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26 Ott
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Intervista all'autore - Giovanni Tacca

1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
Sposato con tre figli. Dopo la laurea in lettere classiche, il lavoro più semplice a disposizione era l'insegnamento. Non era il mio sogno; avrei preferito fare legge, mi sono anche iscritto a questa facoltà dopo la laurea per poi diventare un notaio. Le circostanze mi hanno portato a questa scelta. Nella scuola ho poi percorso tutte le tappe: dalla scuola media al liceo e poi alla presidenza. Ho sempre avuto facilità di scrittura, ma una certa pigrizia e gli impegni non mi hanno dato il tempo per scrivere seriamente. Sì, qualche racconto, ma non romanzi e opere del genere. Qualche anno fa invece, sollecitato da un amico, ho iniziato questo romanzo, che poi è finito nel cassetto e solo questa primavera l'ho ripreso e concluso, anche per l'insistenza di una figlia.
 
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
In genere la notte. Sono uno abituato a fare le ore tarde; a letto mai prima dell'una. A volte capita di riprendere a scrivere anche al mattino, ma è un evento raro. Poi sono abituato ad usare il pc e in genere scrivo di getto, tanto è poi facile fare modifiche o correzioni. Certo che prima di scrivere mi documento, studio, perché non vorrei dire fesserie.
 
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
A parte i classici (anche per lavoro) non ho un autore preferito. Leggo tutto ciò che mi capita. Tutti gli scrittori degli anni cinquanta del secolo scorso, Camilleri, Carofiglio, Coelo, De Carlo.
 
4. Perché è nata la sua opera?
Un mio amico, che non c'è già più, era uno storico appassionato e mi parlava di medio evo e di eretici. Anche per merito suo ho pensato a questa storia che è maturata nel tempo e che tra l'altro non ho voluto che si espandesse in un numero di pagine esagerato. Naturalmente la storia è romanzata, anche se ci sono tracce di avvenimenti reali.
 
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Credo parecchio. Ora faccio parte di un gruppo di "nostalgici" (così li chiamo io) coi quali condivido una chat. Ovviamente capita di parlare anche di religione, di chiesa, di streghe, ecc. Credo che il mio stile sia molto asciutto, la prosa non prolissa, ragionamenti sintetici. Punto all'essenziale.
 
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
È più la seconda ipotesi. Mi piace essere ancorato a qualcosa che esiste (esisteva) nella realtà.
 
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Sensazioni ed esperienze ormai di un passato che sento lontano.
 
8. C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Una figlia. Ha avuto la forza di insistere perché riprendessi a scrivere. Altri no, perché nessuno sapeva e l'amico storico se n'è andato troppo presto.
 
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Alla figlia, che puntualmente mi riportava le sue impressioni.
 
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
No, non lo penso. Il piacere della carta è troppo forte. Mi è capitato di leggere ebook, ma forse sono vecchio e preferisco ancora avere tra le mani un libro da sfogliare e leggere.
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Credo sia una bella novità. Sentire qualcuno che legge un libro al posto tuo e poter seguire e immaginare tutto e sognare è qualcosa di rilassante e piacevole. Vedremo se l'audiolibro avrà fortuna e successo.
 
 
 
 

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