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02 Dic
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Intervista all'autore - Paolo Basco -

Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
In genere si risponde col declinare nome e professione. Per me non è così semplice. Questo perché siamo tutti consapevoli dei nostri dati anagrafici e di cosa ci occupiamo nella vita ma siamo questo? Un insieme di dati scritti in un registro deposto sullo scaffale di un ufficio? Penso di no. Quindi, chi è Paolo Basco non l'ho ancora conosciuto e pertanto posso dire che sono ancora in ricerca. Penso di essere una particella di energia in questo immenso universo. Quello che ho vissuto nella mia attuale esistenza, è stato una serie di esperienze tenute insieme da un filo conduttore con un senso preciso, forse quello di fare crescere in me l'amore per la vita in tutte le sue espressioni. Immagino che la voglia di scrivere sia nata proprio per dare una testimonianza di questa ricerca di cui credo, sono solo all'inizio.
 
Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
Sicuramente la sera, molto tardi, mentre ascolto musica. Ho l'impressione che nel silenzio dei pensieri della giornata la musica apra uno spazio nella mente inconscia e forse, mi arrivano idee e pensieri nuovi che non appartengono alla sola mia persona ma a tante altre che condividono con me gli stessi valori e, sicuramente sono sintonizzate sulla mia stessa frequenza. Siamo tutti interconnessi, in “entangled”, (intrecciati) nella rete della vita.
 
Il suo autore contemporaneo preferito?
I miei autori sono Antony De Mello, Richard Bandler, Roberto Assaggioli, Milton Erickson, Paulo Coelho, Krishnamurti, James Redfiel, Herman Hesse, ed altri per non citarli tutti. Io credo che siano tutti contemporanei perché chi lascia una testimonianza scritta della sua opera rimane vivo per sempre, ed è quindi contemporaneo a chi la condivide.
 
Perché è nata la sua opera?
L'ho già detto in qualche modo. Per lasciare una testimonianza di me, di quanto credo, io abbia imparato dalle mie esperienze di vita a contatto con la sofferenza, la violenza e la paura che ho visto negli occhi e nelle azioni di chi è stato chiuso dentro una prigione e nel mio lavoro, ho cercato di dare un senso alla perdita del bene più prezioso per un essere umano che, credo sia la libertà più della vita stessa. Il senso doveva essere anche quello di ritrovare una speranza: che una condanna non poteva essere solo punizione per il male commesso, ma per offrire un'occasione di riscatto ed essere anche un'opportunità per comprendere chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo e forse, la strada giusta poteva essere imbroccata proprio mentre si aprivano le porte di una cella.
 
Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Penso sia stato fondamentale. Ho vissuto i miei primi vent'anni nella terra dei fuochi, in un piccolo paese che ha vissuto il degrado umano e sociale per la presenza criminale di gente senza scrupoli. Ho lavorato poi per quarantatré anni nelle carceri, e ho cercato di capire l'animo umano, i suoi bisogni, le sue paure e l'origine della trasgressione e della violenza. Mi sono impegnato in prima persona, rischiando anche personalmente, mettendomi in gioco quando ho scommesso che ogni uomo ha dentro di sé una scintilla divina che si esprime con il bisogno di dare e ricevere umanità. Quando ho dato la possibilità agli altri di avere una speranza l'ho data anche a me stesso e alla comunità libera, la quale non è certamente senza colpe. Nessuno nasce con il marchio di criminale.
 
Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
Scrivere è un modo per diffondere speranza nella bellezza della vita e per esaltare l'umanità e il bene che tutti abbiamo senza che ce ne accorgiamo. Scrivere è il modo per rimanere fedele ai propri valori, per far risuonare dentro noi stessi parole come amore, rispetto, gentilezza, speranza, fiducia.
 
Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Nel mio scritto ci sono io anima e corpo al 100% per 100%. Non scrivo ciò che non sento e non sono. Quello che ho vissuto in termini di dolore, amore, sacrificio, speranza sono esattamente la summa della mia vita vissuta.
 
C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Ho incontrato tanti maestri, e ognuno mi ha arricchito in qualche modo. Ho ricevuto insegnamenti di vita che mi hanno aiutato a mantenermi a galla anche quando navigavo in acque tumultuose. Farei torto a molti citandone solo alcuni. Tanti sono stati miei maestri a loro insaputa che non ho mai conosciuto se non dai loro scritti. Alcuni sono già tra le stelle come Amedeo Maffei, filosofo, psicologo e uomo di uno spessore umano non comune al quale un giorno gli confidai la mia intenzione di scrivere un libro e lui mi rispose: Why not? Perché no, e come non citare il mio padre spirituale Don Dino Liberatori, cappellano del carcere di Arezzo, mia guida su questa terra le cui parole sono state di enorme conforto per chi scontava la sua pena. Son sicuro, che anche lui mi guarda dalle stelle.
 
A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Il mio lavoro non è un romanzo ma un saggio e lo ha letto la mia compagna Benedetta che gli ha dato una prima importante ripulita dai miei tanti errori di distrazione perché quando scrivo il mio pensiero e più veloce della mia mano. Questo perché una volta concluso il lavoro di scrittura, nato con passione ed emozione, a rileggerlo con la freddezza e la logica del controllo lo rifarei daccapo, ritenendolo troppo discorsivo e poco letterario se non addirittura, sgrammaticato.
 
Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Penso sia di più l'audiolibro, comunque l'ebook può essere un'alternativa al cartaceo solo per una generazione giovanile.
 
Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Credo avrà un ottimo futuro se letto bene. Si fa meno fatica ed è più comodo perché non impegna molto mentre ti occupi di altre cose specialmente se noiose.

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