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21 Mag
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Intervista all'autore - Giuseppe Ecca

1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?
L'antichissima terra di Sardegna, di cui ancora così poco si conosce... È lì che sono nato, lì ho pervicacemente voluto conservare la casa dei miei genitori: pastori-contadini, poverissimi e orfani, giganti morali ed umani nell'affrontare la vita. Impossibile non conservarla. Mi sono salvato per la loro grandezza e volontà di lotta, e per il provvidenziale incontro con i salesiani di don Bosco, da ragazzino. In queste due "case spirituali" si è fatta tutta la mia formazione. A scuola non mi attirava la matematica, ma mi attiravano moltissimo l'italiano, poi il latino, il greco, tutta la storia umana... Ho cominciato a "commerciare" facendo temi per i miei compagni in cambio di compiti di matematica!
 
2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?
La mattina è obbligatoria almeno mezz'ora di scrittura, da abbinare a mezz'ora di riflessione. È come la ginnastica fisica del mattino. Il resto... a spizzichi, qua e là, secondo ispirazione.
 
3. Il suo autore contemporaneo preferito?
Ah, diversi: impossibile porre gerarchie. Giuseppe Dessì e Sepulveda, Maria Valtorta e Gianni Rodari...
 
4. Perché è nata la sua opera?
Perché mi sono sempre occupato di formazione delle persone e... più me ne sono occupato e più mi ci sono appassionato, ma anche crescentemente indignato e preoccupato. E poiché "tutto ciò che è umano mi interessa", non ho potuto fare a meno di raccontare e ragionare sulla mia esperienza. Con passione, appunto.
 
5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?
Enormemente. Ho sempre vissuto in simbiosi strettissima e direi anche drammatica fra durissima e sofferta partecipazione al contesto sociale e bisogno di dire la mia, di raccontare e riflettere, scrivendo.
 
6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?
È assolutamente un modo per raccontare la realtà e anche cercare di dominarla. Mai un modo di evadere, anche se è un grande godimento oltre che un grande lavoro.
 
7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?
Tutto. Tutte le mie convinzioni, tutte le mie passioni, tutte le mie speranze.
 
8. C’è qualcuno che si è rivelato fondamentale per la stesura della sua opera?
Il vecchissimo e grandissimo Giambattista Liazza, ormai quasi novantenne ma con il quale ho condiviso per almeno trent'anni la sua sconfinata cultura e la passione morale e civile che gli deriva dall'essere stato uno dei ragazzi cresciuti alla scuola di Giuseppe Dossetti.
 
9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?
Nessuno ancora ha letto questo libro ma moltissimi lo hanno sentito urlare appassionatamente nelle mie lezioni, nei miei corsi formativi, nelle mie conferenze.
 
10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’ebook?
Provvidenziale ed ineliminabile via di sviluppo del libro e della lettura, l'ebook non deve però uccidere il libro cartaceo: almeno per i prossimi vent'anni. Poi ne riparleremo...
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Bella frontiera. Leggere per far ascoltare è un lavoro che mi piacerebbe. Ma è importantissimo formare in profondità questi professionisti della lettura, che devono avere grandissima sensibilità e profondità di anima.
 
 
 
 
 

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