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08 Gen
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Intervista all'autore - Ruggero Fanciulli -

Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Mi chiamo Ruggero Fanciulli, come mio nonno e forse come il nonno di mio nonno, e chissà quanti altri prima di loro.
Da molti anni faccio l’elettricista, ma amo definirmi un marinaio. Un marinaio che ha abbandonato il mare.
Ormai ho superato i settant’anni e, solo di recente, ho cominciato a scrivere. È accaduto quando ho scoperto che una persona, che non mi era stata vicina ma neanche del tutto estranea, sebbene antagonista al mio modo di essere, aveva scritto un libro su quei tempi.
Ho deciso allora di raccontare la mia versione dei fatti, cimentandomi in qualcosa che non conoscevo: la scrittura. Con mia sorpresa, ho scoperto che il risultato non era affatto male.
 
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Poco tempo, soprattutto alla sera o nei giorni festivi. Però, durante il giorno, ho sempre in mente cosa scrivere.
 
Il suo autore contemporaneo preferito?
Tutti gli autori che seguo sono italiani: Manzini, De Giovanni, Carrisi etc. senza dimenticare il compianto Camilleri. Di recente, però, ho scoperto Maria Tarditi, la cui scrittura mi ha profondamente contagiato.
 
Perché è nata la sua opera?
Non sono un credente in senso religioso, anche se appartengo alla cultura cattolica. Ho comunque una vaga idea di cosa, per me, possa essere Dio.
Quest’opera è nata da un racconto che avevo scritto molti anni fa e che, con il tempo, si è trasformato in un romanzo. L'idea centrale è che tutto il creato sia un unico grande cervello che lo governa, cioè che ciascuno di noi sia, in un certo senso, parte di Dio.
 
Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
In età giovanile non ho avuto una grande cultura letteraria; è solo in età avanzata che ho cominciato a leggere.
Sono molto lento nella lettura perché mi soffermo a lungo su alcune frasi che, per me, sono autentici capolavori di arte letteraria. Le leggo e le rileggo, stupendomi ogni volta della semplicità con cui riescono a esprimere concetti profondi. Per questo amo gli autori italiani e preferisco evitare le traduzioni.
 
Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
È un modo per raccontare la realtà, come dice mia cognata, la mia prima lettrice, sono un affabulatore.
 
Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Quasi tutto quello che scrivo è basato su ciò che conosco o che ho conosciuto nel corso della mia vita.
 
C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Nessuno in particolare. È un'idea che ho da tempo e che ora si è concretizzata.
 
A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Questo l'ho fatto leggere per primo a mia moglie e a nessun altro, ma non ne è rimasta particolarmente colpita.
 
Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Non lo so, penso di sì, ma credo che per persone della mia età sia più facile leggere le pagine di un libro che non lo schermo di qualsiasi apparecchio digitale
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Per me è sempre meglio leggere le pagine di un libro, perché, come dicevo, posso soffermarmi a mio piacimento su alcune frasi. Farmi leggere le pagine da qualcun altro può essere piacevole per l'intonazione che viene data al racconto, ma mi sembrerebbe di essere un bambino a cui vengono raccontate le fiabe.

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