hayao Miyazaki.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Beh, la risposta è analoga alla precedente, purtroppo. Penso sia una soluzione forse anche comoda e alternativa alla lettura, tuttavia, ognuno di noi ha una propria soglia di attenzione e ciò può compromettere il buon ascolto - per cui la distrazione può diventare un’arma.
 

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