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29 Gen
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Intervista all'autore - Mario Bellaviti

1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Vorrei risponderLe che scrivere è un'evasione, una via di fuga dalla realtà del quotidiano.
Ma una risposta così formale è tanto retorica quanto incompleta.
Ritengo che il mondo sia un luogo di scrittura: la poesia del quotidiano si presta ad essere raccontata su un foglio di carta anche lacero ogni volta che la vita si schiude al mistero.
Abbiamo il diritto di esprimere le nostre emozioni, e poiché "Scripta manent", dobbiamo avere anche lo scrupolo morale di condividerle, auspicabilmente con una prosa vibrante e passionale quanto intensa è l'emozione che raccontiamo.
Eternare le emozioni è qualcosa di più di un lascito testamentario: consente all'animo umano di varcare i confini anagrafici del corpo.
 
2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Nella vita esercito la professione di medico.
Il medico protagonista del libro esprime una grande longanimità d'animo, un altruismo sincero e uno zelo professionale che rimanda all'insegnamento Ippocratico (Ippocrate ingiunse ai suoi adepti di interpretare la medicina come una sorta di sacerdozio).
Ma il dr. Marsi (protagonista del romanzo) paga il tributo che grava come una spada di Damocle su chiunque si conceda al prossimo con una confidenzialità a 360 gradi.
Egli non raccoglie quanto ha seminato, anzi viene ricambiato con un cinismo svilente.
Se umanamente posso riconoscermi in lui (non senza immodestia, date le prerogative umanistiche del dr. Marsi) come voce narrante "super partes" accredito molto spazio agli speculatori, agli arrivisti, all'oltranzismo della scienza, ai doppiogiochisti...
Poi mi chiedo, attraverso le riflessioni del dr. Marsi, se il gioco valga la candela.
Nell'indole del protagonista è custodita "in nuce" la sensazione che una esistenza adombrata di santità non competa al genere umano, fisiologicamente incline a concedersi licenziosità talora anche prosaiche.
Penso davvero che un cammino di morigeratezza poco si addica all'uomo, che attraversa il vizio per acquisire nozione della virtù.
Sebbene il dr. Marsi sia un riferimento quotidiano nel sociale per il suo operoso contributo, verrà ripagato con una moneta falsa: la doppiezza e l'ambivalenza propria dei cinismo più inveterato.
Per rispondere alla Sua domanda, credo che nel romanzo ci sia uno spettro così variegato di umanità nella quale riconoscersi, ai cui poli opposti "il buono e il cattivo" sono solo gli stereotipi più estremi di uno spaccato di vita che, pur nella estremizzazione della storia, non è lontano dagli oltranzismi dei nostri tempi.
 
3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Poiché' credo che una prosa piana e compassata non si presti a raccontare le emozioni, in primis ho usato la sintassi "passionale" di chi vuol fare emergere il sentire.
Si evince poi la mia atavica passione per il mare, che è lo sfondo romantico di una vicenda scabrosa.
Il mare è coprotagonista: il dialogo con l'oceano è stato per lo scrivente sorta di cammino psicanalitico con un interlocutore che non indossa il camice bianco, che non pretende gli sia corrisposto altro che la trasparenza dell'essere.
Ho investito parte delle mie fatiche narrative sul tema del Rinascimento: ciò mi ha concesso di raccontare una storia moderna all'ombra della gloria dei geniali artisti italiani del ‘500.
Michelangelo, Raffaello, Botticelli ecc. sono i numi tutelari che hanno consentito al dilettante che è in me di osare apprezzamenti sulle loro opere immortali, in un clima ovattato e quasi "protetto" dalla "grande bellezza" che hanno effigiato sulle loro tele.
 
4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
Ho scelto come titolo :"L'isola dei passi perduti" perché' la vicenda si snoda su un'isola ellenica, "elitaria" come se fosse un giardino candidato ad ospitare l'opulenza, impreziosito ed insieme involgarito da una ricchezza traboccante e talora ostentata.
La modestia di chi esercita la professione di medico su un'isola così edonistica è celebrata dalla frugalità dei suoi passi sugli arenili.
 
