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16 Apr
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Intervista all'autore - Angelo Antonio Angiulli

1. Che cos’è per Lei scrivere, quali emozioni prova?
Scrivere è dare visibilità tangibile alle emozioni della vita, belle o brutte che siano, è condividere esperienze e cultura. Sono abituato da tempo a scrivere e quindi non ho avuto particolari momenti emotivi. La vera emozione è stata nel vedere la copia stampata della mia fatica di scrivano. Essendo un lettore impaziente, io spero di non tediare e di non aver travalicato l'essenza della narrazione con inutili pleonasmi.


 

2. Quanto della sua vita reale è presente in questo libro?
Questo libro è in maggior parte basato sul mio vissuto, lo si desume dall'evoluzione della vicenda narrata. Alcuni passaggi sono "temperati" da un legittimo riserbo verso terze persone, per qualche passo più audace ho dovuto superare molti dubbi e la mia riluttanza/imbarazzo nel narrarlo.

Le citazioni di luoghi contestuali alle vicende sono in massima parte reali e riconoscibili. In poche parole nel libro c'è il mio divenire adulto con le varie esperienze di vita insieme alla costante volontà di affermazione personale e professionale.

 

3. Riassuma in poche parole cosa ha significato per Lei scrivere quest’opera.
Quando ho chiuso il ristorante stellato sono andato in crisi d'identità, poiché era venuta a mancare una motivazione basilare di vita. La cucina è tuttora una passione quotidiana, ma il contatto con le persone, ricevere complimenti e critiche, accettare o respingere suggerimenti, sono il sugo che arricchisce la vita di un cuoco. Ho pensato che scrivere le mie esperienze era come riviverle man mano che i ricordi si affacciavano alla mente. Quindi uno sguardo nostalgico al passato per ciò che è stato ed un omaggio alla vanità del presente di questa opera, ambedue testimoniati dal mio scritto.


 

4. La scelta del titolo è stata semplice o ha combattuto con se stesso per deciderlo tra varie alternative?
Il primo titolo a cui avevo pensato era "Il fico selvatico", albero che con un innesto dà frutti eduli. Avrebbe dovuto rappresentare l'allegoria della mia vita, nella quale inserire ogni giorno le varie esperienze, ergo evolvermi. Diedi la prima stesura in lettura ad un amico, che osservando la tripla A del mio nome e leggendo la vicenda suggerì Autodidatta (forse per fare poker di A?), io ho aggiunto la L davanti. Non c'è stata lotta, il titolo suggerito riassume in pieno l'orgoglio di riconoscere un poco a tanti, ma niente di essenzialmente importante a qualcuno in particolare. In sostanza sono autodidatta in toto, ma quando necessario ho dato atto a chi di dovere.


 

5. In un’ipotetica isola deserta, quale libro vorrebbe con sé? O quale scrittore? Perché?
Sono rimasto legato ai “Promessi Sposi” di A. Manzoni. In quel romanzo c'è tutto il bello ed il brutto che si riscontra tuttora nella vita odierna, e mi fa pensare ai molti "bravi" e ai Don Rodrigo politici della nostra epoca. Forse nell'ipotetica isola deserta porterei "La Divina Commedia" di Dante, reminiscenza del mio insuccesso studentesco. Mi piacciono anche autori moderni come Micheal Connelly, John Grisham, Wilbur Smith, Umberto Eco, per citarne alcuni.


 

6. Ebook o cartaceo?
Ambedue, in omaggio a progresso e tradizione.


 

7. Quando e perché ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore?
A dire il vero una ventina d'anni fa ho iniziato a scrivere per un bisettimanale locale, e sono tuttora impegnato con una rubrica di costume eno-gastronomico sull' "Eco di Biella". Alla carriera di ristoratore ho aggiunto quella di giornalista-pubblicista. Dopo il terzo articolo finito in prima pagina, pensare di scrivere qualcosa di più impegnativo è stato quasi automatico. Dal dicembre 2005 dopo la chiusura del ristorante ho avuto abbastanza serate da impegnare.


 

8. Come nasce l’idea di questo libro? Ci racconterebbe un aneddoto legato alla scrittura di questo romanzo?
Quando chiusi il ristorante molti clienti, amici ed estimatori mi chiesero se avessi trasmesso a qualcuno la mia esperienza professionale. Da questi input nacque l'idea di testimoniare almeno l'incipit della mia carriera nel settore ristorativo. Non c'è un aneddoto degno di nota da segnalare, ma forse ce ne saranno a posteriori.


 

9. Cosa si prova a vedere il proprio lavoro prendere corpo e diventare un libro?
Ansia nei preparativi preliminari mentre si insinua anche l'idea di un progetto troppo ambizioso da portare a termine, pensare a quando qualcuno ti ha dato del presuntuoso. Da cuoco a scrittore, ma va là....!!!! Immaginare le critiche di un lettore severo. Ammetto, sono i timori del neofita. Riscontrare il numero di pagine del libro è la cosa che mi ha sorpreso di più, dal file word alle carte stampate.


 

10. Chi è stata la prima persona che ha letto il suo libro?
L'amico, autore di due libri sui vini, che ha suggerito il titolo "Autodidatta".


 

11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?
É il progresso che avanza inesorabile, anche se pensando alla vecchia generazione della quale non tutti sono in grado di reggere il passo dei tempi, il fascino della lettura credo rimarrà intatto per lungo tempo. Qualche pagina a letto concilia meglio il sonno. Chiudere il libro, spegnere la luce, ripensare l'ultimo sviluppo della vicenda in attesa dell'assopimento, se non si ha di meglio su cui riflettere.

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Lunedì, 16 Aprile 2018 | di @BookSprint Edizioni