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24 Mar
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Intervista all'autore - Amedeo Mazza

1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Scrivere per me è stata una sorpresa. Ho cominciato a scrivere nel 2017 un racconto breve che occorreva a mia figlia per motivi di studio. Come l'ho scritto? Di getto. Mi è venuta un'idea, ho costruito un canovaccio, l'ho sviluppato. L'aver realizzato quel racconto, dal titolo "Non temere", mi ha fatto sentire realizzato in quanto avevo fatto qualcosa che non avevo neanche mai pensato di fare prima. A fine 2018 ho scritto un secondo racconto breve, "Monica and I", ma senza avere ancora alcun intento di andare al di là della sfera privata.
Nel 2019, d'improvviso, mi sono ronzate in testa varie idee: da uno spettacolo di canzoni e poesie napoletane classiche da poter riproporre in serie; a poesie mie spontanee che raccontano sentimenti, paesaggi, attività, umori; a considerazioni senili sulla mia vita trascorsa, tra il serio ed il faceto, condite da riflessioni sui valori di cui non dovremmo privarci. In questo contesto ho avuto anche l'idea di scrivere un romanzo. Essendo questo lavoro più impegnativo, ho pensato di scrivere un poliziesco che, per l'attività che ho svolto, mi sembrava più alla mia portata. Ho avuto un'idea di partenza e poi, man mano, ho costruito il racconto finché ho conosciuto l'ispettore Ranieri. Prima ancora di terminare il lavoro avevo deciso che questi sarebbe diventato "il mio personaggio" e mi avrebbe accompagnato per gli anni a seguire.
E così ho deciso di rendere questo primo romanzo un lancio per il secondo, che è già in avanzata lavorazione e in cui mi soffermo prettamente su di lui, e sugli altri che seguiranno.
In ogni caso scrivere qualsiasi cosa per me è un'emozione che mi piace condividere con altri, sperando di trasmettere sempre qualcosa di positivo.
 
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
In questo libro c'è tanto della mia vita: i luoghi in cui sono nato e che amo profondamente, quelli in cui ho vissuto, il lavoro che ho svolto per una vita e i luoghi connessi ma, soprattutto, i sentimenti. Il titolo del romanzo è al centro della storia d'amore che viaggia parallela all'indagine di polizia e su questa frase la coppia di maturi innamorati svolge varie riflessioni che non sono certo secondarie rispetto alla trama principale.
 
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Scrivere questo romanzo ha significato cominciare un percorso che mai avrei immaginato di intraprendere e che, probabilmente, scandirà gli anni che mi restano da trascorrere con un amico di cui, nel prossimo romanzo "Fantasmi del passato", racconterò episodi fondamentali della sua esistenza che contribuiranno a capire il personaggio e ad affezionarsene.
 
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
Quando ho cominciato a scrivere il romanzo non avevo idea di come si sarebbe evoluto e quindi non avevo pensato al titolo. Man mano che scrivevo avevo pensato a "Col cuore in gola" a causa dei ritmi ossessivi che assumeva l'indagine.
Quando Mara Sommella pronuncia la frase "Finché morte non ci separi" non ho avuto alcun dubbio che questo dovesse essere il titolo.
 
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Amo tantissimo i romanzi d'epoca o di ambientazione esotica. Da ragazzo amavo Emilio Salgari e Alessandro Dumas. Attualmente Wilbur Smith, Stephen King, Matteo Strukul, Ken Follett e tanti altri. Probabilmente perché aiutano a sognare e ti proiettano in un mondo che non c'è più e puoi raggiungere solo con la fantasia. Ma quello che porterei con me è "L'azteco" di Gary Jennings. Una storia meravigliosa sulla civiltà di quel popolo.
 
6. Ebook o cartaceo?
Penso che il cartaceo sia oramai "passato di moda" anche se, essendo abbastanza tradizionalista, lo preferisco nettamente. Ma sono in minoranza.
 
