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BookSprint Edizioni Blog

07 Mar
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Intervista all'autore - Giuseppe Petroni -

Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Le emozioni sono diverse e si alternano.
C‘è un senso di leggerezza, o di liberazione, di maggiore comprensione e stabilità.
Un’idea o un’emozione, quando vengono scritte, smettono di essere vaghe e incorporee, assumono una loro propria concretezza; sono definite e durature, più chiare e meglio comprensibili.
C’è un senso di leggerezza e di liberazione perché, quando l’idea o l’emozione che porto dentro, piacevole o meno che sia, viene espressa, mostrata e condivisa, mi libera un poco dal suo peso; perché è idealmente scaricata su un personaggio e condivisa con il lettore.
Avverto curiosità quando cerco un modo, o costruisco una frase per mostrare un’idea, e non so ancora bene cosa ne uscirà, come la comprenderò rileggendola. Spesso è una sorpresa.
C’è soddisfazione quando trovo le espressioni giuste per esprimere quello che desidero far capire. O quando, con una frase o una metafora, sento che un pensiero è espresso bene, definito e concluso.
Ci sono momenti di sospensione, quando si affaccia un’idea ancora indefinita, ma che lascia prevedere sviluppi interessanti, e questo è molto stimolante!
 
Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Molto, certamente! Dato che narro avvenimenti che ho vissuto in prima persona, o ai quali ho partecipato.
Inoltre, ho cercato di mantenere il comportamento, il linguaggio e anche il modo di pensare del personaggio, coerenti con quelli miei propri, visto che mi rappresenta.
 
Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
È stato un viaggio. Non solo nei ricordi in sé stessi, ma anche nelle emozioni, mie e dei personaggi che ho creato. Ho guardato, osservato e costruito, e perfino capito, pensieri ed emozioni che erano spesso ricordati; altre volte sono stati immaginati e costruiti, per dare una consistenza maggiore e più umana ai personaggi, e per descrivere meglio le dinamiche dei rapporti tra i personaggi e le tra le figure reali che rappresentano.
 
La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con sé stesso per deciderlo tra varie alternative?
Si, la scelta del titolo è stata semplice. Parlando di quello che, di eventi passati, permane vivo nel tempo, l’idea delle braci mi è sembrata subito adatta. Ad esse, tra l’altro, vi sono due o tre riferimenti nel libro.
 
In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Sarebbe una scelta difficile! Credo che un libro, o un autore, non basterebbero. comunque. Nel tempo, e ne ho avuto tanto data l’età, le mie preferenze sono continuamente cambiate in funzione di tantissimi fattori e diversi momenti della vita. Posso dire che, tra i più amati, ci sono: Le Carrè, Ernest Hemingway, Joseph Roth, i classici come Tolstoj e Dostoevskij, Proust, Joyce, Italiani come Berto, Tomasi di Lampedusa, Calvino, e tanti altri. Troppi per elencarli tutti!
 
Ebook o cartaceo?
Personalmente preferisco ancora il cartaceo, perché aggiunge alle emozioni della lettura le sensazioni più concrete che provo maneggiando un libro e sfogliandolo.
E poi perché lo ritengo più duraturo nel tempo: fra trent’anni non riusciremo più a leggere quello che oggi abbiamo affidato a un CD o alla memoria di un computer.
L’E-Book ha il vantaggio di essere più facilmente disponibile e trasportabile, e di non occupare spazio. E anche di non consumare carta!
 
Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Non la considero una carriera; non in senso stretto, comunque. Non è la mia attività principale, e lo scrivere non è, per me, un lavoro.
Ho iniziato a scrivere qualche anno fa perché mi piaceva l’idea di esprimere quello che pensavo, idee, emozioni e altro, e anche la possibilità di lasciare una traccia di me, forse piacevole. Volevo anche misurare, in qualche modo, la mia capacità di trasmettere quello che desidero far conoscere, anche perché la comunicazione è sempre stata per me di grande interesse in tutte le sue forme, e perfino un lavoro per diversi anni.
 
Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
L’idea è nata verso settembre dello scorso anno, per una serie di coincidenze. Avevo appena riletto un romanzo che mi piace molto e che contiene un lunghissimo dialogo, per me affascinante. L’idea di scrivere un lungo dialogo, come quello, mi attraeva molto. Avevo bisogno, però, di una storia sulla quale incentrarlo e dargli un senso. Per ulteriore coincidenza, ho ritrovato, in quei giorni, alcune lettere e foto vecchie di decenni – come ho poi riportato nel romanzo – che mi hanno ricordato eventi dei quell’epoca e mi hanno fornito, alla fine, la storia che mi serviva. Così ho deciso di provarci.
 
Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
È senza dubbio emozionante, ed è anche una sfida che, per me, è uno stimolo quasi irresistibile. Ho scritto questo libro in meno di un mese, perché scriverlo, per me è stato anche, e soprattutto, un divertimento sorprendente.
È stata una grande soddisfazione quando ho capito che ne sarebbe potuto uscire qualcosa di almeno accettabile. Anche se era solo un mio giudizio, era comunque molto gratificante; corroborato poi, per mia fortuna, già durante la scrittura, da qualche persona che ha avuto la pazienza di leggermi.
 
Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Lo ha letto per prima una mia cara amica, già durante la prima stesura. E ancora la ringrazio per la pazienza e i suggerimenti.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Personalmente non ne sono attratto. Credo, però, che possa rappresentare un’alternativa valida in particolari circostanze. Chiaramente, a fronte di problemi di lettura, di vista o altri, ha una sua utilità.
Credo che non ascolterei volentieri un romanzo, ma l’ascoltare un saggio potrebbe essere accettabile, e forse utile, consentendo di integrarlo, nel contempo, con altre attività.

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