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18 Lug
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Intervista all'autore - Silvio Pasquarelli

1. Parliamo un po’ di Lei, dove è nato e cresciuto?
Sono nato a Vasto, ma sono la vergogna dell'Abruzzo perché non mangio gli arrosticini, ecco perché sono cresciuto in Molise.
 
2. Che libro consiglierebbe di leggere ad un adolescente?
Lo so che magari sembrerò odioso, ma... il mio. Il mio libro è stato scritto durante gli ultimi 2 anni del liceo. Ho 18 anni e mi piace immaginare una persona della mia età che, leggendo quanto ho scritto, potrebbe pensare "ca**o anche io mi sono sentito così". Se poi, cresciuti, rileggendo anche solo per caso un paio di righe, ricordassero un momento particolare della loro adolescenza, sarebbe un traguardo per me.
 
3. Cosa pensa della progressiva perdita del libro cartaceo a favore dell’ eBook?
È semplicemente la più grande disgrazia dell'editoria. L'ebook mi ha sempre dato l'idea di un processo di lettura estremamente sterile. È come sentire la musica digitale, piuttosto che su un CD, un vinile o una cassetta. È un procedimento molto più "freddo". Con un libro cartaceo, così come, appunto, con un CD, un vinile o una cassetta, si crea un rapporto tutto diverso e decisamente più stretto.
 
4. La scrittura è un colpo di fulmine o un amore ponderato?
Nessuno dei due! È capitato per caso e ho scoperto che mi piace.
 
5. Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro?
Più che "cosa" mi ha spinto, la domanda giusta sarebbe "chi" mi ha incoraggiato. Credo sia inutile ripeterlo. È tutto nel titolo.
 
6. Quale messaggio vuole inviare al lettore?
Mi piacerebbe che, leggendo il mio libro, si sentisse capito e meno solo. Le parole aiutano. Quando non si riesce ad esprimerle, anche ripeterle nella mente attraverso la lettura aiuta molto. Soprattutto nel periodo in cui ho pubblicato la mia raccolta, ovvero quello della pandemia di COVID-19, è molto comune sentirsi soli. Un libro, un album, un'opera d'arte, è inutile negarlo, fanno compagnia. Sicuramente di più rispetto ai classici str***i del "lo sai che quando hai bisogno ci sono" e poi evaporano.
 
7. La scrittura era un sogno nel cassetto già da piccolo o ne ha preso coscienza pian piano nel corso della sua vita?
Probabilmente è stato un approdo "naturalmente inconsapevole". Anche a scuola, quando mi distraevo, era perché mi immergevo nei miei pensieri e scrivevo ciò che mi passava per la mente, invece che prendere appunti. Poi quelle frasi semplici si è passati a cose più lunghe e articolate e ho cominciato a scrivere tutto su degli sketch books che portavo sempre con me.
 
8. C’è un episodio legato alla nascita o alla scrittura del libro che ricorda con piacere?
Sicuramente quando ho scelto il titolo. Non l'ho più cambiato, non ho mai dubitato di lui. Ho detto alla mia compagna di banco "il libro si chiamerà così" e così è stato.
 
9. Ha mai pensato, durante la stesura del libro, di non portarlo a termine?
Assolutamente sì. Pensavo al come, ogni volta che avrei guardato la copertina del libro, ogni volta che avrei letto le pagine, in mente avrei pensato ad una persona specifica. All'inizio mi faceva pura tutto questo. Magari un giorno, potrei anche sorridere e pensare a quella persona dicendo "non puoi immaginare quanto mi hai incasinato la testa".
 
10. Il suo autore del passato preferito?
Virginia Woolf, Francis Scott Fitzgerald, Luigi Pirandello, James Joyce, Tennessee Williams e Lev Tolstoj. Sorry, ma uno solo non posso proprio sceglierlo.
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Un giorno mi piacerebbe molto trasformare il mio libro in uno "spoken word album", più che in un audiolibro. Tutto quello che scrivo è indissolubilmente legato alla musica che ascolto, quindi poter unire i due mondi ancora di più sarebbe il massimo.
 

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