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11 Nov
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Intervista all'autore - Elena Uras

 1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Scrivere è un'arte, una necessità primordiale che consente di esprimere illimitate emozioni e riflessioni in modo scevro dall'ansia generata spesso dal colloquiare con il prossimo. Scrivere è un momento di studio e riflessione, un modo per riprodurre la propria anima con parole che ne siano metafora.
Inoltre rappresenta un modo per osservare e cristallizzare ciò che la realtà è; altresì la possibilità di contribuire alla sensibilizzazione della coscienza collettiva, attraverso la messa a disposizione dei propri frammenti di conoscenza e umanità.
 
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Nulla di concreto ma tutto di astratto: sono emozioni emerse a galla che sorgono da riflessioni e profondi sentimenti inenarrabili se non per mezzo della scrittura.
 
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Una grande sfida: interfacciarsi a nuove tematiche, diverse topiche, riprendere in mano la più grande passione della sottoscritta, la Filologia, e scavare dietro il sipario di apparenti recensioni, in realtà trattasi di studi che vanno oltre l'impressione data dall'interpretazione.
 
 
 
4. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Probabilmente i "RVF" di Francesco Petrarca, non mi stancherei mai di scavare dietro il suo lessico, di trovare ispirazione e retaggi classici, di analizzarne ogni endecasillabo. Lavoro che la sottoscritta ha già posto in opera ma che nasce spontaneo per studiare e pensare a passato, presente e futuro nella poesia e nella prosa. sarebbe un'ancora per non abbandonare la tradizione filologico-letteraria e l'Umanesimo.
 
5. Ebook o cartaceo?
Cartaceo. Non penso siano necessarie spiegazioni: il testo va maneggiato, curato, comparato con altri...e poi è una necessità vivere circondata da libri.
 
6. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Io ho sempre scritto, per necessità, per piacere, per lavoro. Scrivere non può essere incasellato nel termine carriera, è una vocazione.
  
7. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Si spera di non scontentare il lettore e di realizzare qualcosa di originale, mai banale o che non sia in accordo con le idee di chi concepisce l'opera che si va ad analizzare.
  
8. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Non la ritengo una forma di par condicio, perché, in caso di una persona non udente o non vedente bisognerebbe predisporre ulteriori strategie d'azione. Comunque è un buon passo verso l'inclusione.

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Mercoledì, 11 Novembre 2020 | di @BookSprint Edizioni