5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Sceglierei Baricco o Ennio Flaiano, il primo per il genio che ne ispira le opere, il secondo per l'umorismo e la "vis polemica".
 
6. Ebook o cartaceo?
La pagina bianca aspetta che su di essa si scriva la storia.
La carta su cui si scrive non ha verso lo scrittore un atteggiamento meramente passivo e pedissequo. È come si compenetrasse della sua fatica.
Le pagine del libro sembrano partecipare alla genesi del romanzo, sembrano quasi faziosamente parteggiare per un lieto fine e per il compimento unitario dell'opera di cui sono parti cruciali.
Ogni pagina di un libro rappresenta il respiro di una narrazione che ti toglie il fiato.
Inoltre "Voltar pagina" è un'espressione cha va oltre la logica semantica: sottende nuovi inizi propositivi, nuove pagine da metabolizzare, altro inchiostro dentro cui tingere nuove emozioni.
Altra cosa è l'Ebook, il futuro di chi non avverte la malinconia del passato, perché non ha presenziato alla generazione dei libri rilegati e custoditi gelosamente, o salvaguardati dai falò dei deliranti "giustizialisti" della cultura.
Il "sottile piacere" che viene dal contatto con le pagine di un libro ha connotati vagamente possessivi: anche il lettore diviene firmatario dell'opera, senza supponenza, senza arbitrio.
Acquisisce questo diritto perché la pagina è materia dei suoi sogni .
 
7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
Non credo sia il successo a ratificare "una carriera", fermo restando che il numero di libri venduti da uno scrittore è sicuramente un criterio di valutazione probante.
Non voglio fare della retorica ma se un professionista è un po' eclettico, la sua professione ufficiale può arricchirsi di un'aneddotica che a sua volta può ispirare un romanzo.
Ed allora emerge lo scrittore che è nel medico, o il poeta, che in fondo è in ciascuno di noi, o l'artista che affiora quando la professione ufficiale concede una tregua.
Credo che molti esseri umani siano dotati di un talento "multidisciplinare": l'auspicio è che tutti abbiano l’opportunità di mostrarlo.
Allora preferisco pensare che "carrierista" sia colui che mette al servizio degli altri i doni che possiede.
 
8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Il libro nasce da una esitazione cruciale.
Abbiamo tutti uno spirito di autoconservazione, ma per esperienza professionale asserisco che chi ha fede autentica affronta tutto con disinvoltura, tutto, anche la morte.
Mentre io revoco in dubbio anche le mie certezze, qualche paziente mi ha dimostrato, nell'immanenza della morte, l'impatto che ha sulla psiche umana la serenità del vero credente.
Allora mi sono permesso di sondare il "dualismo fede-ragione" con una sorta di equanimità di giudizio (almeno credo), e questo "amletico dubbio" ha ispirato l'opera.
 
9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Orgoglio, se si è centrato l'obiettivo (che è quello di sensibilizzare il lettore su tematiche forse candidate a rimanere irrisolte, ma non per questo destinate solo ai sofismi dei retori o alle elucubrazioni, talora tediose, di chi si ritiene depositario del sapere).
Delusione, se l'appello non viene accolto.
 
10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
Un'amica, che proditoriamente ha scovato sul desktop del mio PC l'icona "Romanzo", ha chiesto lumi ed ha preteso leggere la prima metà dell'opera, iniziata nel 1995 e lasciata "decantare" per 25 anni.
L'amica mi ha poi convinto, col suo entusiasmo, a riprendere la stesura del libro, la cui seconda parte ho scritto in tre mesi prevalentemente nelle ore notturne, per far convergere tutti gli impegni.
 
11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
Non ne ho idea sinceramente.
Forse ci si sofferma meno sulla sintassi, sull'estetica del libro.
L'audiolibro potrebbe favorire di più la parte narrativa, ma rimane derubricata la suggestione di avere tra le mani un'opera oggettiva che rimanda alla soggettività dello scrittore ed evoca le induzioni del lettore soprattutto in virtù di una rilettura circostanziata di alcune proposizioni cruciali.
Forse l'audiolibro potrebbe ridestare la parte più immaginifica del nostro sentire....
 
 

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Martedì, 29 Gennaio 2019 | di @BookSprint Edizioni