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21 Apr
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Intervista all'autore - Severino Carmelo -

Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sono nato in un paesino dell'entroterra calabrese, in provincia di Reggio Calabria, nel lontano gennaio del 1949 e lì ho passato la mia fanciullezza e gioventù. All'età di venti anni circa mi son trasferito a Torino per motivi di studio, dove mi son laureato in medicina-chirurgia.
Ho scelto Torino perché ci viveva una mia sorella ed era per me un utile appoggio. In famiglia infatti eravamo cinque figli di cui due abitiamo tuttora a Torino, due in Australia e una sorella è rimasta in Calabria. A Torino ho svolto la mia attività come medico di base per circa quarant'anni e da circa tre anni sono in pensione. Ho avuto la passione di scrivere sin da giovane, ma ho sempre scritto poesie e non mi ero mai cimentato a scrivere in prosa. Con la pensione, quindi con più tempo libero, mi è sorta la voglia di cimentarmi a scrivere anche in prosa e ho scritto questo mio primo romanzo: Una vita.
 
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Non c'è un momento particolare nell'arco della giornata per scrivere, ma ogni momento è utile ed è quando ti senti più ispirato, quando ti senti più concentrato e le idee e la scrittura scorrono quasi in modo autonomo. Non di rado vado a sedermi su una panchina lungo il viale che costeggia il Po e lì, la natura che mi circonda e il lento scorrere del fiume, spesso mi infondono ispirazione.
 
Il suo autore contemporaneo preferito?
In realtà non ho un autore preferito. Mi piace leggere quei libri che parlano delle problematiche della natura e quindi dell'uomo, dove c'è un misto di psicologia, sociologia e anche di mistero, fantasia se non di fantascienza.
 
Perché è nata la sua opera?
Come dicevo, sin dalla giovane età mi diletto a scrivere poesie e mai avevo pensato di scrivere qualcosa in prosa. Con l'avanzare dell'età e raggiunta l'età pensionabile ho acquistato più tempo a mia disposizione e, ripensando alla mia vita passata, alle esperienze, al mio vissuto, mi è nata l'idea di esporre per iscritto, romanzadoli, esperienze, idee, patemi e intoppi che la vita a volte dà, o per fatti indipendenti dalla volontà, o per errori di valutazione, o piuttosto dovuti a superficialità o negligenza.
 
Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Il contesto sociale in cui oggi viviamo ha senz'altro una sua importanza nel modo di vivere e ciò influisce non solo nello svolgere quotidiano della vita, ma anche nel modo di pensare ed esporre tale pensiero. Oggi più che ieri si è presi da tanti problemi e non sempre si riesce ad affrontarli in modo adeguato. Talora ci si dedica con tanta passione alla propria attività da trascurare altri impegni, per accorgersi poi di dover affrontare problemi non facilmente superabili. E appunto sono le problematiche, che mi hanno accompagnato nel corso della vita, ad aver inciso profondamente nel mio modo di scrivere, intriso di una certa amarezza e pessimismo.
 
Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Scrivere può essere un modo per raccontare la realtà, ma si racconta come la si vede in base alle proprie esperienze, ai propri ideali, alle proprie esigenze. Può essere anche un momento di evasione perché, mentre si scrive, è come estraniarsi da essa e immettersi in un proprio mondo, dove la realtà viene plasmata in base alla propria visione.
 
Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Anche se è romanzato, in questo mio libro ho messo tanto di me, della mia personalità, del mio modo di pensare, del mio modo di agire e del mio modo di affrontare la vita.
 
C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Per prima cosa, direi, è la vita stessa con tutte le sue manifestazioni e dubbi che mi ha spinto a mettere su carta le mie esperienze, più per un senso di liberazione dai patemi che per una sua pubblicazione. Poi è stato fondamentale mio figlio che ha saputo dare una svolta alla mia titubanza se pubblicare o mettere il mio scritto nel cassetto.
 
A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Appunto a mio figlio e a mia sorella minore che mi ha dato qualche dritta su alcuni vocaboli dialettali e su alcune inesattezze, come l'anacronismo sulla descrizione di un fatto ancora non esistente nel periodo in cui è ambientata la storia.
 
Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Premetto che a me piace tenere il libro in mano, sentire tra le dita la carta e il rumore del foglio nel sfogliarlo. Comunque l'ebook penso che ha un suo futuro per la facilità con cui si viene a contatto con il libro e nel poterlo trasportare, per la possibilità di leggerlo in qualsiasi momento. Specialmente oggi in cui si è presi dalla frenesia del tempo, che si presenta sempre meno disponibile. Tuttavia noto ancora tanti giovani con un libro in mano sia sui mezzi pubblici che nei parchi.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Ritornando alla frenesia del tempo, l'audiolibro può essere un altro mezzo comodo per leggere, o meglio immergersi nella lettura ascoltandola, tipo durante la guida, o alla sera dopo una lunga giornata davanti al computer, per cui la vista non riesce ad affrontare adeguatamente lo scritto stampato. Non parliamo poi di chi ha seri problemi visivi. Inoltre penso che, nel sentire la voce di un professionista che legge, o meglio recita uno scritto, con facilità si può essere trasportati e immergere nel racconto stesso. Mi ricorda, in un certo senso, quello che ho scritto nel mio libro, allorquando ci riunivamo noi ragazzi ad ascoltare un anziano nel mentre raccontava le sue storie.

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