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11 Lug
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Intervista all'autore - Ubaldo Busolin

1. Ci parli un po' di Lei, della Sua vita. Da dove viene? Come e quando ha deciso di diventare scrittore?

Sono nato nel Veneto, ma risiedo a Milano da molto tempo. Qui mi sono laureato in Scienze Biologiche, sono stato docente di materie scientifiche prima alla scuola media, poi, per lungo tempo, al Liceo Scientifico. Di conseguenza, i miei interessi principali sono stati rivolti al mondo scientifico, ho partecipato o promosso io stesso numerosi progetti didattici soprattutto nell'ambito ecologico. Però, non ho trascurato la letteratura e la poesia, come lettore, ma anche partecipando, con gli anni, a diversi concorsi letterari. Mi sono cimentato anche in alcune pubblicazioni: un romanzo, narrativa e anche un libricino sugli Haiku, le miniliriche di ispirazione giapponese. Questa è la mia quinta pubblicazione.



2. Nell’arco della giornata qual è il momento che dedica alla scrittura?

Di solito, il pomeriggio o la sera. Il mattino preferisco impiegarlo per le "cose pratiche" della vita quotidiana.



3. Il suo autore contemporaneo preferito?

Parlando di narrativa, tra gli Italiani, Camilleri ed E. Ferrante, tra gli stranieri Alice Munro e Murakami. Tra quelli meno recenti, Calvino, P. Levi e Asimov, per citarne alcuni. Leggo, però, più frequentemente la saggistica, ad ampio raggio, dalla Scienza, alla Storia e alla Sociologia: qui l'elenco sarebbe piuttosto lungo e parcellizzato: tre nomi per tutti, Piero e Alberto Angela, Zigmunt Bauman.



4. Perché è nata la sua opera?

Per dare un tessuto a racconti scritti negli anni recenti che m'è parso potessero costituire, sotto diversi aspetti, una matrice unitaria nella decisa scommessa dei protagonisti di evolvere da situazioni penalizzanti (i pegni) verso una dimensione nuova e personale, anche sofferta (i riscatti). "Pegni e riscatti" è infatti il titolo che ho voluto dare al volume. Il pegno è ciò che dobbiamo lasciare alla vita per continuare, il riscatto sono la volontà e l'azione per proporci verso una soluzione che ci faccia emergere verso un nuovo itinerario.



5. Quanto ha influito nella sua formazione letteraria il contesto sociale nel quale vive o ha vissuto?

Molto. È l'esperienza quotidiana, vissuta spesso come testimone di fatti e personaggi reali, a smovere la scrittura. Il bisogno di raccontarli è decisamente prevalente su quel tanto di fiction che è necessaria alla cronaca per diventare narrativa.



6. Scrivere è una evasione dalla realtà o un modo per raccontare la realtà?

Decisamente "un modo per raccontare la realtà". Dove per realtà non si deve intendere la cronaca, ma la evocazione che fatti e personaggi suscitano in chi osserva e medita sul vissuto della gente oltre "l'attimo fuggente" della "vita liquida" che ci avvolge.



7. Quanto di lei c’è in ciò che ha scritto?

Più che descrivere fatti personali, mi sono posto come testimone di vicende altrui che ho ritenuto di riportare nei miei scritti. Di mio c'è sicuramente l'emozione di averli percepiti e un lungo lavoro per dare loro una forma che potesse interpretare, come meglio ho potuto, i contenuti che ho conosciuto, le evocazioni delle pulsioni interiori, i legami col vivere d'oggi.



8. C’è qualcuno che si è rilevato fondamentale per la stesura della sua opera?

Una persona in particolare, no. Piuttosto il "vibrato umano" che emerge da fatti e persone che mi "hanno cercato" o che io stesso ho voluto approfondire. Sempre affascinato dalla "vis vitalis" che emerge nella nostra specie anche nelle vicende, apparentemente, meno significative



9. A chi ha fatto leggere per primo il romanzo?

Non è un romanzo, ma un raccolta di racconti. Nella sua interezza, l'ho fatta leggere per prima alla casa editrice, la BookSprint: volevo un responso, per così dire, oggettivo e così è stato. Fra l'altro anche lusinghiero. I singoli racconti talvolta a mia moglie, altre volte ad amici o direttamente alle giurie dei premi letterari.



10. Secondo lei il futuro della scrittura è l’e-book?

Non ne sono del tutto convinto. Penso che il volume cartaceo abbia ancora le sue chances come s'è visto al Salone del libro in Torino e a Book City in Milano. Per parte mia non saprei farne a meno, ma appartengo a una generazione che per libro ha avuto tra le mani solamente un insieme ordinato di caratteri di stampa, impressi su un supporto di cellulosa, più o meno elegante e pregiato, e una copertina ammiccante. Eventualmente con illustrazioni. Da scegliere in libreria, tenere sul comodino o portare in viaggio, poi riporre in uno scaffale di casa propria tra i consimili.



11. Cosa ne pensa della nuova frontiera rappresentata dall’audiolibro?

È una novità interessante. Certamente una soluzione per chi si trova in difficoltà con la lettura. Anche una nuova strada professionale per lettrici e lettori. Probabilmente si diffonderà anche tra chi preferisce introdurre i contenuti attraverso l'udito piuttosto che con la vista. Direi che questo fenomeno è in aumento, però non mi spingo oltre. C'è comunque un limite per quanto riguarda le illustrazioni. Personalmente, in ogni caso, per ora preferisco la vista.

 


 

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Martedì, 11 Luglio 2017 | di @BookSprint Edizioni