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Non mi considero uno scrittore, a prescindere dal fatto che ho intrapreso la strada della prosa e della poesia a sessantotto anni. Figuriamoci se posso parlare di carriera. Per me scrivere è trasmettere un'emozione e, osservando intorno a me sempre più odio e cattiveria gratuiti, i miei messaggi sono sempre positivi anche se, spesso, molto difficili da accettare, specialmente quando individuo l'uomo come uccisore volontario del creato.
 
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Tutto è cominciato recentemente, nel 2017/2018, e si è consolidato nello scorso anno in cui ho scritto tante cose, tra cui "Finché morte non ci separi". Il romanzo è nato ad occhi chiusi, quando mi è venuta in mente la scena iniziale di Andrea (che per me è stato Amedeo fino alla stesura completa del testo) sulla spiaggia di Baia Domitia a contatto delle meraviglie del creato. La prima poesia, rimasta unica e sola fino al 2019, l'ho ricevuta in sogno nel 2003 e per me chiudere gli occhi e abbandonarmi all'ignoto è una forma di meditazione, a cominciare dalla preghiera, che consente un contatto spirituale, trascendente. Il mare, ad esempio, è meraviglioso se lo guardi, ma se chiudi gli occhi e lo ascolti, lo immagini, è qualcosa in più dell'elemento in sé.
 
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
L'esperienza del mio primo romanzo è unica e, oserei dire, particolare. Come ho detto nasce spontanea e, alo stesso modo, si materializza e giunge all'epilogo. Vede nascere un personaggio che voglio portare con me per conoscerlo e farlo conoscere e di cui comincio a recuperare brandelli di vita prima ancora di aver terminato il romanzo stesso che, mi rendo conto successivamente, finisce per diventare una prima presentazione dello stesso al lettore. Forse per questo lascio il romanzo in forma sintetica. Avrei potuto sviluppare la trama poliziesca o la storia d'amore ma ho preferito la brevità al rischio di appesantirlo. D'altronde nella mia immaginazione più andavo avanti e più lo vedevo sullo schermo, più che sulla carta, perché quelli sono i suoi ritmi.
 
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
La prima persona che ha letto il libro, nella sua prima stesura, è stata mia nuora Greta, la moglie del mio primo figlio Francesco, romana di Trastevere dove vive la coppia con il mio primo nipotino. Mi era arrivata da BookSprint la copia omaggio stampata "ante contractum". Mi ero lanciato nel mondo dell'editoria che non conoscevo ed ancor oggi non conosco che in minima parte. Io ero impegnato a scrivere poesie e non avevo ancora neanche riletto quello che avevo inviato. A Greta piacque la storia e mi fece presente alcuni grossolani errori tra cui quello di aver mantenuto in alcune parti del libro il nome di Amedeo al posto di Andrea e a cui ho posto riparo solo alcuni mesi dopo, quando si è realizzato l'accordo con BookSprint, e quando avevo già cominciato a scrivere la trama di "Fantasmi del passato".
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Il mondo corre talmente veloce che è impossibile stare appresso alla tecnologia, specialmente per le generazioni più vecchie. La tecnologia è il futuro ma Kronos divora tutto rapidamente e l'uomo corre il rischio di rimanerne fagocitato. Se non riesce più a dominare la natura e i suoi fenomeni con i quali convive da secoli come riuscirà a dominare le conseguenze prodotte da una tecnologia sempre più al di là dell'umano. D'altro canto oggi l'uomo è completamente succube della tecnologia e non vuole più leggere neanche per imparare. Mi auguro che, come in tutte le cose, l'umanità riesca a trovare un giusto equilibrio anche nella conoscenza, tra tradizione e sviluppo tecnologico, riservandosi anche il tempo per fermarsi un attimo a riflettere, cosa che attualmente sembra essere diventata antipatica ed obsoleta.
 
 
 
 

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Martedì, 24 Marzo 2020 | di @BookSprint Edizioni